Welfare

Big Society in biblioteca

di Flaviano Zandonai

Come va con la Big Society? Bisognerebbe chiederlo ai diretti interessati. A chi l’ha ideata e promossa come nuova politica economica e sociale, ma soprattutto bisognerebbe domandarlo ai diretti interessati: i cittadini inglesi che, insieme, ne benficiano e contribuiscono attivamente alla sua implementazione. Le notizie che vengono d’Oltremanica sono contraddittorie. Il processo è complesso e l’andamento, inevitabilmente, discontinuo. Qualche giorno fa, ad esempio, si segnalavano le difficoltà in campo sanitario, in particolare per quanto riguarda l’ambizioso progetto di trasformare strutture del servizio sanitario nazionale in imprese sociali. A far da contraltare la notizia che un’altra impresa sociale si è aggiudicata la gara per la gestione del trasporto pubblico locale sconfiggendo la dura concorrenza di soggetti for profit. E’ interessante notare come ad emergere sono soprattutto i campi di applicazione della Big Society. Si susseguono, ad esempio, gli interventi sulle opportunità e i rischi per le imprese sociali che intendono operare nel settore sanitario. E, d’altro canto, è crescente l’interesse non solo per il welfare in senso stretto, ma per il più ampio comparto dei servizi pubblici locali, come i trasporti. Ma concentrare l’analisi solo sui settori, pur suscitando interesse e curiosità per i possibili sviluppi oltre le classiche nicchie del non profit, non basta. Occorre mettere in luce il “valore aggiunto” nella gestione. Altrimenti si ricade nel classico meccanismo del contracting-out o dell’aziendalizzazione della Pubblica Amministrazione. Ad esempio dove si misura il valore specifico nella gestione del trasporto da parte di un’impresa sociale? Nelle politiche di prezzo? Nelle forme di coinvolgimento dei fruitori per migliorare la qualità del servizio? Nell’incentivare un più ampio sistema di mobilità collettiva oltre il classico autobus? Tutti aspetti che devono essere ben evidenziati (e rendicontati), altrimenti ha poco senso scomodare comunità e Big Society. Peraltro anche in Italia si possono individuare alcune sperimentazioni. Ad esempio il progetto del Comune sulle biblioteche di Milano, non solo come depositi culturali ma luoghi di coesione sociale. Tra i promotori anche una cooperativa sociale che lavora sullo sviluppo di comunità. Piccoli indizi che fanno una prova.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.