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Bilancio per le non profit: sociale o di missione? Ragionamoci.

Quale bilancio è più adatto per un ente senza fini di lucro? Un’analisi approfondita permette di ribaltare tante certezze. In nome di tutti gli stakeholder.

di Redazione

La pratica di effettuare una rendicontazione che, oltre alla dimensione economica, prenda in considerazione gli aspetti sociali e ambientali della gestione sta diffondendosi gradualmente, oltre che presso le imprese e gli enti pubblici, anche presso le organizzazioni non profit. Si tratta di un fenomeno per molti versi ancora pionieristico, che vede la presenza di esperienze tanto diverse da creare, in certi casi, un certo disorientamento. La stessa denominazione che viene utilizzata per indicare il rendiconto non è univoca, con l?utilizzo prevalente di due termini: ?bilancio sociale? e ?bilancio di missione?.
Al riguardo le opinioni sono disparate; mentre per alcuni la scelta è del tutto indifferente, per altri ?bilancio di missione? sarebbe da preferire, onde evidenziare la differente caratterizzazione che in una organizzazione non profit, in ragione della sua specifica missione sociale, tale rendiconto assume rispetto al caso di una impresa for profit (per cui si parla invece di ?bilancio sociale?).
Personalmente ritengo che la questione della denominazione sia ben più profonda di quella che potrebbe apparire a prima vista e che tocchi aspetti essenziali della nozione di rendicontazione per una organizzazione non profit. Cerco di spiegarmi. Il termine ?bilancio di missione? suggerisce che oggetto centrale ed esclusivo della rendicontazione sia la missione dell?organizzazione: in che cosa consista, in quali strategie e politiche si declini, quali attività siano state realizzate per il suo perseguimento, quali risultati siano stati conseguentemente prodotti. Si tratta di dare conto del perseguimento delle finalità istituzionali dell?organizzazione, a fronte di una palese insufficienza in questo senso del bilancio relativo alla sola dimensione economica.
Tutto ciò è sufficiente? Ovvero: in tal modo sono soddisfatte le legittime esigenze informative dei cosiddetti ?stakeholder?? La risposta è negativa. In molte organizzazioni non profit, infatti, la missione si riferisce esclusivamente ai soggetti destinatari dei servizi, senza fare alcun cenno al proprio personale, che costituisce uno stakeholder di assoluto rilievo e con interessi significativi in gioco, peraltro sono spesso sacrificati a favore della ?causa?. Rispetto a tali interessi una rendicontazione completa dovrebbe fornire adeguate informazioni, per esempio in ordine alla remunerazione, alle forme contrattuali adottate, alle pari opportunità, alla sicurezza, ecc.
Analogamente, sarebbe legittimo aspettarsi che il rendiconto di quelle organizzazioni che, nello svolgere la loro attività a favore degli ?stakeholder di missione?, determinano un effetto negativo sull?ambiente naturale, contengano adeguate informazioni su questo aspetto del loro operare. Risulta quindi chiaramente che la rendicontazione relativa al perseguimento della missione dell?organizzazione (oggetto di un ?bilancio di missione?), seppure essenziale, non è in grado però di soddisfare con completezza i bisogni informativi dei vari stakeholder. Queste riflessioni suggeriscono l?opportunità di utilizzare una diversa denominazione – ?bilancio sociale?- per un rendiconto che si preoccupi di considerare i molteplici interessi di tutti gli stakeholder dell?organizzazione. In tal modo, il bilancio sociale per una organizzazione non profit è una sorta di ampliamento di un bilancio di missione, che garantisce una maggiore trasparenza e descrive la realtà con una prospettiva più estesa di quella data dalla missione. Ciò, del resto, in modo analogo con quanto avviene per un?impresa for profit, che con il bilancio sociale amplia la visuale oltre l?ambito della creazione di ricchezza economica, sua caratteristica missione.

di Giovanni Stiz
presidente Seneca srl

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