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Bimbi rom, le parole e la vergogna

L'ora della solidarietà, ma nessuna soluzione concreta

di Franco Bomprezzi

E’ stata lenta la reazione dei media di fronte alla gravità del rogo di Roma, nel quale hanno perso la vita quattro bambini. Oggi però i giornali sembra quasi che abbiano raccolto il nostro appello e dedicano molti servizi all’argomento, anche in conseguenza del forte intervento del presidente Napolitano.

“La carezza di Napolitano per i rom” è il titolo della foto notizia a centro pagina del CORRIERE DELLA SERA. I servizi nelle pagine 18 e 19. Due i pezzi che partono dalla prima: “La vita senza giochi in quelle baracche” di Goffredo Buccini, e il commento di Mauro Magatti: “Questione di civiltà e di responsabilità” che prosegue nella pagina delle opinioni, la 42. Partiamo proprio da questa riflessione, a firma del preside della facoltà di sociologia della Cattolica: “Provare ad affrontare la questione dei campi rom nell’Italia contemporanea significa mettere al lavoro i soggetti che siano in grado di costruire una mediazione tra minoranze marginali, soggetti istituzionali e comunità locali. E’ curioso che in un Paese che dispone di una società civile intraprendente e qualificata non si riesca a comprendere che la relazione diretta tra le istituzioni e questo tipo di comunità è impraticabile per una serie di ragioni. Non ultima il fatto che le istituzioni si trovano a trattare una materia – quella della irregolarità – che è del tutto estranea alla loro cultura e quindi di principio rifiutata. Riconoscere e introdurre una terza parte mediatrice potrebbe rivelarsi un buon suggerimento e aiutarci nel giro di qualche anno a trovare soluzioni concrete a problemi concreti. Senza limitarci, di fronte alle prossime morti, all’urlo di indignazione, fugace e, come tale, sterile”. Rinaldo Frignani racconta la giornata di ieri a Roma, nel pezzo di apertura a pagina 18: “Rom, l’abbraccio di Napolitano «Alloggi dignitosi per i nomadi»”, i pm indagano per abbandono di minori, domani lutto cittadino. A piede di pagina un lungo dossier: “Censimenti e ricorsi: gli intoppi al piano sgomberi”. I nomadi ufficiali  a Roma sono 7200, scrive Ernesto Menicucci, oltre 5 mila dalla ex Jugoslavia, 2 mila circa dalla Romania. Gli insediamenti abusivi sono 80, quelli autorizzati o tollerati 21. Goffredo Buccini torna sul luogo del rogo, e racconta ciò che vede: “Le vite dietro un cellophane dei quattro piccoli fantasmi”. Eccone un passo: “Qui le baracche ci sono sempre state da quarant’anni, sono cambiati gli occupanti e tutti se ne sono infischiati – scrive Buccini – Vecchi capannoni sono stati abbattuti come per esorcismo, dopo una storiaccia di pedofilia. Tanti disperati di un tempo hanno adesso la casetta abusiva in zona, si intuisce una specie di assurdo ascensore sociale in questi viottoli dove officine, casupole e vestigia della Roma antica si mescolano ciabattando sciatte come solo nella Roma postmoderna è possibile. I tuguri anche adesso s’assomigliano tutti – quattro travi, due tende da campeggio comunicanti, un po’ di eternit per tettoia, sacchi a pelo e materassi, bagni alla turca immersi dai rifiuti”.

