Non profit

Bertolaso, emergenza giudiziaria

La Protezione Civile sotto inchiesta, il governo fa quadrato

di Franco Bomprezzi

Arresti e comunicazioni giudiziarie: tutto il sistema della Protezione Civile italiana è sotto accusa. L’indagine della Procura toscana coinvolge in prima persona Bertolaso, che annuncia le proprie dimissioni, ma poi il premier Berlusconi lo invita a rimanere al suo posto. I giornali di oggi raccontano le indiscrezioni sui capi di accusa, e le reazioni politiche a questa nuova, importante, bufera giudiziaria.

“Ecco le accuse a Bertolaso”, titola il CORRIERE DELLA SERA in apertura. I servizi interni arrivano a pag 6. Queste in sintesi le accuse contenute nell’inchiesta sui lavori per il G8 che avrebbe dovuto svolgersi alla Maddalena e che poi si fece all’Aquila, per cui fra i quattro arrestati c’è anche Angelo Balducci, 62 anni, responsabile dei lavori per il vertice. “Le telefonate, la pista dei soldi e le donne al centro benessere”, è il pezzo di Fiorenza Sarzanini che riprende il fascicolo dei magistrati. Riporta la Sarzanini: «È in quel “sistema gelatinoso” messo in piedi per gestire le opere dei «Grandi Eventi» che i magistrati fiorentini evidenziano le accuse contro il capo della Protezione civile Guido Bertolaso. E indicano in «soldi contanti e prestazioni sessuali» la contropartita che il potente sottosegretario avrebbe ottenuto per l’assegnazione degli appalti al gruppo imprenditoriale di Diego Anemone, 39 anni. In un paio d’anni Anemone è riuscito ad aggiudicarsi «il quarto, il quinto e il sesto lotto del G8 a La Maddalena», i lavori al Foro Italico in vista dei Mondiali di nuoto, l’aeroporto di Perugia per le celebrazioni dell’anniversario dell’Unità d’Italia. Anche Angelo Balducci, delegato alla gestione dei «Grandi Eventi», sarebbe stato ricompensato dall’imprenditore con l’assunzione del figlio e della nuora, telefonini, autovetture di lusso, ristrutturazioni degli appartamenti e addirittura i domestici per la casa di campagna che lo stesso Anemone gli aveva messo a disposizione». Di mezzo ci sarebbe anche un prete: «L’episodio risale al 21 settembre 2008: alle 10.30 Anemone deve incontrare Bertolaso. Un’ora prima telefona a don Evaldo, sacerdote per conto del quale sta eseguendo lavori edili. Anemone: Senti don Eva’, scusa se ti scoccio… stamattina devo vedere una persona verso le 10.30-11.00, tu come stai messo? Don Evaldo: Di soldi? Qui ad Albano ce n’ho 10 soltanto. Giù a Roma potrei darteli… Debbo poi portarli in Africa… mercoledì vediamo un po’… Secondo gli inquirenti «i due si accordano per l’indomani». Anemone: Eh ma oggi non ce la facciamo eh? Domani… domani mattina faccio un salto caso mai. In una telefonata di due giorni dopo, sottolinea il giudice, «Anemone sembra quantificare in 50.000 euro la somma di denaro richiesta e ottenuta da don Evaldo». Ed è proprio questo episodio che così viene commentato nell’ordinanza: «Guido Bertolaso intrattiene rapporti diretti con l’imprenditore Diego Anemone con il quale spesso si incontra di persona. In previsione di taluni incontri Anemone si è attivato alla ricerca di denaro contante, tanto che gli investigatori ritengono abbia una certa fondatezza ritenere che detti incontri siano stati finalizzati alla consegna di somme di denaro a Bertolaso». Poi ci sono le escort: «Sono le intercettazioni telefoniche a rivelare come Anemone si preoccupasse di compiacere Bertolaso anche nei momenti liberi. Sottolinea il giudice: «In molteplici occasioni Bertolaso, talora in concomitanza con gli incontri con l’Anemone, ha usufruito di prestazioni presso il centro benessere del Salaria Sport Village gestito da Simone Rossetti, sotto le direttive di Diego Anemone. In almeno in una di queste occasioni il tenore dei dialoghi intercettati induce a ritenere che Bertolaso abbia usufruito presso il centro, all’uopo chiuso al pubblico, di prestazioni di natura sessuale e che a tale specifico fine il Rossetti abbia ingaggiato una donna che si è intrattenuta con Bertolaso». In particolare nel documento viene citato un episodio che risale al 14 dicembre 2008 quando «viene fatta giungere una donna di nazionalità brasiliana, di nome Monica (con ogni verosimiglianza una prostituta gestita da tale Regina), che intratterrà Bertolaso. E poi si sottolinea come il capo della Protezione civile «si è recato più volte presso il centro usufruendo delle prestazioni di tale Francesca» almeno dodici volte tra il 2008 e il 2009, che sono state annotate nelle loro informative dai carabinieri del Ros». “Emergenze e Regole” è invece l’editoriale di Sergio Romano, che scrive: «Bertolaso si è dimostrato un efficace organizzatore, non si è sottratto alle sue responsabilità e ha avuto il merito di offrire subito le sue dimissioni: un gesto poco abituale in un Paese dove dimettersi, dopo la breve parentesi di Mani Pulite, continua a essere l’eccezione piuttosto che la regola. Il responsabile della Protezione civile ha diritto, non soltanto per ragioni di principio, alla presunzione d’innocenza. Ma il caso suggerisce alcune considerazioni strettamente collegate. In primo luogo l’area della «Protezione civile» si è straordinariamente allargata sino a comprendere avvenimenti, come il vertice della Maddalena o una grande gara sportiva, che non dovrebbero essere considerati emergenza. Questa prassi ha modificato il profilo pubblico di Bertolaso e, forse, il suo stile. Da amministratore dell’emergenza è diventato sottosegretario, ministro in pectore e zar (come dicono gli americani in questi casi) di un territorio dai confini molto imprecisi».

