Politica

Berlusconi vuol dire fiducia

Maggioranza assoluta per il premier, la Lega resta critica

di Franco Bomprezzi

Il Governo resiste alla prova dei numeri in Parlamento e la sopravvivenza politica di Berlusconi è di fatto il tema principale dei quotidiani di oggi. Sullo sfondo si delinea però con maggiore chiarezza la spaccatura all’interno della Lega, il che contribuisce a mantenere incerto il futuro della legislatura.

“Berlusconi resiste: una crisi è follia” è il titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA che così sintetizza le notizie politiche di ieri: “«No a una crisi al buio, sarebbe una follia, una sciagura finanziaria. Ma io non sarò premier a vita» . Berlusconi resiste: «Con Bossi hanno provato a dividerci, non ci sono riusciti e non ci riusciranno mai» . Il premier incassa alla Camera il voto di fiducia sul decreto sviluppo: 317 sono i sì per Pdl, Lega e Responsabili. È la fiducia numericamente più alta degli ultimi mesi. La maggioranza di governo si allarga, ma per Bossi «nulla è scontato» . E nella Lega si apre uno scenario di tensioni: Marco Reguzzoni potrebbe lasciare l’incarico di capogruppo”. Il racconto e i commenti nelle pagine immediatamente successive. In prima l’editoriale di Aldo Cazzullo, “Dimenticare Pontida”, che in realtà aggiunge qualche dettaglio di cronaca parlamentare non secondario: “S e davvero il vento è cambiato, nel Palazzo non ne è entrato un solo refolo. Né poteva essere altrimenti. Berlusconi ha innovato appena il look (senza doppiopetto). Per il resto, si è mimetizzato dietro Tremonti e Napolitano. Ha fatto propria la linea del ministro sui conti pubblici— subito la manovra da 40 miliardi, poi la riforma fiscale con tre aliquote— e il richiamo del Quirinale su Libia e missioni all’estero. Alla Lega ha concesso pochino. Non una parola sulla penosa vicenda dei ministeri al Nord, che rischiava di diventare un cuneo nella maggioranza; un accenno al passo indietro — «non voglio mica restare a Palazzo Chigi a vita» — evocato da Bossi a Pontida. Berlusconi è in difficoltà e lega il destino di Tremonti al proprio. Non a caso il ministro, apparso fugacemente nel dibattito al Senato, appariva innervosito. Ma i più imbarazzati erano i leghisti. La richiesta velleitaria dei dicasteri a Monza e del ritiro del sostegno alla Nato in Libia e all’Onu in Libano non ha retto più di due giorni; e non sarà certo Pontida a cambiare la dura realtà del debito pubblico, più che mai nel mirino dei mercati internazionali ora che le agenzie di rating puntano anche le grandi aziende dell’energia controllate dallo Stato. Berlusconi ne se è fatto scudo, indicando la speculazione, l’allarme per i tassi dei Bot, la responsabilità nazionale come buone ragioni per evitare una crisi di governo; e in questo passaggio è apparso più convincente di quando ha intonato la litania della riforma istituzionale e del piano per il Sud, la cui citazione suscita ormai rabbia e ilarità. Il Parlamento è stato generoso di quei voti che il Paese invece ha negato al centrodestra. Il lavorio di Verdini ha dato i suoi frutti: la maggioranza è oggi all’apparenza più solida di quella del 14 dicembre, contro cui si infranse il tentativo di Fini e delle opposizioni che ieri non hanno toccato palla”. Lorenzo Fuccaro, a pagina 2: “Camera, 317 voti di fiducia. C’è la maggioranza assoluta”, e Alessandro Trocino a centro pagina: “Scilipoti mugugna in un’aula blindata”. Un passaggio: “ Scilipoti ha apprezzato il suo ex leader Antonio Di Pietro: «Ha votato a favore, a tutela dei più deboli, a differenza di Pd, Udc e Fli» . Riavvicinamento in vista? «Ma no, che c’entra. Però alla maggioranza dico, attenzione: non puoi chiedermi sempre rinvii, devi essere responsabile anche tu, sennò arriva un momento in cui non c’è più la disponibilità a votare un rinvio» . Velate minacce di rottura da parte di un esponente che fa sentire sempre di più la sua voce, come dimostra il colloquio con Alfano. E come dimostra l’ironia di Bersani: «Appare chiaro che ormai il Pdl è a guida Scilipoti» . Forse non è proprio così, ma il ruolo dei Responsabili cresce ed è determinante. Si fa sentire anche Francesco Pionati: «Non basta l’accordo Berlusconi-Bossi, serve un salto di qualità» . Resta dietro l’angolo anche il rimpastino, ottimo per rinsaldare la maggioranza. Ci sono liberi un ministero e una poltrona da sottosegretario”. Francesco Verderami a pagina 3, sotto il pezzo dedicato al discorso di Berlusconi in Senato, scrive: “Tremonti «resiste» ma ora è più isolato”. All’atteggiamento della Lega il CORRIERE dedica due pagine, 4 e 5. Paola Di Caro: “Bossi non fuga i dubbi: nulla è scontato” e, in basso, Giuseppe Sarcina approfondisce la vicenda delle quote latte: “Multe e fondi anticancro. La guerra padana del latte”. Scrive: “«Gli allevatori che non vogliono pagare sono una piccola minoranza: un migliaio al massimo contro un totale di 38 mila aziende» , osserva per esempio Giorgio Apostoli, responsabile dell’ufficio zootecnico di Coldiretti. Di sicuro i «multati» non sono tutti uguali. Secondo i dati di Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura), 10.096 si sono messi in regola anche con l’ultima rata del piano di rateizzazione messo a punto da Gianni Alemanno nel 2003 (14 rate a interessi zero), mentre 1.231 produttori sono in ritardo. Poi ci sono altri 329 allevatori che si sono convinti a rientrare con la legge Zaia del 2009 (stavolta gli interessi sono compresi). In totale mancano all’appello 7,25 milioni di euro, da versare entro il 30 giugno, quando scadrà la proroga concessa dal governo a metà febbraio. Infine ci sono gli outsider, quelli del Cospa. Giaretta rilancia: «Non aderiamo a nessuna legge. Non vogliamo pagare e continueremo la nostra battaglia, perché i calcoli sono sbagliati, le quote sono finte come dimostra un rapporto dei carabinieri del Nac (Nucleo antifrode carabinieri ndr) consegnato al ministro Zaia il 15 aprile 2010» . Ecco, ci mancava giusto la «via giudiziaria» in questa infinita rissa a questo punto dalle conseguenze politiche imprevedibili”. Infine, a pagina 5, le beghe interne alla Lega che potrebbero portare alla sostituzione del capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni.