“Bimbi rom, il dolore di Napolitano «Diamo case dignitose ai nomadi»”: LA REPUBBLICA apre con la visita del capo dello Stato alla camera ardente e con la bufera su Alemanno, accusato di essere intervenuto tardivamente. I servizi all’interno. «Una tragedia che pesa dolorosamente su ciascuno di noi e che ci rende ancor più convinti della necessità di non lasciare esposte a ogni rischio comunità che da accampamenti di fortuna, degradati e insicuri, debbono essere tempestivamente ricollocate in alloggi stabili e dignitosi»: così il presidente Napolitano che ieri ha incontrato la famiglia colpita dal dramma «per esprimere il sentimento di umana solidarietà che con me provano oggi tutti i romani e gli italiani». Eguale turbamento quello espresso dal cardinale Vallini, vicario di Roma, mentre Viviane Reding, vicepresidente e responsabile giustizia Ue avvisa che «entro aprile ciascuno degli stati membri dovrà presentare la sua strategia per migliorare la vita della più grande minoranza etnica del continente». Intanto montano le polemiche contro il sindaco capitolino: durissima la presa di posizione di Famiglia Cristiana e da alcune associazioni, Unicef Italia, Amnesty ad esempio. Impressionante il racconto di Francesco Merlo: “Zneja la zingara e le baracche della morte: «ecco come vivono gli invisibili di Roma»”. Riferisce Merlo le spiegazioni di Sneja: «anche noi zingari abbiamo i nostri zingari… quei bimbi sono morti perché non avevano soldi sotterrati nelle pentole… non ci sono tra di voi famiglie povere?». Durante la visita al campo, Sneja mostra un’ulteriore baraccopoli: «eccoli i nostri barboni… Ma non pensare che siano più buoni, la povertà rende feroci». Sul fronte istituzionale, Alemanno ha intenzione di proseguire con gli sgomberi e chiedere le tendopoli all’esercito: «chiederemo al governo complessivamente 30 milioni per fronteggiare questa emergenza»; quanto ai rom, «chi vive a Roma dovrà accettare le nuove condizioni di sicurezza che l’amministrazione intende perseguire con i campi regolari: diversamente si potrà anche procedere all’affidamento dei minori». Diversa l’opinione della Comunità di sant’Egidio: «non può mancare l’autocritica, senza il mea culpa queste tragedie si ripeteranno». La tolleranza zero non paga ed anzi alimenta «l’emarginazione che causa la morte di queste morti innocenti» spiega Marco Impagliazzo, presidente della Comunità. Il dossier curato da Mauro Favale gli darebbe favore: rispetto alla campagna elettorale, le promesse del sindaco sono state mantenute solo in parte. Molti gli sgomberi, ma in diecimila vivono nei campi abusivi (e circa 1500 sarebbero under 14).

IL GIORNALE apre sulle vicende di Arcore con il titolo “Liberi di aggredire il premier” e la foto dei giovani arrestati che festeggiano dopo la liberazione con una bottiglia di spumante. Alla strage dei bambini a Roma è dedicato un richiamo in prima “Non tutti possono piangere i bimbi rom”. L’articolo, a pagina 13, è di Paolo Granzotto che scrive: «La morte dei bambini nel campo nomadi alle porte di Roma è davvero “una tragedia veramente orribile”, come ha detto il sindaco Gianni Alemanno. Ma non più orribile di altre  di identica, drammatica portata solo perché le vittime sono quattro piccoli rom. Però è questo, il voler dare alla tragedia una portata esorbitante addossandone poi la responsabilità a una parte politica e alla società “razzista” in generale, ciò che si propongono le prefiche della sinistra con il loro, vile, ipocrita piagnisteo… Questa emergenza non si risolve con la solidarietà da salotto ma con ruspe e rimpatri…. Non ci sono santi: non abbiamo – e non avevano i governi Prodi o D’Alema o Amato o Ciampi – risorse e strutture per dare accoglienza alle decine di migliaia di zingari che sciamano in una Italia che grazie alle sue pulsioni e isterie multiculturaliste è evidentemente ritenuta – sennò starebbero a casa loro – Paese della cuccagna».

«Mamma rom» è questo il titolo scelto da IL MANIFESTO  per raccontare la tragedia dei quattro bambini rom. «Dopo il rogo di Roma in cui hanno perso la vita quattro bambini rom, riparte il solito festival delle ipocrisie politiche. Il sindaco Alemanno accusa la burocrazia, poi chiede altri 30 milioni di euro e invoca “poteri speciali” per risolvere il problema dei “nomadi”. Napolitano: “Basta campi degradanti e inumani”. Il padre delle vittime: “Dalle istituzioni nessun aiuto, solo sgomberi”. Giovedì un presidio in Campidoglio» riassume il sommario che rinvia alle due pagine interne dedicate al fatto (la 2 e la 3) che si aprono con il titolo «Scaricabarile, ricetta Alemanno». Sempre in prima pagina il commento dall’eloquente titolo «Alemanno vattene» a firma di Sandro Medici. «Uno sguardo disperato che ci guarda dalle prime pagine dei quotidiani: una donna rom che urla invano, racchiusa nel suo fotogramma. Ha appena perso i suoi quattro figli. Sono morti bruciati in una baracca. Di domenica sera in una Roma invernale. Li ha uccisi certo la miseria, ma ancor più un’indifferenza a volte anche pietosa ma più spesso crudele, anzi feroce. Ci conviviamo, con queste tragedie. (…) Il sindaco Alemanno ha vinto le elezioni anche perché ha promesso che ci penserà lui a risolvere il problema degli zingari: basta con questa molesta popolazione che minaccia e infastidisce, andava dicendo nelle piazze. Ebbene, passano tre anni e lo ritroviamo oggi che maledice una non meglio precisata burocrazia che gli impedirebbe di realizzare un ancor meno precisato piano nomadi. Con chi ce l’ha? Con se stesso, c’è da immaginare, visto il suo sguaiato ma inefficace protagonismo (…)»  e conclude: « (…) Invece di scaricare penosamente le responsabilità, Alemanno dovrebbe con onestà ammettere la sua inconcludenza e riconoscere limiti ed errori delle sue anguste politiche. E andarsene. Se Roma avesse un sindaco migliore, la città sarebbe migliore anche per i rom».

