Sostenibilità

Bilanci sociali, raccontiamocela giusta

L’autoreferenzialità: il peggior nemico del bilancio sociale che deve puntare a essere un veicolo trasparente della csr. Un obiettivo raggiungibile, a patto che...

di Redazione

C?è un pericolo incombente per la csr: il formalismo. Anzi, diciamolo, la retorica autorefenziale, che è poi la peggior specie di retorica. Troppo spesso, infatti, dibattiti, anche interessanti, mirano più all?obiettivo dell?investitura di questa o quella accademia o di questa o quella agenzia di pubbliche relazioni, che alla crescita di una vera cultura della responsabilità sociale d?impresa. È bastato perciò intitolare il n. 11 di Communitas <i>Critica della Social (ir)responsibility</i> per inaugurare finalmente un dibattito vero, onesto, ed anche molto diretto con coloro che nelle imprese si occupano quotidianamente di bilanci sociali. Da quel dialogo (di cui pubblichiamo ampi stralci nelle pagine seguenti) è emersa una vera e propria agenda dei nodi cui bisognerà metter mano.

Innanzitutto il fatto che la csr non può essere sganciata da una modalità nuova di impostare l?impresa secondo la logica pervasiva del multistakeholder che chiede che tutti coloro che partecipano internamente ed esternamente alle attività dell?impresa siano coinvolti nel raggiungimento degli obiettivi. È un fatto di strategia quindi, non di facciata o di occasionalità.

Il secondo aspetto è il tema di una corretta e utile comunicazione. Troppo spesso i bilanci sociali rappresentano il culmine di un?attività confusa, approssimativa, inutile sia per gli stakeholder interni che per quelli esterni. Il linguaggio che non può essere solo quello istituzionale, né risolversi in una questione di packaging, ma deve necessariamente essere qualcosa di più vivo ed esplicativo. Occorre un linguaggio quasi di tipo giornalistico con il gusto della chiarezza e secondo una logica di servizio.

Il terzo aspetto è la necessità di una condivisione dei percorsi di responsabilità, di un meccanismo ?comunitario? che consenta di conquistare una sana reputazione, anche territoriale. Spesso lo spazio lasciato alle tecnicalità non consente di destinare energie al coinvolgimento dei portatori di interesse, anche se si tratta di un presupposto essenziale affinché la csr sia questione inerente le logiche d?impresa.

Quarto. La relazione tra le imprese e il mondo del terzo settore resta ancora troppo spesso ancorato alla questione erogativi (chi aiutare e chi no). Non sarebbe forse più facile spostare il tutto sull?impostare una strategia nei confronti delle organizzazioni non profit, in cui si trovano i sensi, le innovazioni che ciascuna impresa porta nel suo patrimonio genetico di cittadinanza?

Quinto. La rete tra coloro che quotidianamente affrontano il tema della csr, uno spazio non formale in cui poter mettere in comune best practice e difficoltà. Infine, il numero di <i>Communitas</i> citato, apre anche il grande tema della rendicontazione sociale degli enti non profit, anche in funzione della nuova legge sull?impresa sociale che addirittura lo norma per legge. Anche per il terzo settore, l?attenzione al linguaggio e ad una comunicazione chiara soprattutto nel senso della trasparenza dell?utilizzo delle risorse messe a disposizione da terzi deve diventare un valore assoluto.

Ecco il valore del progetto su cui un gruppo di comunicazione integrata come <i>Vita</i> intende lavorare: una piattaforma organizzata e flessibile per scendere dai cieli della retorica e della gratificazione autoreferenziale e cominciare a confrontarsi con la comunità del non profit. Usando tutti i modi: bilanci sociali in versione breve, in forma elettronica, bilanci short, focus sui bilanci, ecc. Tutti strumenti per cercare davvero il dialogo con le comunità di riferimento e dare informazioni non chiuse nel packaging, ma che accettano di essere verificate e, nel caso, discusse . La comunicazione della responsabilità sociale, infatti, diventa atto di trasparenza solo quando accetta di farsi informazione al pubblico


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