Politica
Bilanci sociali, spiegateci dove sta il profitto
Il numero di Communitas sulla social (ir)responsability continua a far discutere. I diretti interessati hanno voluto incontrare lautore. Ecco cosa ne è uscito...
Social (ir)responsability atto secondo. Era affollata oltre ogni previsione la sala messa a disposizione da Telethon, nella sede romana, per l?incontro tra il ?provocatore? Paolo D?Anselmi e i manager della csr di numerose aziende invitate. Un momento di confronto, che ha seguito quello milanese, scatenato dall?uscita del numero di Communitas in cui con la sua caustica penna (arbasiniana, qualcuno l?ha definita) D?Anselmi ha gettato uno sguardo senza manierismi sui bilanci sociali.
Prima provocazione
Il fatto di affrontare con franchezza la questione della responsabilità scociale, la accende di un interesse che oggettivamente non si riscontra in analoghi consessi. Tant?è vero che la prima miccia viene accesa subito, al primo intervento del primo giro di tavolo, da Mario Primo Salani, responsabile Progetti settoriali di Legacoop nazionale. Punto primo, spiega, «la responsabilità sociale non esiste, perché è un oggetto non definibile. Come ci insegnavano a scuola, un oggetto che non può essere definito è un oggetto che non c?è». E allora? «Allora mettiamoci il cuore in pace, accettiamo il fatto che il sociale è multidimensionale e quindi ogni situazione non è mai comprensiva delle altre».
Ma attorno al tavolo, invece, in tanti sono pronti a dare i contorni precisi all?oggetto misterioso. Come Ruggiero Borgia, responsabile Direzione sviluppo di Autostrade. «Per me è un?operazione di cultura aziendale. La platea degli stakeholder di una società come la nostra ha spesso interessi contrastanti. Quindi è più concreto vedere in azienda cosa c?è, ad esempio in team di politiche del personale. Cercare confronti, rendicontare la situazione lavorando sui numeri». Arriva anche una freccatina polemica a D?Anselmi: «Noi mettiamo tanti ?più?. Ma sappiamo che saremo messi in croce per delle mancanze. Come ha fatto Communitas, che ha evidenziato la mancanza di dati sugli incidenti nel bilancio sociale di Autostrade». D?Anselmi, autore della birichinata, incassa e sorride.
Per cautelarsi Claudio Puliti, responsabile Rapporti istituzionali di Acea, squaderna subito un numero: «Noi ogni anno trattiamo 400 milioni di metri cubi di acqua potabile. Una quantità che fa riflettere, perché con pochi milioni si disseta una città come Tel Aviv». Rendicontare è un modo di guardarsi dentro, spiega Puliti. «L?importante è garantire una non ingerenza sui dati: l?uso di indicatori rende più difficili dei mascheramenti». «Le linee guida servono», conferma Gianluca Principato, responsabile Bilancio sociale di un?altra municipalizzata, Hera. «Possono sembrare noiose e poco efficaci. In realtà ti permettono di parametrarti con altre aziende, con la certezza che la lettura è stata fatta con gli stessi indicatori».
Il black box
Ad accendere una nuova miccia ci pensa Sebastiano Renna, responsabile delle Politiche di sostenibilità di Granarolo. «Come ha scritto Aldo Bonomi, l?importante è che le aziende accettino di aprire il loro black box. Altrimenti il lavoro sulla responsabilità sociale resta solo tattica». Condivide la provocazione Caterina Torcia, Head of csr di Vodafone. «Bisogna creare elementi di discontinuità», spiega. E fa l?esempio choc di Total che ha messo il numero dei decessi nel suo Bilancio sociale. Razionalizza Renna: «Il Bilancio sociale deve essere un processo, non uno strumento. Spesso la volontarietà viene percepita come se lo strumento non avesse una funzione decisiva dal punto di vista economico. Invece è una modalità di creare valore in una prospettiva più lunga». Se viene usato per rafforzare il brand è un grave errore di prospettiva.
I comunicatori che ne dicono
La questione sollevata da Renna tocca il nervo scoperto dei comunicatori, o di chi prende le loro parti. Come Irene Mercadante, responsabile Rapporti istituzionali sempre di Acea. «Perché non dovrebbero essere uno strumento di comunicazione? Io penso che anche il modo con cui vengono confezionati debba agevolarne la fruibilità». E intanto mostra il Bilancio di Acea, tanti volumetti in cofanetto, ciascuno dedicato ad un?area, dall?ambiente alle risorse umane. Condivide Valerio Vago, responsabile Comunicazione di Ras. «Mi chiedo chi sia il target giusto per un Bilancio sociale. Dobbiamo chiarircelo per aver possibilità di colpire nel segno. Per esempio, noi ne facciamo uno di 100 pagine. Allianz, il gruppo tedesco che controlla Ras, ne ha uno di 20». Un problema che si sono posti in casa Coop, arrivando alla scelta innovativa di pubblicare un cd (tra l?altro allegato a Vita lo scorso anno).