Niente su ITALIA OGGI  e solo un richiamo nel “Panorama” nella prima del SOLE 24 ORE alla vicenda dei piccoli Rom e il servizio a pagina 18 nella pagina di politica centrato sul cordoglio di Napolitano “Il cordoglio per i bimbi Rom: «Ora alloggi sicuri e dignitosi». Segnalo la vignetta di Domenico Rosa, dal titolo “In memoriam”, con la parola Roma con la A che crolla a terra orizzontale, lasciando in piedi la parola Rom.

Apertura dura di AVVENIRE sulla tragedia dei 4 fratellini rom: “Morti che gridano”, il titolo, e due pagine si approfondimento che alzano il velo sui silenzi che questo grido ha squarciato. Oltre alle prese di posizione istituzionali (a partire dall’intervento del Presidente Napolitano, che ieri ha incontrato i genitori dei bimbi uccisi dal rogo: “Una tragedia che pesa su ciascuno di noi, servono soluzioni tempestive”, fino al sindaco Alemanno, deciso a chiedere un’accelerata al suo piano-rom: “Chiederemo al governo 30 milioni per completare il piano nomadi. Al prefetto servono poteri speciali. Via i piccoli campi, servono tendopoli più sicure”). Al di là della cronaca della giornata di ieri, però, Avvenire accende i riflettori su un altro insediamento in condizioni critiche della capitale, il campo rom di Tor di Quinto, dove vivono tra le baracche 150 nomadi, gran parte dei quali ormai nati in Italia. Uno scandalo che dura da vent’anni, come denuncia Massimo Converso, presidente dell’Opera Nomadi, che denuncia : «Con i soldi spesi per i campi si sarebbero potute fare delle case vere e proprie». Il quotidiano propone poi una fotografia della situazione italiana sul tema rom, mettendo a confronto buone pratiche e situazioni ancora irrisolte.  Tra i percorsi di integrazione avviati, a partire proprio dal diritto alla casa, vengono raccontati il caso del campo rom regolare di Foggia, autogestito dai 25 nuclei familiari che vi risiedono, dotato di un allacciamento regolare alla rete elettrica, con un servizio di raccolta spazzatura e una fermata dello scuolabus comunale. E il caso di Lamezia Terme, dove è cominciata l’assegnazione di alloggi popolari alle famiglie rom e il conseguente abbattimento delle baracche nell’ambito del progetto Pon Sicurezza. Situazione invece ancora in bilico sul dramma a Milano (dove i numeri delle presenze rom sono in calo, ma ci sono ancora 2300 rom, la metà dei quali irregolari, che vivono in baracche abusive), mentre in Toscana, dopo il rogo che uccise quattro bimbi rom nel 2007 a Livorno, e l’incendio scoppiato a San Silvestro nel campo abusivo di Sesto Fiorentino, i comuni della Piana Fiorentina in accordo con la Regione hanno avviato un piano per dare un alloggio fisso ai 1200 rom presenti nei campi della Toscana.