“Berlusconi: una follia la crisi al buio. Lite Pdl-Fini su ministeri al nord”, titola REPUBBLICA in prima pagina sotto l’apertura dedicata all’inchiesta P4. Quattro le pagine interne dedicate al tema. Pagina 10 apre con una dichiarazione del premier: “Berlusconi: una sciagura la crisi ora, andiamo avanti fino al 2013, ma non starò per sempre a Palazzo Chigi”, mentre in taglio basso Roberto Petrini svela gli effetti della riforma fiscale: “Si redditi più alti fisco meno pesante”. Nella pagina a fianco nel titolo di apertura parla ancora il Cavaliere (“La P4 il nuovo incubo del premier: fango su tutti per colpire me”), mentre Bersani dice “Il centrodestra sta ormai affondando”. Dedicate alla Lega le pag 12 e 13. Interessante in particolare l’infografica sulla galassia padana che illustra il pezzo firmato a quattro mani da Alberto D’Argenio e Rodolfo Sala: “I maroniani al contrattacco nella Lega vogliono silurare il capogruppo Reguzzoni”. Da segnalare infine i due commenti che partono dalla cover di Barbara Spinelli (“Il potere delle verità”) e di Filippo Ceccarelli (“I bizantini di Padania”). Scrive la Spinelli: «Alle rivolte generate dalla crisi, i governanti italiani reagiscono con tagli che colpiscono tutti indiscriminatamente, e soprattutto con false promesse. Tremonti stesso, oggi considerato uomo del rigore, ha mal tollerato lungo gli anni i moniti della Banca d’Italia, permettendo che nella Lega e nella destra montasse l’irresponsabilità. In un editoriale di mercoledì sul giornale greco Kathimerini, il direttore Nikos Konstandaras parla del “fascino impossibile della solitudine”: è l’illusione che la crisi non scoppierà, se gli Stati chiudono gli occhi all’Europa, al mondo, ai mercati. Certo, i mercati sono strane bestie: possono scatenarsi istericamente – hanno sete di sangue – e in questo non sono molto diversi dai militanti leghisti che reclamano meno tasse e secessione (verso quale paese del balocchi, dove non ti chiedono nulla ed è sempre domenica?). Hanno la vista corta, ma non anticipano del tutto a casaccio le catastrofi: scattano foto istantanee di governi istantanei, e ne traggono conclusioni. Accanto all’urna elettorale, sono un nostro secondo tribunale. Saranno loro, se non lo fanno altri, ad “aprire la crisi”: quella vera, che screditerà Berlusconi, che sfiderà anche l’opposizione, e metterà a nudo la presente non-politica italiana». Venendo alle questione leghisti Ceccarelli si intrattiene sulle polemiche riguardo allo spostamento dei ministeri al nord, mettendo in rilievo i tanti funanbolismi a cui è ricorsa la maggioranza per trovare la quadratura del cerchio. 

