Non profit

Bertolaso, più pro che contro

Parlano i volontari dell'Aquila

di Sara De Carli

L’immagine di «Bertolaso santo subito» si è un po’ incrinata, ma il giudizio sui risultati ottenuti di chi lo ha visto operare in diretta rimane comunque positivo «Io faccio il volontario, la magistratura fa la magistratura, Bertolaso fa Bertolaso»: è in questa sintesi di Andrea Cardoni, 28 anni, volontario Anpas che è stato a L’Aquila per quattro settimane, la reazione della base al terremoto che ha scosso i piani alti della Protezione civile. Una sintesi rilanciata all’unanimità anche dagli aquilani, che con la Protezione civile hanno vissuto gomito a gomito per otto mesi e ne conoscono quindi, come una moglie, anche quei difetti che in pubblico non trapelano: come dice Roberto Museo, aquilano e sfollato, direttore di CSVnet, «l’equazione Bertolaso uguale Protezione civile non l’ha fatta nessuno».

I risultati restano
Certo, a L’Aquila l’immagine di «Bertolaso santo subito» un po’ si è incrinata. E se una parte della popolazione – inclusi i figli di Museo, a cui Bertolaso ha appena ridato una scuola – alle accuse proprio non ci crede e parla di un complotto pre-elettorale, per qualcun altro «è come svegliarsi da un bel sogno, comincia a girare il sospetto o almeno la domanda “e se anche qui, con le nostre case, sopra le nostre teste, fosse andata così?”», spiega Museo. Per lui non si tratta di una questione esplosa con l’inchiesta giudiziaria, ma di una vecchia questione di metodo: «Per la prima volta nella mia vita con la Protezione civile mi sono scontrato con una organizzazione che non contempla la possibilità di dialogo».
Marco Morante, architetto, portavoce del Collettivo 99, spiega che «dal punto di vista dell’efficienza il giudizio non cambia, in Abruzzo la macchina della Protezione civile ha dato prova di grandissima efficienza. Oggi certo facciamo una riflessione in più su alcune scelte che già prima giudicavamo dispendiose e discutibili, come quella del Piano Case. E sul metodo muscolare scelto da Bertolaso, che ha fatto delle scelte che hanno cambiato per i prossimi secoli il volto del territorio, senza concertazione né partecipazione di noi che ci abitiamo».
La più concreta è Maura Viscogliosi, responsabile regionale per l’Abruzzo di Legacoopsociali. «Nessuna rilettura di quel che è stato l’operato della Protezione civile in Abruzzo. C’era molto da fare e molto è stato fatto, se poi i risultati sono stati raggiunti con procedure non sempre trasparenti, mi spiace, però noi i risultati li abbiamo».

Gli angeli-volontari
Tenere distinti i piani è la preoccupazione delle associazioni di volontariato. Paolo Diani, direttore dell’Unità gestione delle emergenze di massa delle Misericordie, chiede «che non si metta sotto accusa tutto un sistema, che negli anni ha dato ottimi risultati. Da un lato ci sentiamo offesi, dall’altro è uno stimolo a lavorare ancora meglio. Per ripartire mi sembra essenziale però ricordare che la protezione civile non è solo soccorso e ripristino, ma anche previsione e prevenzione». Pasquale Colamartino, presidente di Avis Abruzzo, che il volontariato di protezione civile lo ha visto in diretta, dice senza dubbi che «dopo un anno di lavoro la stima e la fiducia nella Protezione civile è un patrimonio consolidato, al di là dell’operato delle singole persone. Il lavoro della macchina è stato straordinario, ed è questo che deve rimanere e che rimarrà».
Chi vede in pericolo questo patrimonio di fiducia nei confronti della protezione civile tout court è invece l’arcivescovo dell’Aquila, Giuseppe Molinari. Lui che ha espresso pubblica solidarietà a Bertolaso, «che veramente qui è stato un fedele servitore dello Stato», ricorda che il rischio di fare di ogni erba un fascio c’è. «Lo diceva già Voltaire: calunniate, calunniate qualcosa resterà. Il mio invito, agli aquilani e agli italiani, è a discernere l’oro dal fango e a conservare la fiducia nella generosità e nell’impegno di tantissimi volontari».


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