Welfare

Bimbisenzasbarre, bene la proposta di Alfano

L'associazione commenta positivamente le dichiarazioni del Guardasigilli. Sono tra 50 e i 70 i bambini che vivono nelle strutture penitenziarie

di Redazione

“E’ quello che noi stiamo chiedendo da anni. Evidentemente le richieste avanzate nella recente audizione che abbiamo avuto alla Camera a luglio sono state recepite”. E’ il commento della responsabile dell’associazione ‘Bimbisenzasbarre’, Lia Sacerdote alle parole del ministro della Giustizia Angelino Alfano che al meeting di Rimini ha affermato “mai piu’ bimbi nelle carceri” avanzando la proposta di utilizzare i beni confiscati alla mafia per farne delle ‘case-famiglia protette’ senza sbarre e senza agenti in divisa. “Oscilla tra i 50 e i 70 – spiega Sacerdote – il numero di bambini che trascorrono insieme alle madri detenute i loro primi tre anni d’infanzia nelle aree nido delle strutture penitenziarie italiane. Per l’80% sono figli di rom. Se il ministro Alfano – continua la responsabile di ‘Bimbisenza sbarre’ – pensa ci siano le risorse necessarie la situazione cambia qualitativamente. Ma ci chiediamo se esse saranno gestite dal ministero della Giustizia o dagli enti locali. Se la legge Finocchiaro fosse modificata allora si potrebbe arrivare ai domicilari speciali ad oggi concessi solo alle donne con una pena definitiva e che ne abbiano scontato un terzo. Una legge comunque molto importante, unica in Europa – sottolinea Sacerdote – che testimonia una preoccupazione riguardo a questo problema”. “Sono in maggioranza figli di nomadi – spiega – i bambini nelle carceri italiane. Circa l’80% del totale”. Perche’ difficilmente le madri rom hanno un domicilio dove poter scontare la pena detentiva. “Ricordo solo due casi in dieci anni – continua – di concessione dei domiciliari presso un campo nomadi”. Insieme all’associazione ‘Aromainsieme’, da anni in prima linea per porre fine alla presenza dei bambini nelle carceri, ‘Bimbisenzasbarre’ si preoccupa di andare a prendere e portare in giroi piccoli inquilini dei penitenziari per far loro assaggiare, almeno una volta ogni tanto, la vita fuori dalla cella. 

 

“Era ora – dice la presidente di ‘Aromainsieme’ Leda Colombini – Finalmente dopo 15 anni che portiamo i bambini di Rebibbia fuori tutti i sabati e presentiamo proposte di legge al Parlamento in collaborazione con le altre associazioni che operano nello stesso campo, arriva una mossa dal Governo”. La vita dei ‘piccoli carcerati’ si svolge tutta all’interno delle aree nido di cui alcune strutture penitenziarie sono dotate. Luoghi il piu’ possibile lontani dalla realta’ delle carceri ma comunque interni ad essi, con le sbarre e gli uomini in divisa. L’unico modo, finora, per permettere ai figli delle detenute di vivere la prima infanzia insieme alle madri. Fa eccezione l’Icam di Milano (istituto carcerario a custodia attenuata per le mamme). “Un luogo bellissimo”, dice Sacerdote, gestito dal carcere di San Vittore ma separato da esso. “Possono starci 12 donne coi loro bambini. Ci sono agenti in divisa ma anche educatori degli enti locali coinvolti e l’apparenza e’ quella di una grande casa-famiglia. Non ha niente del carcere. Se la soluzione del ministro Alfano andasse in questa direzione saremmo davanti a un passo importante, anche se il problema dei bimbi in carcere e’ solo il piu’ appariscente – conclude Sacerdote – Non bisogna dimenticare i 700mila bambini con piu’ di tre anni che hanno genitori detenuti”. Anche loro chiedono aiuto.

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