Un tavolo multistakeholder?
Ma la questione che detta banco è la gerarchia degli stakeholder. Cioè, i bilanci sociali sono soprattutto uno strumento interno o invece devono proiettare l?azienda a misurare le sue responsabilità sul territorio e al comunità? Ovviamente dipende anche dal tipo di business che un?azienda sviluppa. Per Vodafone, spiega Caterina Torcia, la vera sfida è quella di trovare un interlocutore che aiuti a percepire le emergenze del contesto. «Ci vorrebbe un tavolo multi stakeholder per evidenziare le urgenze su cui puntare le energie». Condivide Principato di Hera: «Tocca agli stakeholder rendere note le emergenze. Poi vanno mediate con le priorità dell?azienda».
Quelli dell?effetto interno
Fulvio Rossi, responsabile Csr di Terna, invece ribalta il punto di vista: «La questione interna è più rilevante. Saper essere trasparenti nei confronti delle proprie strutture, è un fattore che influenza in positivo la vita di un?azienda. Piuttosto pongo due questioni. Uno, come si possa mettere tutte queste informazioni in uno strumento unico che alla fine si rivolge ad una così vasta varietà di stakeholder. Secondo, come garantire l?affidabilità delle informazioni date. Credo che la standardizzazione dei dati sia un passaggio non eludibile». Gianni Tedesco, responsabile risorse umane di Bnl, condivide «il rischio di un troppo. Cioè che i Bilanci sociali alla fine siano contenitori di tutto. Mi chiedo se non sia finita l?epoca della loro proliferazione?». Replica Amedeo Tartaglia, della direzione Comunicazione di Wind: «è vero. Ma io trovo che invece sia uno strumento insostituibile per sistematizzare i discorsi. è sempre più chiaro di come sia una leva vera per la competitività. Piuttosto chiediamoci, in questa prospettiva necessariamente proiettata in avanti, quanto documenti pur belli siano penalizzati dal fatto di essere fisiologicamente in ritardo».
Noi piccoli
Tra tanti giganti, al tavolo siede anche un?outsider. è Sara Tommasiello, responsabile del controllo di gestione di Monnalisa, una piccola azienda di abbigliamento per bambini di Arezzo. «Con le dimensioni che abbiamo non possiamo permetterci un csr manager. Ma la csr resta comunque un asset importante. L?importante è non intenderla solo come disclosion ma anche come consapevolezza. Il rapporto con uno dei nostri stakeholder più importanti, i ?fashionisti? ci ha permesso di capire come affrontare le curve della fine dell?accordo multifibre. Attraverso loro abbiamo capito come cambiare per salvarci».
No al profilo basso
Chiude Toni Muzi Falconi, già presidente di Ferpi, e figura di riferimento nelle relazioni pubbliche in Italia. E chiude replicando alla provocazione iniziale di Salani, Coop: davvero la responsabilità sociale è un oggetto non definibile e quindi che non esiste? Ribatte Muzi: «è un problema che riguarda tutti. Perché le concettualizzazioni valide nel secolo scorso, oggi non tengono più, per la gran parte delle professioni. Perciò dico no al ritiro intellettuale. No, al profilo basso scondo cui la csr esiste solo in quanto le aziende qualcosa devono cedere rispetto alle pressioni esterne». Quindi? «Quindi lavoriamo sui principi. Ragioniamo sui nuovi scenari. E non stanchiamoci di mappare gli stakeholder. Perché quelli non sono mai scontati per nessuno. E se si vogliono equilibrare gli interessi ed evitare conflitti, è bene averli presenti tutti».
Chi c’era
Acea: Claudio Puliti, Responsabile Rapporti istituzionali
Autostrade: Ruggiero Borgia, Direttore sviluppo, politiche infrastrutturali e studi di settore
Bnl: Gianni Tedesco, Responsabile Intelligence Risorse umane
Capitalia: Lidia Di Giorgio, Ufficio Relazioni esterne
Legacoop: Mario Primo Salani, Responsabile Progetti settoriali
Ras: Valerio Vago, Direttore comunicazione e immagine
Terna: Fulvio Rossi, Responsabile Csr e comunicazione interna
Vodafone: Caterina Torcia, Head of Corporate Social Responsibility
Granarolo: Sebastiano Renna, Responsabile Comunicazione istituzionale e politiche di sostenibilità
Hera: Gianluca Principato, Responsabile Bilancio sociale
Monnalisa: Sara Tommasiello, Responsabile Finanza e controllo di gestione
Wind: Amedeo Tartaglia, Direzione Comunicazione e affari istituzionali
Poste Italiane: Magherita Bufardeci, Responsabile progetto di responsabilità sociale d?impresa
Toni Muzi Falconi, Fondatore di Methodos
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