Salute
Besta: 3 su 4 dopo arresto cardiocircolatorio o emorragie cerebrali
I risultati finali del più grande progetto italiano di ricerca su 602 Pazienti in Stato Vegetativo e di Minima Coscienza
di Redazione
La Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Besta, assieme al Centro di Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica, ai rappresentanti di 78 centri italiani, 39 associazioni di familiari e pazienti, e alla FIMMG ha presentato, a Milano, i risultati finali del progetto nazionale “Funzionamento e Disabilità negli Stati Vegetativi e negli Stati di Minima Coscienza”.
In Italia, da un punto di vista epidemiologico, organizzativo, politico, socio-assistenziale ed etico, risulta ad oggi ancora poco esplorata la realtà complessa e articolata riguardante le persone in Stato Vegetativo (SV) e in Stato di Minima Coscienza (SMC), ovvero una situazione di possibile evoluzione del coma caratterizzata dalla ripresa della veglia, e le loro famiglie. Di questo si è occupato la ricerca finanziata dal Ministero della Salute tramite il Centro Nazionale Prevenzione e Controllo Malattie (CCM).
Il progetto, coordinato dall’aprile del 2009 dalla neurologa Matilde Leonardi e dai suoi collaboratori della struttura “Neurologia, Salute pubblica e Disabilità” della Fondazione IRCCS Istituto Neurologico C. Besta di Milano, ha visto il coinvolgimento di 78 centri italiani, 39 tra associazioni e federazioni di familiari che si occupano di persone in SV e SMC, la Federazione Italiana Medici di Medicina Generale (FIMMG) e l’Associazione Italiana Donne Medico (AIDM). È stato così possibile raccogliere dati per l’identificazione del funzionamento e della disabilità dei pazienti in SV e SMC sulla base anche della Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute dell’OMS (ICF), di rilevare i bisogni dei caregiver (coloro, quasi sempre familiari, che assistono i pazienti) e di valutare il carico assistenziale degli operatori del settore.
La fase di raccolta dei dati, successiva al momento di formazione degli operatori dedicati alla somministrazione del protocollo su tutto il territorio nazionale, è stata alquanto impegnativa e complessa, e si è svolta in sedici regioni italiane nel periodo compreso tra giugno 2009 e marzo 2010.
“Grazie all’impegno di tutti gli operatori, i familiari e le associazioni coinvolte – spiega Matilde Leonardi, che dirige anche il progetto Coma Research Centre, Centro Ricerche sul Coma, in corso presso la Fondazione Besta – è stato possibile elaborare e analizzare dati sul più ampio campione di persone in SV e SMC mai riportato in letteratura. L’età media dei pazienti adulti è di 55 anni e il 60% di loro è di genere maschile. La distanza media dall’evento acuto è di 5 anni per l’80% del campione e nel restante 20% che supera questo lasso di tempo si trovano diversi pazienti in SV o in SMC da più di 15 anni. Sono stati infatti reclutati 602 pazienti (566 pazienti adulti e 36 bambini). Il 70% dei pazienti è in SV mentre il 30% è in SMC e la maggior parte dei pazienti della nostra ricerca (64%) è ricoverata in strutture di lungodegenza (25 strutture), altri pazienti (26%) in strutture riabilitative (38 strutture) e altri ancora al domicilio (10%). Da un punto di vista territoriale, la maggior parte del campione proviene dal Nord Italia (61%), seguito dal Centro Italia (22%) e dal Sud e Isole (17%). Da un punto di vista clinico, il 68% dei pazienti adulti ha la cannula tracheostomica, il 67% non presenta piaghe da decubito e il 94% si alimenta tramite PEG, un sondino nello stomaco. Nel campione di bambini con diagnosi di SV e SMC, con una età media di 8,5 anni e per il 69% di genere maschile, il 26% ha la cannula tracheostomica, il 91% non presenta piaghe da decubito e il 71% si alimenta tramite PEG”.
L’eziologia del campione è prevalentemente di origine non traumatica (74% nel campione dei pazienti adulti), dovuta ad anossia da arresto cardiocircolatorio o emorragie cerebrali. Un risultato questo in linea con i dati ministeriali recenti che riportano una riduzione in Italia dei traumi cranici da incidente stradale.