 Nella prima pagina de LA STAMPA c’è spazio per un richiamo sulla «strage di Roma»: «Bimbi rom, il dolore di Napolitano» è il titolo. La notizia viene approfondita alle pagine 8 e 9 con un reportage di Maria Corbi, intitolato «Siamo nomadi, nessuno ci vuole». Racconta la Corbi: «Raul, Fernando, Patrizia, Sebastian, una manciata di anni in quattro, le speranze avvolte dalle fiamme. La loro mamma, Liliana, è piegata dal dolore, sembra voler scomparire in quella stanza fredda di obitorio. Guarda il sindaco Gianni Alemanno e il presidente Napolitano con occhi fissi, non le interessa di questa sfilata di autorità, ringrazia educatamente, ma è lontana». Mentre Raffaello Masci riferisce della «rivolta dei “burocrati”», accusati dal sindaco Alemanno. «Mai ostacolato il Comune», dicono.  «Sotto gli strali del primo cittadino erano caduti due soggetti: la soprintendenza ai beni archeologici, rea di aver cercato il pelo nell’uovo e aver così ritardato l’avvio del piano rom nell’area, e il comune di Ciampino che, essendosi appellato al Tar ha messo pastoie ad un progetto che altrimenti sarebbe andato avanti a vele spiegate».  Dal canto suo, Gianni Alemanno, non si fa mettere in un angolo: «Chiede poteri e altre risorse al governo: 30 milioni. Aspetta una risposta domani. Chiede tendopoli alla Protezione civile e caserme dismesse alla Difesa. Annuncia sgomberi immediati, e “obbligatori”, dei siti abusivi. Addirittura immagina di imbrigliare i nomadi nelle regole: perchè il “pietismo”, spiega, la pseudo-comprensione dello spirito di libertà, si è visto, purtroppo, “dove porta…”. Alla fine della giornata, però, lo slancio della reazione si arresta per qualche istante. Quando, intervenendo a “Porta Porta”, il sindaco di Roma, viso pallidissimo e sguardo amaro, dice quello che ha dentro: “Ieri io ho visto… E quello che ho visto non lo scorderò mai più. Sarà per me un tormento quotidiano”».

E inoltre sui giornali di oggi:

FIAT
IL MANIFESTO – Piccolo richiamo in prima per dire che «Il governo convoca Marchionne» e due pagine interne (la 6 e la 7) su quanto sta succedendo alla Fiat in vista dell’incontro di sabato prossimo tra Berlusconi e Marchionne. Le due pagine si aprono con «Straordinario sabato Fiat», l’articolo di Francesco Paternò spiega perché sarà inevitabile il trasloco fuori Italia «la road map è già tracciata» annuncia il sommario. Nell’articolo si legge « (…)Il trasloco ad Auburn Hills del centro decisionale del futuro e unico gruppo Fiat-Chrysler è scritto nel piano quinquennale del 21 aprile scorso. In Italia resteranno soltanto le produzioni di auto piccole e medio-piccole, si legge, e nemmeno in esclusiva dato che in Polonia si continuerà a fabbricare Fiat 500 e nuova Lancia Y, mentre in Serbia verranno spostate le piccole monovolume. (…) Alcuni segnali di questo progressivo disimpegno dall’Italia si possono vedere al Balocco. Qui, tra il Piemonte e la Lombardia, la Fiat ha una pista e un centro tecnico dove ha sempre sviluppato i modelli del gruppo, direttamente collegato a Mirafiori. Al Balocco, ci risulta che i tecnici siano stati messi quasi tutti in cassa integrazione». In un box un corsivo è dedicato a Bonanni: «Marchionne vuole portare la testa della Fiat negli Usa? Macché, è solo “un pallone mediatico gonfiato”. È triste ascoltare le parole impacciate di Raffaele Bonanni al Tg3. Il segretario della Cisl si è arrampicato sugli specchi per giustificare la sua crociata contro la Fiom e la Cgil a sostegno dell’uomo dei miracoli della Fiat, anzi della Chrysler, e non ha trovato di meglio che prendersela con i giornalisti, pratica consolidata nei palazzi del governo e del sottogoverno. Bonanni, l’uomo che firma tutto quel che scrivono padroni e ministri, ha aggiunto: “Se continuerà così ci creeranno problemi”. Ha ragione, raccontare la verità sui potenti mette in imbarazzo, più che i potenti, i cavalier serventi. I media devono smetterla di gonfiare i palloni. I media».

LA REPUBBLICA – “Marchionne sabato da Berlusconi e Sacconi taglia fuori la Cgil” un incontro nel quale, spiega il ministro del Welfare, «il governo chiederà all’ad della Fiat un percorso condiviso con le istituzioni e le parti sociali, quantomeno quelle che a loro volta vogliono condividere». E dunque non la Cgil che avrebbe secondo Sacconi «una logica luddista» (quindi anti-storica).