IL GIORNALE sceglie i caratteri cubitali per sottolineare la fiducia record al Governo. Sallusti scrive: «Bentornato Berlusconi. Ieri il governo ha incassato alla Camera una fiducia record, la maggioranza è tornata  a essere assoluta nonostante qualche assenza. Ma soprattutto il presidente ha fatto al Senato un discorso programmatico come da tempo non accadeva. Non una lamentela, non un’incertezza, neppure un minimo accenno al problema giustizia e ai suoi derivati tossici. Ha aperto la porta delle riforme istituzionali all’Opposizione, ha annunciato la riforma fiscale a costo zero per le casse dello Stato, ha accolto le richieste delle Lega di sbloccare i bilanci dei Comuni  virtuosi e di accelerare l’uscita responsabile dalle missioni di guerra. Ha dato alcune risposte che il Paese chiedeva e ha dimostrato, con la super fiducia, di avere i numeri in Parlamento per tornare a lavorare». E ancora: «Lo spazio per recuperare c’è. Ma il tempo stringe. Del resto la sbornia delle amministrative sta ubriacando più i vincitori che i vinti. Ieri Bersani ha respinto la mano tesa del Premier a ragionare sulle riforme. Il perchè  è ovvio. Non saprebbe cosa dire o meglio qualsiasi cosa dica spaccherebbe  ancora di più il fronte della sinistra. Perché non c’è una sola cosa che vada bene a Vendola, a Franceschini, a Di Pietro. Neppure l’idea di far cadere  davvero Berlusconi». Sui ministeri IL GIORNALE informa che “Lega e Pdl fanno (per ora) pace” e mette in evidenza le parole di Bossi «Non si può ottenere tutto subito, andiamo avanti con la raccolta firme» dopo la decisione di trasferire a Nord le sedi di rappresentanza operative, come recita un documento approvato alla Camera. Nord= Milano e IL GIORNALE annuncia già nelle pagine nazionali che «Formigoni ha messo a disposizione due piani del Pirellone».