“Sono molto interessanti i dati anche sul campione di 487 “caregiver” (coloro che assistono i pazienti) – continua Leonardi – . Il 70% è di genere femminile e il 56% di età media oltre i 50 anni. Sul piano occupazionale, è importante sottolineare che il 49% lavora, il 24% è pensionato e il 23% casalingo, e che la grande maggioranza dei caregiver di pazienti adulti in SV o SMC dichiara di aver ridotto tutte le attività nel tempo libero rispetto a prima dell’evento acuto del proprio caro. Per quanto riguarda l’impegno temporale profuso da ciascun caregiver per la cura del paziente, il 55.5% ha dichiarato di dedicarci più di tre ore al giorno, di cui il 22% tra le 4 e le 6 ore quotidiane, il 12% oltre le 6 ore/die. La maggior parte dei caregiver dei minori, invece, dichiara di prestare assistenza continua 24 ore al giorno. Il 29% dei caregiver dichiara di dedicarsi alla cura del paziente perché si sente il più adatto a farloi, il 14% perché non c’è nessun altro, e tra le risposte più frequenti, nel 37% indicato come “altre motivazioni”, molti hanno risposto che si occupano del loro caro per amore.
Il Progetto della Fondazione Besta ha infine raccolto i dati di 1243 operatori socio-sanitari presenti nelle strutture italiane partecipanti. Il campione era costituito da diverse figure professionali di cui il 34% infermieri professionali, 30% assistenti sanitari, il 19% terapisti della riabilitazione e il 12% sono medici. Il 74% risulta essere di sesso femminile, il 50% coniugato e il 90% di nazionalità italiana. Le analisi hanno di fatto riscontrato che diverse figure professionali coinvolte nella cura dei pazienti con disturbi della coscienza, riportano un impatto e uno stress lavorativo che varia a seconda delle differenze professionali ed è maggiore per gli infermieri.
Nel 2011 il follow-up del campione di oltre 600 pazienti in SV e SMC sul territorio nazionale già inclusi nel progetto nazionale “Funzionamento e Disabilità negli Stati Vegetativi e negli Stati di Minima Coscienza si svolgerà in collaborazione con tutti i 78 Centri italiani nell’ambito del nuovo progetto nazionale PRECIOUS, ricerca biennale finanziata dal Ministero della Salute attraverso il CCM e coordinata dalla Regione Emilia-Romagna.
“Tra i diversi obiettivi raggiunti dal progetto, dice il Direttore generale della Fondazione Carlo Besta, Giuseppe De Leo, è rilevante la creazione di una vasta rete di interconnessione tra i principali centri italiani che si occupano di persone in SV e SMC nelle diverse fasi del percorso terapeutico e tra le associazioni dei familiari, che, ove possibile, sono state collegate alle Federazioni già presenti sul territorio nazionale”.
La rete si è formata anche grazie agli incontri che sono stati organizzati durante il progetto tra cui, oltre al training, le giornate su “Etica della condizione umana”, riflessioni guidate su temi inerenti la complessità etica della cura delle persone in SV e SMC proposte dal Centro di Ateneo di Bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, diretto da Adriano Pessina e partner del Progetto nazionale. “Gli incontri – dice Pessina -, hanno permesso sia agli operatori del settore sia alle associazioni di familiari, provenienti da diverse regioni d’Italia, ma che si occupano dello stesso tipo di problematiche, di confrontarsi tra loro e condividere le esperienze vissute quotidianamente”.
“E’ stato anche molto importante – commenta Ferdinando Cornelio, Direttore Scientifico della Fondazione Besta – il coinvolgimento della Federazione dei Medici di Medicina Generale che ha permesso di raccogliere informazioni su persone in SV e SMC, tramite un questionario a cui han risposto oltre 1000 MMG italiani, su un campione di oltre 1.280.000 assistiti. L’indagine che si è appena conclusa ha posto sotto i riflettori una realtà ad oggi poco conosciuta, richiamando l’attenzione sulla necessità di raccogliere sistematicamente informazioni cliniche, epidemiologiche, organizzative, politiche, socio-assistenziali ed etiche relative a questa tematica”.
“Per queste ragioni – sostiene Carlo Borsani, Presidente della Fondazione – al Besta abbiamo sostenuto e sosteniamo anche il progetto di ricerca biennale “Centro Ricerche sul Coma”, finanziato da Regione Lombardia, che sta realizzando uno studio multidisciplinare neurofisiologico, neuroradiologico e clinico su pazienti con disordini della coscienza, che deve rispondere a molti quesiti ancora aperti.
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