Al caso Protezione civile LA REPUBBLICA dedica l’apertura (“Corruzione, indagato Bertolaso”) e molti servizi (in tutto 5 pagine). Tra i quali un ritratto di Alberto Statera e un commento di Giuseppe D’Avanzo. Il primo (“Il grande regno dell’emergenza”) parla di «bertolasocrazia come di una evoluzione emergenziale della turpe Burocrazia» e dell’inevitabile cortocircuito. Dal terremoto ai mondiali di nuoto, dai party di stato ai viaggi del Papa fino alle regate veliche: «Nel paese di B&B, la perfetta coppia Berlusconi & Bertolaso benedetta da Gianni Letta, tutto è ormai emergenza». «La storia della Maddalena… rivela come negli anni del berlusconismo, dalla cultura dell’emergenza sia scaturita una sorta di scienza del potere incontrollato in deroga  a tutte le norme di legge, un blocco di potere indistruttibile, segreto, libero da regole che in meno di un decennio ha speso come ha voluto qualcosa come 10 miliardi di euro», «un modello perfetto di liberismo anticoncorrenziale e probabilmente tangentaro». Anche D’Avanzo nel suo “I burocrati del cavaliere” non ci va leggero: mentre il premier organizza il panorama in amici e nemici (e questi ultimi sono i magistrati: «non si può governare attaccati da pubblici dipendenti quali sono i giudici»), Bertolaso «interpreta il paradigma della “militarizzazione della decisione politica” che il premier immagina essere lo strumento d’uso quotidiano del governo… La Protezione civile di Guido Bertolaso ha rappresentato e rappresenta appunto questo: il sostanziale svuotamento della partecipazione politica a vantaggio della verticalizzazione della decisione politica». Quanto alle reazioni politiche, l’unica riferita da LA REPUBBLICA riguarda la norma che mette preventivamente al riparo il commissario straordinario per l’emergenza rifiuti (il decreto approvato in Senato e in discussione mercoledì alla Camera). «Un testo che fa impallidire ogni tentativo di legge ad personam» commenta Dario Franceschini.