La foto di un Berlusconi dalla fronte aggrottata campeggia nella prima pagina de IL MANIFESTO sotto il titolo “Angolo cottura”, nel sommario che rinvia alle pagine 2 e 3 dedicate ad approfondire i diversi temi, dalla legge elettorale “Bossi apre a Bersani Lo stop del Pdl «Il porcellum non si tocca»” come sottolinea il richiamo al trasferimento dei ministeri “Ministeri al Nord? Con tre ordini del giorno tramonta il sogno”, si  legge: “«La crisi sarebbe folle»: Berlusconi al Senato cerca di tenere insieme i pezzi di una maggioranza che naviga a vista. E ripete che non sarà premier a vita ma non si dimetterà. Bossi non c’è, ma perde la partita dei ministeri: alla Camera il governo vota un ordine del giorno «romano» del Pd. Il decreto sviluppo passa con la fiducia”. Norma Rangeri scrive nell’editoriale: “Governo balneare” «La sua fine è all’orizzonte, coincide con la scadenza della legislatura, e la vede anche lui (…). Silvio Berlusconi esce dal lungo, fragoroso silenzio che lo aveva accompagnato nei giorni delle elezioni amministrative. Per la prima volta parla agli elettori , in dirette televisiva, con un tono basso, restando stretto nell’angolo in cui lo spingono le sonore e ripetute batoste elettorali, la guerra per bande nel Pdl, le difficoltà inedite in cui si dibatte la Lega, il fallimento di un programma che torna a ripetere come fossimo al 1994 e diciassette anni non fossero trascorsi (…). È un Berlusconi che misura le parole leggendo per 40 minuti anche le virgole (…) Al capo dello stato si appella si aggrappa per l’appello all’unità “sui valori comuni”, e per fortuna il testo che recita non ne cita nessuno. Il leader ammaccato cammina sulle uova (…). Nulla nelle cartelle che legge come un sorvegliato speciale, senza concedersi battute fuori copione, somiglia a una nuova spinta verso un rilancio dell’impresa che lo ha visto protagonista di un’epoca politica (…)». A pagina 3 nell’articolo “Lega e Pd, arriva il «giocherellum»” in cui si parla delle aperture leghista a una riforma elettorale si chiude osservando che, usando le parole di Calderoli «Prima vedere tappeto, poi dare cammello» cioè prima senato federale e poi riforma elettorale: «Prima il senato e poi la riforma, prima il tappeto e poi il cammello. E il “Cammellum” sarebbe già pronto. Peccato che non passerà mai dalla cruna dell’ago di Berlusconi». Sempre a pagina 3 in un box dal titolo “Ministeri al Nord, il Carroccio non prende neanche una portineria” si legge: «Com’è lontana Pontida da Montecitorio. (…) È durata poco la promessa fatta da Bossi al suo popolo domenica, quando a Pontida ha assicurato il trasferimento di quattro ministeri a Milano, Monza e Mantova (…) Di fronte alla bocciatura la Lega fa buon viso a cattivo gioco. (…) L’opposizione non perde invece occasione per sparare alzo zero contro i leghisti. Bersani e D’Alema sono impietosi: “la vicenda dei ministeri al Nord si è chiusa in 48 ore – dice il segretario del Pd. (…) Lo spettacolo di questo pomeriggio – conclude D’Alema – credo sia quanto di più umiliante per la Lega».

