Cultura

Big Fish, il film delle meraviglie

Recensione del film "Big Fish" di Tim Burton (di Andrea Leone).

di Redazione

Con Big Fish Tim Burton realizza forse il suo film migliore. Dopo Edward mani di forbice ed Ed Wood, ecco Ed Bloom, il protagonista del suo nuovo film, tratto dall?omonimo romanzo autobiografico di Daniel Wallace. Un figlio torna a casa dal padre morente. Il padre ha raccontato storie fantastiche tutta la vita; nessuno sa se accadute realmente o frutto della sua immaginazione, e ora il figlio vuole sapere la verità. Inizia così una serie di flashback attraverso i quali il padre racconta gli episodi del suo viaggio terreno. Da ragazzo ha successo in tutti i campi, è l?eroe del suo piccolo paese, finché a diciotto anni, in compagnia di un gigante apparso improvvisamente, lascia il suo luogo natale per andare a cercare fortuna nel mondo. In un circo incontrerà l?amore della sua vita; lavorerà tre anni solo per sapere il nome della ragazza che poi sposerà. Il gigante, sirene, streghe, un uomo- cane, poeti rapinatori, gemelle siamesi; questi alcuni degli esseri fantastici che incontrerà nel tempo. Il figlio è dapprima annoiato; ma sarà poi lui a raccontare al padre la sua morte. Morte che il padre troverà ricongiungendosi con un grosso pesce nel fiume della vita. Nel finale felliniano si materializzano tutti i personaggi protagonisti delle storie straordinarie. Forse il film guadagnerebbe se fosse interamente svolto sul versante fantastico, senza il continuo ritorno alle figure del narratore e dell?ascoltatore. Ad ogni modo poche volte si è vista al cinema una tale straordinaria e spesso geniale invenzione visiva e visionaria. Lo schermo è come una tela sorprendente in cui tutto muta seguendo un?unica legge: quella romantica della mente creatrice. Una vena malinconica s?accompagna a momenti di grande comicità, componendo un inno alla bellezza capace di sconfiggere la morte. Il tema del film è l?immaginazione come eterna fonte della giovinezza, l?amore come elemento che ferma lo scorrere del tempo. Le storie sono immortali e, nel mito, la morte è battuta. Ed Bloom da giovane capita in un paese chiamato Spectre, che simboleggia l?ombra del passato, la casa originaria, un luogo felice che si ha la tentazione di non lasciare mai. Ma il protagonista lascia il paese, si sposa e arriva alla mezza età. Ritorna nel paese e ne ha nostalgia. Allora col denaro si ricompra la giovinezza, e il paese in rovina torna a fiorire. Ottima la prova di Albert Finney, ma soprattutto quella della Carter, nel ruolo di una donna innamorata per anni senza speranza del protagonista.

Andrea Leone


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