Il titolo di copertina “Terremoto giudiziario per Bertolaso” evoca un titolo alla Manifesto, a dire la verità di quelli venuti peggio. Ma il vero titolo del GIORNALE è a pagina 3 “Solo in Itala Bertolaso è un criminale” che raccoglie sotto di sé oltre alla cronaca i commenti di Vittorio Feltri, Vittorio Sgarbi, Gian Maria De Francesco.  Il direttore scrive: «Davanti a una vicenda giudiziaria complessa come quella in cui è stato coinvolto Bertolaso, bisogna resistere alla tentazione  di un commento passionale che porterebbe  a sposare in pieno le parole di Berlusconi In questo Paese chi fa del bene è oggetto di persecuzioni”. Una frase che nella sua semplicità interpreta lo stato d’animo di molti italiani. La maggioranza».  Continua: «Non è la prima volta che Bertolaso viene accostato a probabili  irregolarità. Dico probabili perché sono poche le operazioni pubbliche realizzate in fretta su cui non si sino addensati sospetti. Il fatto che Bertolaso sia chiamato a rispondere di ogni neo (ammesso e non concesso ve ne siano)  non è segno di colpevolezza. Bisogna ricordare che il Capo della protezione civile dopo essere sentito dagli inquirenti potrebbe uscire dall’inchiesta». Vittorio Sgarbi commenta: «Non solo Berlusconi è aggredito, ma si vuole dimostrare che i suoi più stretti collaboratori sono responsabili di crimini, tra i più odiosi, come la corruzione. Colpire lui piuttosto che un politico, è un segnale ancora più forte a indicare che nessuno si salva». Sgarbi fa un passo indietro nella storia , quella del teorema Violante: “Dc=Cosa Nostra” per richiamare quello  di cui si parla oggi: “Forza Italia=Mafia”. « Vediamo riproposta la stessa formula, falsa per Forza Italia come la fu per la Dc. I magistrati lo sanno benissimo ma vogliono confondere le acque. E allora Ciancimino jr sugli altari e Bertolaso nella polvere». Chiude i commenti il pezzo firmato da Gian Maria De Francesco «Colpire Bertolaso  significa colpire la nuova  protezione civile Spa, la società di servizi controllata al 100% da Palazzo Chigi che si occuperà di tutte le  funzioni strumentali del Dipartimento. Non si tratta di una società pubblica qualunque ma di una nuova che riassume in sé il meglio dei primi 20 mesi di governo Berlusconi. La nuova istituzione coordinerà la Croce Rossa italiana, si occuperà della costruzione dei nuovi carceri». E quindi: «Non è stato un caso  che la notizia delle indagini sul sottosegretario sia giunta all’indomani dell’approvazione da parte del Senato della legge di conversione del decreto istitutivo di Protezione civile Spa». 

IL MANIFESTO dedica alla vicenda Bertolaso l’editoriale in prima a firma del direttore Gabriele Polo, sotto il titolo “Il sovrano e il vassallo”: «Il presidente del consiglio di Guido Bertolaso non può più fare a meno. Perché la sua caduta procurerebbe al premier più danni della rottura con Veronica Lario o delle confessioni di Patrizia D’Addario. I due sono ormai indissolubilmente legati. (…) Avendogli messo a disposizione una legislazione d’urgenza che negli ultimi dieci anni ha prodotto 600 dichiarazioni di stato d’emergenza, un esercito di 300mila uomini organizzati in una struttura che di civile ha solo il nome. Un’organizzazione che ora è pronta a diventare Società per azioni, adeguando così il proprio stato giuridico alle necessità di mercato con cui il berlusconismo ha incarnato lo spirito dei tempi. Il tutto protetto dall’aurea di un’efficienza assai virtuale, da sbandierare nei servizi televisivi sui new village aquilani, mentre la realtà è piena d’abbandoni e miserie, come quelle ad esempio degli alluvionati di Messina. (…) Stati d’emergenza e organizzazione di grandi eventi hanno permesso di bypassare quelle leggi – “perché altrimenti ci vorrebbero anni invece di pochi mesi”, Bertolaso dixit – e di assegnare in nome dell’urgenza appalti e commissioni senza alcuna gara pubblica. Cioè esercitare il potere facendo girare (distribuendo e incassando) un sacco di soldi senza possibilità di controllo, se non ex post. Come da cronaca giudiziaria di ieri. Anche in questo Guido Bertolaso è sempre più simile e legato al suo sovrano, costretti entrambi a discolparsi di fronte ai giudici – residuale contropotere di una Repubblica che fu.»

