Non profit
Berlusconi, Surace e i giudici
Un lettore pone l'accento sui casi di giustizia errata.
Caro direttore, ho seguito un paio di anni fa il caso di Stefano Surace, messo in prigione alla vigilia di Natale del 2001 a causa di una condanna per tre articoli ?diffamatori? pubblicati oltre trent?anni fa. A suo carico tre condanne (due per diffamazione e una per pubblicazione oscena) per le quali doveva scontare in tutto 2 anni, 6 mesi e 12 giorni. Così dopo trent?anni (!), per lui erano scattate le manette e si erano aperte le sbarre del carcere di Poggioreale. Non importa se i reati risalivano a più di trent?anni fa, e se almeno uno di essi (la pubblicazione oscena) oggi fa sorridere di fronte a un qualsiasi spot televisivo. Surace è uscito il 16 agosto 2002 per ragioni di salute e per la reazione massiccia dei media italiani e del mondo intero (persino Le Monde si occupò del suo caso in prima pagina).
Che dire allora, quanto a condizioni mentali, di magistrati che han messo in galera un giornalista dopo trent?anni? Che dire di magistrati che condannano Andreotti a 24 anni di galera come mandante dell?assassinio di Pecorelli, senza però neanche aver trovato gli esecutori materiali? Che dire dei magistrati del caso Tortora? Che dire di magistrati che tengono oltre 5mila cittadini in galera per farceli stare per anni e anni, avendoli condannati in loro assenza (cioè in contumacia) e tuttavia dichiarando definitive ed esecutive quelle condanne infischiandosi delle tre suddette Corti Supreme ? Che dire di magistrati capaci di battere ogni record di irrealtà facendo sì che l?Italia è incomparabilmente la più condannata fra le 43 nazioni firmatarie della Convenzione europea dei diritti dell?uomo? Che dire di magistrati che massacrano nelle aule i 16.788 detenuti stranieri il cui diritto alla difesa è solo un?ipotesi? Ciampi, da buon Presidente della Repubblica, dichiara che gli italiani hanno fiducia nella loro magistratura. Quando dai sondaggi emerge il terribile risultato che l?hanno solo l?8%. So che non pubblicherete questa lettera, ma meditate gente, meditate.
Paolo Esposito, Napoli
Caro Paolo e perché non dovremmo pubblicare la sua lettera? Sono del tutto convinto che la magistratura italiana debba difendersi innanzitutto da se stessa, dai troppi torti inferti soprattutto ai più deboli, dalla sua pretesa immunità, dalle lungaggini della sua burocrazia. Resta il fatto che un Presidente del Consiglio non può parlare come al Bar sport, primo perché il peso delle sue dichiarazioni ha conseguenze diverse da una chiacchiera al bar, secondo perché un capo del governo non può limitarsi a denunciare, un giorno sì e l?altro pure, i difetti della nostra giustizia, ma ha il dovere di cambiare le cose (e non solo quelle a proprio vantaggio).
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