ECONOMIA
IL SOLE 24 ORE – “Gli economisti? Vivono fuori dal mondo reale”. L’analisi di Raghuram Rajan, economista di origini indiane dell’università di Chicago: «una domanda semplice, che non ha però una facile risposta: perché gli economisti accademici non sono riusciti a prevedere la crisi? (…) A mio avviso, sono tre i fattori che spiegano fondamentalmente il nostro fallimento collettivo: specializzazione, difficoltà nel fare previsioni e allontanamento di numerosi economisti dal mondo reale. (…) Le magre gratifiche professionali, unite all’imprecisione e al rischio reputazionale associati alle previsioni, spingono la maggior parte degli economisti a scostarsi dal mondo reale. (…) l pericolo è che scostarsi dagli eventi a breve termine induca gli economisti accademici a ignorare le tendenze a medio termine di cui potrebbero occuparsi. Se così fosse, la vera ragione per cui gli accademici non hanno previsto la crisi potrebbe non risiedere nei modelli inadeguati, nell’accecamento ideologico o nella corruzione, ma in qualcosa di decisamente banale e preoccupante: molti non ci hanno semplicemente fatto caso!».

CINA
LA STAMPA – «Lezione di cinese ai bimbi italiani: paga tutto Pechino» è il titolo a pagina 13. «In Veneto scuola gratuita per 64 bambini delle elementari. Il progetto finanziato dall’Istituto Confucio: “E’ solo l”inizio”», scrive Fabio Poletti. La storia viene da Lendinara, provincia di Rovigo: «ci sono 12 mila abitanti tra italiani e stranieri, duecento sono immigrati dalla Cina».  E la Cina adesso «gli è arrivata in casa grazie all’Istituto Confucio di Padova, una specie di Istituto Dante Alighieri per promuovere nel mondo la lingua e la cultura cinese. E siccome sono cinesi, fanno le cose velocemente e assai in grande».

RIFIUTI
IL MANIFESTO – L’ultima pagina è dedicata a “Le storie” questa volta si parla di «Nucleare connection». Andrea Palladino scrive de «Il mistero dell’uomo condannato e mai cercato». «Dal traffico illecito di rifiuti alla morte di Ilaria Alpi. Le carte della Procura di Bolzano riaprono le piste investigative che conducono a Giorgio Comerio. L’uomo, già attenzionato dalla Procura di Reggio Calabria, è stato condannato a 4 anni per tentata estorsione. Ma nessuno lo ha mai cercato» riassume il sommario. L’articolo che ripercorre la vicenda di Comerio si apre così: «C’è una domanda che dovrà porsi la commissione bicamerale d’inchiesta sui rifiuti. Una domanda chiave, che servirà a iniziare a fare luce sui rapporti tra la rete internazionale del traffico di armi e rifiuti – anche radioattivi – con pezzi dello stato: come è stato possibile che un personaggio del calibro di Giorgio Comerio sia uscito indenne da una condanna a quattro anni di reclusione? E come è possibile che, nonostante un ordine di arresto emesso dalla Procura della Repubblica di Bolzano, nell’ottobre del 2002, l’imprenditore che stringeva accordi con Ali Mahdi, il signore della guerra somalo, per smaltire rifiuti nucleari davanti alle coste somale possa essere entrato in Italia indenne? Tre anni, undici mesi e diciotto giorni. Questa è la pena residua che Giorgio Comerio, originario di Busto Arsizio, dovrebbe scontare, dopo una condanna definitiva per tentata estorsione (…)»

ESERCITO
ITALIA OGGI – “La Difesa fa cassa con i marine” è il titolo a pagina 10 dell’articolo di Emilio Gioventù. Il succo è che gli armatori italiani, stanchi di pirati e attacchi alle proprie navi mercantili hanno presentato un piano al Ministero della Difesa con cui chiedono l’intervento pianificato dell’esercito. Novità? A pagare l’operazione gli stessi armatori che verserebbero così soldi nella neonata società Difesa SpA.

UOMINI DI DIO
LA STAMPA – A pagina 16 un articolo dedicato al film di Xavier Beauvois, Des hommes et des dieux (Uomini di Dio). «Il monaco sopravvissuto: “Che emozione quel film”» è il titolo. Racconta padre Jean Pierre, scampato al massacro di Tibhirine: «Pensando a quella vicenda, è curioso, ma non sento né odio né amarezza. Mi ha emozionato rivedere cosa abbiamo vissuto insieme. Ma, soprattutto, ho sentito una specie di pienezza, nessun dolore».

RINNOVABILI
ITALIA OGGI –  Detrazione del 55% estesa alle spese sostenute per l’installazione di un sistema termodinamico a concentrazione solare. E’ questa la novità di cui parla Fabrizio Poggiani nel su “Il solare è più light” a pagina 25.

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