“Bertolaso nella bufera, ma resta”. Un pezzo di ITALIA OGGI con le reazioni e i commenti politici rilasciati dopo il consiglio dei ministri di ieri da parte dei membri del governo come quelle di Gianni Letta: «la vicenda Bertolaso sono sicuro si chiuderà bene, ho piena fiducia nella sua correttezza di servitore dello stato» e di Silvio Berlusconi: «C’è uno sport nazionale, andare a deprimere chi fa il bene del paese». L’articolo poi, fa notare come Bertolaso sia alla guida della protezione civile da una decina di anni, e che è stato confermato da governi di centro destra e di centro sinistra. «Le ordinanze che assegnano le emergenze e i grandi eventi al dipartimento» scrive ITALIA OGGI «sono via via cresciute fino a raggiungere la cifra record di 600». Nel box a fianco all’articolo, invece, si apprende che l’agenzia del demanio sta cercando un sito per gli alloggi che ospiteranno la sede della protezione civile spa. La nuova casa della nuova protezione civile dovrebbe essere di circa 600 mq e dovrebbe ospitare una cinquantina di dipendenti, una decina di dirigenti e qualche sala di rappresentanza. 
 
 IL SOLE 24 ORE  ha uno strillo in prima pagina con immagine. E un’intera pagina (la 6) dedicata alla cronaca degli eventi. Qui confluiscono le prime reazioni alla bufera che ha coinvolto ieri la Protezione civile. Reazioni essenzialmente di tipo politico: Silvio Berlusconi critica l’italica abitudine – a suo dire – di far del male a chi fa del bene e insieme all’intera pdl – che fa quadrato intorno a Bertolaso – rinnova la fiducia al capo del Protezione civile. Non ci sta, invece, Di Pietro che inveisce sullo spreco che sarebbe stato perpetrato ai danni dello Stato nell’ambito degli appalti del G8 della Maddalena, finiti per l’appunto nei fascicoli della Procura di Firenze insieme a oltre quaranta indagati (fra cui Bertolaso) e 4 arresti. Pierluigi Bersani, per conto suo, punta il dito sul decreto che sancirebbe la privatizzazione della Protezione civile italiana, e chiede che venga rivisto o ritirato. Intanto sul tappeto rimane l’ipotesi di un Bertolaso ministro – come avrebbe voluto appena qualche giorno fa il premier – per cui, tuttavia, al momento «stiamo a vedere come si mette» commenta Berlusconi. A pagina 12 invece un breve commento dalla direzione del giornale dal titolo emblematico “Bertolaso non è un insulto”. In cui si sottolinea la netta differenza fra legalità e opportunità: fra l’inchiesta per corruzione che travolto la Protezione civile e il comportamento a tratti “disinvolto” a tratti “preferenziale” con cui si è politicamente deciso dovesse lavorare Bertolaso & Co. Quest’ultima è una scelta politica discutibile semmai, ma non illegale.

L’editoriale in prima pagina di AVVENIRE è firmato da Antonio Maria Mira ed è una difesa appassionata della «ottima macchina della Protezione civile», che però per troppo tempo è stata percepita – Bertolaso in primis – come una «bacchetta magica». «A molti ha fatto veramente comodo, lo stato di emergenza invece dell’ordinaria amministrazione. Lui, per la verità, non ne era troppo convinto. Ben cosciente che quella bacchetta magica cominciava ad essere richiesta un po’ fuori luogo». E così, «la bacchetta magica, in realtà solo un’ottima macchina, ha cominciato ad essere strausata, sfruttata, anche a sproposito». E sono arrivati gli appalti, gli alberghi di lusso della Maddalena, le piscine di Roma. «Cosa c’entra tutto questo con la protezione civile? E probabilmente cosa c’entra con la Spa in discussione, forse troppo in fretta, in parlamento? Perché caricare di tutto ciò la protezione civile e il suo capo?». E conclude: «Noi ovviamente speriamo che sia presto chiarito che la bacchetta magica è pulita. Che la macchina perfetta non ha inglobato pezzi storti e cattivi. Noi al fango degli affaristi continuiamo a preferire quello combattuto e vinto dagli stivaloni dei volontari». La cronaca è alle pagine 6/7.
 
