Welfare

Big Data: i numeri che ci migliorano la vita

Un report appena uscito negli Stati Uniti rivela come l’utilizzo dei Big Data da parte delle amministrazioni pubbliche può migliorare i servizi, ridurre gli sprechi e migliorare la vita dei cittadini

di Ottavia Spaggiari

Numeri sì, ma con un cuore e un cervello, in grado di migliorare la qualità della vita dei cittadini e, in alcuni casi addirittura salvarla. E’ quanto ha promette di fare l’utilizzo dei Big Data nelle politiche pubbliche. Ad affermarlo un rapporto appena pubblicato da Bridgespan, un’agenzia di consulenza per organizzazioni filantropiche che, su commissione di American Achieves, la non-profit dedicata all’educazione scolastica negli Stati Uniti, ha analizzato i casi concreti in cui i cosiddetti Big data sono stati utilizzati dalle pubbliche amministrazioni per ottimizzare i propri servizi e raggiungere risultati concreti.
In Florida, nella contea di Miami-Dade, ad esempio, i grandi dati sembrano aver influito positivamente soprattutto sul rendimento scolastico degli studenti ispanici e afro-americani. Negli ultimi anni infatti il sistema scolastico pubblico ha sviluppato un sistema di monitoraggio e condivisione delle performance degli studenti, finalizzato alla riduzione della dispersione scolastica. Gli interventi strategici ad ogni livello, distrettuale, per ogni scuola e addirittura per ogni dipartimento all’interno di ogni scuola, sono stati legati ad un sistema di schede segnapunti che riassumono sia i dati relativi all’organizzazione operativa che al rendimento scolastico dei ragazzi. Utilizzando le schede, gli amministratori locali, i direttori d'istituto, i docenti e gli studenti si riuniscono periodicamente per le cosiddette “data chats”, riunioni in cui si stabiliscono insieme gli obiettivi da raggiungere e si definiscono le strategie. L’accesso ai dati consente alle amministrazioni e agli insegnanti di avere costantemente il polso della situazione e di adottare misure in grado di influire in modo efficace sui risultati. 
Dal 2009 a Baltimora, l’amministrazione cittadina e la non-profit Family League, portano avanti B’ More for Healthy Babies, un progetto di assistenza sanitaria che offre alle donne incinta e ai bambini, servizi di assistenza completi, con l’obiettivo di avere un impatto positivo sulla loro salute sul lungo periodo. Nel 2012 l’amministrazione ha adottato un sistema di monitoraggio dei pazienti, classificandoli a seconda del proprio quadro medico e dell’urgenza delle cure e dei trattamenti necessari e tenendone monitorati i miglioramenti, concentrando i finanziamenti sui modelli di assistenza che avevano dimostrato il maggior tasso di successo. Proprio con questa implementazione è coincisa un drastico crollo del tasso di mortalità infantile della città, che ha coinvolto in particolare la comunità afro-americana, in cui il tasso di mortalità infantile era maggiore. B’ More for Healthy Babies è solo un esempio del nuovo approccio al finanziamento pubblico della città di Baltimora, in cui l’attenzione degli amministratori è tutta rivolta ai risultati. Nel 2009 la città ha lanciato il suo Outcome Budgeting, un iniziativa per stanziare risorse, con l’obiettivo di raggiungere risultati precisi. Per ogni obiettivo l’amministrazione ha istituito le “Results Team”, ovvero le squadre per il raggiungimento dei risultati, composte da alcuni rappresentati interni dell’amministrazione, esperti tecnici, analisti e cittadini. Lo scopo è quello di investire strategicamente le risorse sui programmi che si dimostrano più efficaci, riducendo invece le dispersioni, nei progetti che non raggiungono gli obiettivi.
La nuova politica di budget sembra dare i suoi frutti. Anche in tempi di ristrettezze, Baltimora è riuscita ad evitare tagli indiscriminati ed è invece stata in grado di aumentare i fondi ai programmi più di successo, eliminando i servizi inefficaci e riuscendo anche ad allocare risorse ad un Fondo per l’Innovazione.
Anche New York City sul fronte Big Data non è da meno. Dalla sua fondazione nel 2006, il Center for Economic Opportunity (CEO), studia meticolosamente i dati relativi all’impatto dei propri progetti sulla riduzione della povertà, per rendere poi scalabili quelli più efficaci e abbandonare invece quelli che non lo sono. Basti pensare che il 5% dei 100 milioni di budget del Centro sono interamente dedicati alla valutazione dei risultati. Secondo il Rapporto di Bridgespan, grazie all’efficacia dei suoi progetti, negli ultimi sette anni, il CEO ha facilitato l’inserimento al lavoro di oltre 30 mila persone, offrendo inoltre supporto all’inserimento di circa 10 mila persone in corsi universitari e professionali, mentre, grazie al sostegno Social Innovation Fund, il fondo attivato dal Governo, il Centro è riuscito a raccogliere 85 milioni di dollari tra risorse pubbliche e private per replicare cinque dei suoi progetti più efficaci nel resto del Paese.
 

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