“Obiettivo: un agosto tranquillo”, è il titolo del commento quotidiano dei Stefano Folli sulla politica: su IL SOLE 24 ORE «La maggioranza Berlusconi-Bossi, nonostante le difficoltà che conosciamo, dimostra una notevole compattezza, di cui si è compiaciuto il neosegretario del Pdl Alfano. Al contrario le opposizioni non sembrano rendersi conto di un punto cruciale: è soprattutto nelle battaglie parlamentari, prima che nelle piazze, che occorre essere credibili. Anche quando, in base ai numeri, la sconfitta è certa. Sta di fatto che Berlusconi non ha perso l’occasione di agitare questo argomento  nell’informativa del pomeriggio al Senato: opposizioni divise, incapaci di darsi una coerenza e una linea politica. Lo aveva già detto Bossi a Pontida e il presidente del Consiglio si è affrettato a ribadire il punto di vista. Dimostrare che non ci sono alternative all’attuale maggioranza, salvo il caos e la speculazione internazionale, aiuta a cementare il sostegno al governo. Al di là della freddezza della Lega e del suo desiderio malcelato di mettere fine prima o poi all’era  berlusconiana. Sotto questo aspetto Berlusconi ha vissuto una giornata positiva. Se l’obiettivo è andare avanti oltre l’estate, resistendo ai colpi dell’avversa fortuna, non c’è dubbio che il premier possa dirsi soddisfatto. Le richieste della Lega, dai ministeri al Nord alla fine dell’intervento in Libia, si sono rivelate ben poco distruttive. Certo, “nulla è scontato”, come dice Bossi. (…) Ieri l’impressione era di un governo poco vitale, forse addirittura imbalsamato, eppure in grado di reggersi sulle sue gambe. I voti continuano a esserci, l’impalcatura della maggioranza regge. Il discorso di Berlusconi è apparso piuttosto di maniera, la copia di quello pronunciato a metà dicembre. E tuttavia era del tutto funzionale all’obiettivo di durare, scavalcando l’estate grazie alla generale assenza di alternative. Quanto alle riforme, al piano per il Sud, alle tre aliquote fiscali, alla revisione istituzionale, sono temi affastellati – e non certo per la prima volta – alquanto alla rinfusa. I famosi cinque punti del programma sono sulla griglia da tempo immemorabile. Stavolta la novità è che non si parla di giustizia, s’introduce il nodo della riforma tributaria, facendo attenzione a non urtare Tremonti (peraltro assente), e si accetta l’agenda del rigore europeista. La reale praticabilità delle riforme ancora una volta annunciate non interessa più di tanto Berlusconi. L’importante è aver saldato il cerchio della maggioranza, controllato gli umori del Carroccio e verificato la tenuta dei Responsabili. Poi, ogni giorno ha la sua pena. Ma il traguardo del 2013 è lontano, ancora troppo lontano». 

Riquadro in prima pagina di ITALIA OGGI sul braccio di ferro Lega-resto del mondo (ma con tanti screzi anche interni al Carroccio) sul trasferimento dei ministeri. “Tra i leghisti è corsa ad accaparrarsi i ministeri”: secondo il quotidiano giallo, sarebbe il segretario della Lega emiliana (fedelissimo della vicepresidente del Senato Rosi Mauro) ad aver “messo il cappello” sul ministero dell’Istruzione, da portare a Bologna nel caso Milano ottenga davvero il dicastero dell’Economia. “Perché Milano sì e Bologna no?”, è il sottile ragionamento politico della corrente appenninica della Lega. Tutta la querelle interna al partito di Bossi sul tema ministeri viene ricostruita a pagina 6, dove al piede un corsivo di Cesare Maffi, dal titolo significativo: “Ai padani il trasloco non  interessa nulla”, e ragiona intorno a quello che pensa davvero la pancia della Lega, arrivando a una domanda: “Come mai i leghisti sono andati a infognarsi nella faccenda del decentramento dei ministeri?”.  Una ragione reale, dalle reali cadute elettorali, non c’è: “Per la Lega si tratta di un prezzo politico da far pagare al Cavaliere e al Pdl. Serve a riaffermare il proprio potere di trattativa e d’interdizione”.

AVVENIRE strilla le parole di Berlusconi “Non sarò premier a vita” che ieri a Palazzo Madama ha incassato la fiducia sul Decreto sviluppo a maggioranza assoluta con 217 sì. MA il Carroccio resta in trincea e oggi il Senatur non esclude colpi di scena alla Camera. Negli approfondimenti, da pagina 6 a pagina 11 sono evidenziati varie reazioni, dal commento duro di Romano Prodi: «Formule magiche non ne esistono. Chi fa discorsi sulla riduzione delle imposte viene fuori dalla luna» a quelli di Urso e Ronchi di Futuro e Libertà che condividono la necessità di «avviare subito un percorso per dar vita a un grande partito ispirato ai valori e ai programmi del Partito Popolare Europeo». Secondo Saverio Garofani del Pd «Berlusconi parla dal bunker, è fuori dalla realtà. Sul fisco tenta il gioco delle tre carte, ma ormai non incanta più». In una breve intervista Mario Baccini del Pdl sostiene che «l’Udc non tornerà nel governo ma che la prospettiva del Ppe italiano può unire». La pagina 9 è dedicata alla “minaccia del Senatur” che ieri era assente al Senato e alle nuove tensioni con la Lega. Il titolo è “Bossi: oggi alla Camera nulla è scontato”. Nel sottotitolo i commenti di Casini, “Il governo non c’è più”, e di Bersani “Più la barca affonda e più stanno attaccati”.  

