Formazione

Big Tom

Se ne è andato improvvisamente a soli 53 anni. Tom Benetollo era un grande amico, un uomo pacifico, capace di ascoltare, di valorizzare tutte le esperienze sociali.

di Ettore Colombo

«Le persone non muoiono, restano incantate» Fernando Pessoa

«Aspetta, parliamone». «C?è molto da fare, lavoriamo». Erano le sue frasi preferite, insieme all?intercalare veneto con cui ti salutava («Ciao, vecio»). Dava poche interviste, mai indiscrezioni. Preferiva scrivere da sé, quello che pensava. E lo scriveva bene. Tom Benetollo ha avuto 53 anni di vita pieni, ricchi, importanti. Da comunista, di quelli che non ci sono più. Berlingueriano nel midollo per un senso del dovere e dell?etica in politica che non esiste più, Tom è morto proprio come Berlinguer: tenendo l?ennesimo dibattito, stancandosi, con il cuore che cede, mentre spiegava che «i due vizi della sinistra sono il massimalismo di chi vuole tutto subito e ottiene solo aria fritta e il riformismo di chi vuole ottenere grandi cose, ma in un giorno lontano». E «chiedendo scusa» per il disturbo che dava. Anche noi gli chiedevamo scusa quando lo cercavamo per un?intervista, una riflessione, un?idea, telefonandogli anche di domenica, anche di sera, mentre magari era lì con suo figlio, il piccolo Gabriele («el mi puteo»), o con la sua bellissima moglie Eva. Uno ?molto di più? Gigante buono e discreto, forte di un?umanità e di curiosità unica che, anche di fronte al giornalista, non veniva mai meno e lo portava sempre a chiederti – lui – «Come stai? Come va? Cosa ne pensi?», oggi che Tom riposa in una bara enorme, grande quanto lui, coperta da una bandiera arcobaleno, è importante ricordare chi era. Un dirigente della sinistra, anche se diffusa, partecipata, contaminata? No, molto di più. Un protagonista della nascita del Terzo settore, ad esempio, come sa Vita e come hanno ricordato i suoi amici più cari e lontani da lui per formazione (Bobba, Patriarca, Realacci). Ma anche un leader vero che, quando parlava, sapevi che aveva già convinto molta altra gente, che non rappresentava solo una sigla ma migliaia di cittadini e iscritti, convinti da lui, a volte uno ad uno, in mille incontri, cortei e riunioni tenuti in Italia e fuori. Certo, Tom ?ci nasce? comunista, a Padova, nel 1951 (ma da ragazzo frequenta l?Azione cattolica e poi amerà molto la ?stola arcobaleno? di don Ciotti e don Tonio dell?Olio, che ora è sulla sua bara). Entra nella Fgci, frequenta il movimento senza innamorarsene, torna all?impegno nel Pci ed entra nel movimento pacifista, mettendosi subito in rotta di collisione con il partito perché già dalla battaglia contro i missili a Comiso, nel 1982, cerca di persuadere i suoi che la via giusta è quella del superamento dei blocchi, non quella del ?pacifismo rosso?. Non a caso, con la foto di Berlinguer, nel suo ufficio c?è quella di una delegazione della Fgci, di cui era diventato responsabile Esteri, al raduno mondiale della gioventù comunista: con gli altri tutti in piedi ad applaudire Breznev e lui seduto, immobile. Quando ?molla? il Bottegone per andare a lavorare all?Arci, in molti si stupiscono: l?associazione allora – a metà degli anni 80 – era piccola, frazionata in tante esperienze culturali e ricreative, in difficoltà finanziarie. Benetollo ed altri (Iovene, Rasimelli) iniziano a trasformarla in quella che è grazie a un processo di rifondazione e rilancio che anticipa e poi accompagna la fine del Pci e la nascita del Pci-Pds, nel 1989-1991 e poi nel decennio seguente. Sono gli anni delle manifestazioni antirazziste, dopo l?omicidio di Jerry Maslo a Villa Laterno, e dei campeggi dell?Arci (i primi Benetollo li pagherà di tasca propria), dell?impegno nell?ex Jugoslavia, in Bosnia prima come in Kosovo poi, una terra che per Tom fu una vera passione e un grande amore proprio come il lavoro al fianco dei pacifisti palestinesi e israeliani per offrire loro spiragli di pace. Quel senso di avvedutezza E poi la battaglia per la libertà d?informazione, a partire dal fortissimo impegno sul caso Ilaria Alpi, e quella contro tutte le mafie, condotta fianco a fianco a don Luigi Ciotti e all?associazione Libera per arrivare fino all?impegno al fianco dei movimenti per una globalizzazione più giusta e umana, prima e dopo Genova 2001, al Social forum di Firenze, infine nel Comitato Fermiamo la guerra, comitato all?interno del quale ha saputo rappresentare la voce più sensata, capace di parlare alle aree radicali del movimento come a quelle più pacifiche, che non nascondeva le sue critiche ?da sinistra? ai vertici dell?Ulivo e insieme maestro di moderazione e avvedutezza per tutti gli altri. E l?Arci cresce La pace, dunque, è stata la cifra più riconoscibile in questi anni dell?Arci (Benetollo ne era diventato presidente nazionale nel 1997), associazione di un milione e centomila iscritti e con 5.366 circoli sparsi in tutt?Italia, ma anche i diritti degli immigrati, l?economia solidale, la musica (l?ultima campagna era per le giovani band). Tom è stato in prima fila e si è speso, rischiando, in tutte le più grandi mobilitazioni pacifiste degli ultimi anni, da quelle contro la guerra in Kosovo (governo D?Alema) a quelle, enormi e pacifiche anche grazie al suo lavoro oscuro, testardo e sereno, contro la guerra in Iraq (governo Berlusconi). Ma Benetollo, per l?Arci, ha voluto dire anche far parte del Forum del Terzo settore, della Banca etica, muoversi nel campo della promozione sociale, del volontariato e dell?associazionismo tout court, facendo scoprire agli anziani militanti delle Case del popolo e ai giovani ragazzi no global nuovi amici e nuovi orizzonti, modi diversi di socialità e partecipazione, solidarietà e non profit. Tom è stato ricordato da tanti, in questi giorni, tutte grandi, importanti e commoventi testimonianze. Il vuoto che lascia sarà difficilmente colmabile, per l?Arci come per il movimento pacifista, per il mondo dell?associazionismo e per tutti coloro che volevano con lui ?fare rete?, ?costruire ponti?, ?mettersi in mezzo?. Ha scritto: «Qualcuno di noi, nel suo piccolo, è come quei ?lampadieri? che tengono la pertica della lampada rivolta all?indietro e così vedono poco davanti a sé ma illuminano dietro, consentono ai viaggiatori di camminare più sicuri». Tom era questo, era un ?lampadiere?. E ci mancherà, ora che siamo sempre meno illuminati dalle fiaccole dell?antica speranza. Ciao, vecio.

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