“L’uomo con il mito del fare”. E’ il titolo del pezzo che Mattia Feltri su LA STAMPA dedica a Mario Bertolaso in prima pagina ma poi continuato a pagina 33. Un pezzo senza moralismi, accuse, polemiche. Un pezzo in cui Feltri scrive come «Bertolaso è diventato Bertolaso» attraverso tre immagini. «Prima immagine. Bertolaso studia a Liverpool, è la fine degli anni Settanta….Per strada i ragazzi giocano a calcio fra liquami e spazzatura e lui li fotografa per illustrare la tesi sulle correlazioni fra patologie e condizioni igieniche. Seconda immagine. Bertolaso è un bambino. Il padre, che ha combattuto come aviatore nella seconda guerra mondiale, gli racconta dei mille viaggi e dei mille posti visti dal cielo. Terza immagine. Nell’ufficio di Bertolaso alla protezione civile sono appese le fotografia di Che Guevara, di Ernest Hemingway, di Martin Luther King, di Albert Einstein, sono quelli che ammiro dice, e la foto di Albert Schweitzer la tiene direttamente nel portafoglio, ma è la bandiera tricolore che si porta appresso da trent’anni, dai tempi della Cambogia (In Cambogia andò per costruire un ospedale dopo i disastri di Pol Pot)». Le immagini spiegano il Bertolaso manager, missionario, eroe, medico, che si è fatto apprezzare da tutti, da Andreotti a Prodi. «Ma chi ha fatto di lui un frenetico e inarrestabile sottopancia di Palazzo Chigi, titolare di un potere unico» scrive Feltri «quello per esempio di affidare i lavori senza passare, causa emergenza, dalle sfiancanti pappardelle delle gare d’appalto, è stato Silvio Berlusconi. L’antipatia schietta che il premier ha per i riti defatiganti della democrazia ha trovato una traduzione pratica in Bertolaso». L’intuizione di Feltri sul mito del fare è confermata dallo stesso Bertolaso. Nel pezzo “Cancellati anni di lavoro e sacrifici” il capo della protezione civile dice:«Io sono medico e quando mi chiamano perché ci sono dei feriti, cerco di salvare la loro vita e se è necessario passo anche con il rosso e vado contromano. Poi pagherò la multa». 

E inoltre sui giornali di oggi:

CRISI
LA REPUBBLICA – “Famiglie più povere e indebitate l’industria è in caduta libera”. I redditi perdono in due anni il 4% del potere d’acquisto; una famiglia su cinque vive con meno di 1282 euro al mese e una su tre ha un debito sulle spalle. Nel 2009 la produzione industriale ha registrato un calo del 17,4%. Sono dati forniti da Istat e Banca d’Italia. L’allarme di consumatori e sindacati. «il governo apra gli occhi e abbassi le tasse» dicono; «confidiamo nella ripresa, pur se discontinua» ribatte Sacconi.