“Il premier: follia aprire la crisi”. Berlusconi rilancia su fisco e riforma costituzionale, si legge in prima pagina su LA STAMPA. Bossi lo gela: nulla è scontato. Le prime pagine dell’edizione di oggi si aprono con la fiducia ottenuta sul decreto sviluppo, con un Berlusconi che usa toni bassi e un Bossi che «prova a tenere viva la suspance» scrive Ugo Magri a pagina 2, «ma nemmeno il Pd a questo punto gli crede più». Berlusconi va per battute. A Bossi: «Hanno provato in tutti i modi a dividerci ma non ci riusciranno mai», però sui ministeri al nord sorvola e quanto alla Libia ricorda che la Nato stessa indica settembre come termine della missione. Fra le tensioni LA STAMPA registra una «nuova lite tra premier e Tremonti» sulle tasse, come spiega il retroscena di La Mattina a pagina 3. Un dossier a pagina 4-5 illustra i piani del governo sulla riforma costituzionale (che prevede più poteri al premier, un senato federale e meno parlamentari), quella fiscale e la difesa, con il rifinanziamento per un miliardo delle missioni all’estero.

E inoltre sui giornali di oggi:

TERZO SETTORE
AVVENIRE – “«Welfare senza fondi»?L’urlo del Terzo settore” è il titolo di pagina 13 che parla sul presidio organizzato domani dal Forum del Terzo Settore a Montecitorio e in altre tredici città d’Italia. Dal 2008 i tagli sono arrivati all’80%: uno smantellamento del welfare graduale quanto silenzioso. «L’azione dell’attuale esecutivo è quella di relegare il Terzo settore in una sfera puramente assistenzialistica, a sfondo caritatevole. In questo modo le tutele dei diritti sanciti dalla legge 328 di 11 anni fa si stanno sgretolando. A pagare un prezzo salato sono le famiglie, gli anziani, i malati, ovvero l’80% della popolazione italiana, fanno notare gli organizzatori, con un colpo ben assestate al fondamentale principio di sussidiarietà», ha spiegato Lucio Babolin, portavoce della campagna.

OBAMA
REPUBBLICA – “Obama: via dall’Afghanistan 10mila uomini”, apre così pagina 17 col pezzo di Federico Rampini in cui si dà conto della svolta americana: «L’annuncio ufficiale arriverà probabilmente nel discorso televisivo alla nazione che il presidente Barack Obama terrà domani sera in prime-time (le 20 negli Usa, le 2 del mattino in Italia), ma già oggi fonti ufficiali della Casa Bianca hanno confermato alle maggiori agenzie di stampa quel che i media stanno ipotizzando da tempo. Il ritiro si articolerà in più fasi. Un primo scaglione di cinquemila soldati comincerà a lasciare il Paese nel mese di luglio, così come Obama aveva promesso annunciando la sua nuova strategia di difesa nel dicembre del 2009. I restanti diecimila faranno ritorno a casa a fine anno, in un periodo di allentamento dei combattimenti che in Afghanistan si intensificano tra la primavera e l’estate. Si tratta della prima tranche dei 30.000 militari che entro la fine del 2012 si ritireranno dal Paese asiatico. Entro il 2014, nelle intenzioni di Obama, il controllo dell’intero Afghanistan sarà trasferito nelle mani della sicurezza afgana».