EDITORIA
IL MANIFESTO – L’apertura del giornale è dedicata a se stesso. “Saliamo sul tetto”: «Berlusconi impone il voto di fiducia sul maxiemendamento che sancisce la fine del diritto soggettivo al contributo pubblico del quale finora hanno goduto il manifesto e un centinaio di testate no profit e di partito, tra cui L’Unità, Liberazione, Il Secolo d’Italia, la Padania, Avvenire, Europa e tanti altri. Il manifesto da trentanove anni (aprendo la via ad altri quotidiani) vive e combatte senza padroni e padrini alle spalle, con pochissima pubblicità e con la sola forza dei suoi lettori e abbonati. Questa è una condanna a morte, né più né meno. Non intendiamo mollare, protesteremo, combatteremo, andremo in piazza, saliremo sui tetti se necessario. Chiameremo i nostri compagni di sempre e i cittadini democratici a sostenere la nostra resistenza. Il pretesto dell’affossamento della libertà di stampa è che bisogna risparmiare, mentre si buttano soldi a man bassa in corruzione pubblica e privata. È un attacco mortale ai quotidiani no profit, alla libertà di stampa e alla democrazia del paese. Il capo di questo governo è padrone di una fetta enorme dell’informazione italiana e comanda su gran parte di quella pubblica e di quella privata di cui non è direttamente proprietario. Comincia dai piccoli e deboli per poi mettere in riga e addomesticare i forti. Per tutte queste ragioni, che riguardano la libertà del paese e non soltanto la vita del manifesto, chiediamo a tutti, a partire dal parlamento, dalle forze politiche e dagli altri quotidiani, anche nostri avversari, solidarietà, sostegno e iniziative comuni. Siamo furiosi, ma fiduciosi nella possibilità di una risposta forte a chi ci vuole giustiziare».

DONAZIONE DI ORGANI
LA REPUBBLICA – Nel decreto mille proroghe un articolo introdotto con il maxiemendamento secondo il quale nella futura carta d’identità (elettronica) dovrà essere contenuta l’indicazione del titolare in caso di decesso: se disposto o meno a donare i suoi organi. Un provvedimento giudicato positivamente dal ministro della Salute e dagli esperti perché accresce la consapevolezza dei cittadini in questo senso.

ADOZIONI
CORRIERE DELLA SERA – “Madre massacra il bimbo adottato da tre mesi”, è il titolo di pag 25, incentrata sul caso di Viterbo. Di spalla il dibattito fra gli esperti sulla gestione del post adozione (“«Nessun controllo. Serve una legge»”. Griffini (Aibi): «il periodo subito successivo all’adozione è quello più delicato, ma proprio lì c’è un vuoto legislativo…non esiste un obbligo normativo di assistenza e di controllo, come invece avviene per le adozioni nazionali». Franco Paolo Occhiogrosso (istituto degli innocenti): «il post adozione è una fase delicatissima per la quale manca e invece occorre una norma specifica». 

ISLAM
AVVENIRE – Si è riunito ieri per la prima volta al Viminale il gruppo di 19 tra esperti ed esponenti del mondo islamico convocato dal ministro Maroni per fornire idee per l’integrazione dei cittadini di religione musulmana. Escluso l’Ucoii. C’è Branca e Fouad Allam. E ci sono anche due giornalisti, uno di Mediaset e uno di Libero.

NUCLEARE
IL SOLE 24 ORE – Paginone intero (5) con apertura, spalla e taglio medio per inquadrare il via libera al decreto legislativo che apre le procedure per i futuri reattori. “L’atomo tenta il decollo”, questo il titolone dell’apertura firmata da Federico Rendina. Mano tesa alle Regioni con cui il governo centrale non intende andare allo scontro per localizzare i siti dei nuovi reattori. E allora: sicurezza innanzitutto, compensazioni economiche per coloro che abiteranno nelle vicinanze, ma per il momento parliamo solo dei criteri. I siti veri e propri a dopo le elezioni. Intanto, però, i governatori di quasi tutte le Regioni alzano la voce. Un niet categorico viene dalle Regioni amministrate dal centro sinistra, ma anche da quelle del centro destra i distinguo, i dubbi e i paletti non mancano. Il tutto si traduce alla fine in un antichissimo adagio: not in my back yard. Traduzione: va bene il nucleare, basta che non sia nella mia Regione.

PENA DI MORTE
AVVENIRE – Nuove regole, in Cina, per la pena di morte. Le ha diramate ieri la Suprema Corte del Popolo Cinese, invocano più clemenza e chiedono che «la giustizia sia temperata con la misericordia». In sostanza, la condanna a morte dovrà essere emanata solo in casi estremamente seri, con evidenze serie e comunque l’esecuzione deve avvenire solo in casi eccezionali, mai per minori e anziani.

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