NAPOLI
IL MANIFESTO – Richiamo in prima “De Magistris sfida i «sabotatori»” e un’intera pagina dedicata al tema dei rifiuti napoletani. A pagina 5 ampio spazio alla “sfida” del neosindaco. «Tutti riuniti in regione, ieri pomeriggio, per cercare di sbloccare la crisi rifiuti di Napoli e del suo hinterland, presenti al tavolo anche i rappresentanti delle cinque province (di persona o via telefono) perché, se il governo non sblocca i flussi fuori regione, allora l’unica possibilità che resta è mandare l’immondizia negli altri territori campani (…) Luigi De Magistris parla di sabotaggio, indiziate le lobby dei termovalorizzatori (il comune di Napoli non vuole l’impianto nella zona est), quelle delle discariche e quelle che si occupano di trasporti, una zona grigia tra imprenditori e camorra (…)». Ampio spazio anche all’intervista a Raphael Rossi, il presidente dell’Asia, la municipalizzata che pulisce le strade. Si occupa anche della raccolta porta a porta della differenziata e osserva: «I 146mila abitanti che già fanno la differenziata spinta hanno conseguito risultati migliore delle migliori esperienze italiane, quindi è solo una questione di organizzazione (…)»

CIBO
AVVENIRE – “Un limite a chi specula sul cibo dei più poveri” è il titolo del richiamo in prima che rimanda a pagina 3, tutta dedicata al vertice dei ministri dell’Agricoltura del G20. L’obiettivo: individuare una soluzione per mettere un freno alla follia dei mercati finanziari. Gli eccessi nel ricorso ai «futures» hanno drogato i listini delle materie prime alimentari, affamando intere popolazioni. I Paesi del G20 cercano un’intesa per dire basta. Secondo Olivier De Schutter, relatore speciale delle Nazioni Unite per il diritto al cibo«E urgente defnire regole per fermare gli abusi dei mercati e il vertice francese può essere decisivo». Il taglio basso “Moratoria in Borsa e aiuto ai produttori” cita la campagna “Sulla fame non si specula” promossa da Vita e le proposte del Comitato per la sicurezza alimentare.  Di svolta etica necessaria parla anche l’editoriale intitolato “Un mercato da redimere” di Giulio Albanese che scrive: «inutile nasconderselo, oggi il cibo viene trattato alla stregua di qualsiasi altra merce da parte di un’«alta finanza» mondiale che guarda tendenzialmente alla massimizzazione dei profitti. E la mancanza di una saggia regolamentazione dei mercati continua a determinare un’esplosiva e mortale emergenza alimentare su scala planetaria. Basta aprire gli occhi per rendersi conto che la mancanza di un effettivo contenimento della “volatilità” delle quotazioni dei prodotti agricoli sta avendo effetti devastanti in molti Paesi del Sud del mondo, soprattutto tra i ceti meno abbienti. E chi non riesce a vedere e capire potrebbe almeno sforzarsi di ascoltare la voce accorata dei nostri missionari».

OPERAI
CORRIERE DELLA SERA – “Nasce il nuovo operaio. Aziendalista e apolitico”: bella pagina di approfondimento, la 13, dedicata da Dario Di Vico all’indagine commissionata dal Partito Democratico a Swg “sulla condizione operaia in Italia” e presentata a Genova durante la conferenza nazionale sul lavoro. “Di grande interesse (e novità) è anche il giudizio operaio sulle risposte messe in campo davanti alla recessione – scrive Di Vico -. Qui la «prossimità» o «complicità» con il datore di lavoro balza fuori netta. Alla domanda come «la tua azienda ha saputo rispondere alla crisi» gli operai del campione Swg rispondono per il 72%«molto bene o abbastanza bene» . Solo il 28%è critico nei confronti del proprio padrone per le scelte che ha fatto/non fatto per arginare il vento contrario. Se la stessa domanda («come ha saputo rispondere» ) ha come soggetto il sindacato, il giudizio degli operai cambia radicalmente e si fa severo. Solo il 33%pensa che i sindacati abbiano risposto «molto o abbastanza bene» alle sfide della crisi, mentre il 67%li boccia senza appello. Nei confronti del sindacalismo i lavoratori sono in generale molto critici. Solo il 31%valuta positivamente l’azione dei propri delegati di fabbrica, la percentuale scende al 26 quando la domanda riguarda i funzionari sindacali esterni (di territorio) e precipita al 22%quando il giudizio è richiesto sui leader nazionali”. 

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