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Berlusconi si barrica al Senato
Dimissioni formalizzate dai finiani, il Governo verso la crisi
La settimana politica si apre con le dimissioni dal Governo dei finiani. Un atto che apre anche formalmente la crisi. Due le notizie della domenica sulle prime pagine dei giornali. La sfida di Berlusconi: “Andiamo a votare solo per la Camera”, e la vittoria di Giuliano Pisapia alle primarie del centrosinistra a Milano, spiazzando il Pd, che aveva puntato tutto su Stefano Boeri.
- In rassegna stampa anche:
- PRIMARIE A MILANO
Il CORRIERE DELLA SERA titola: “Al voto solo per la Camera”. Una telefonata di Berlusconi durante la manifestazione del Pdl a Milano lancia sul tavolo della crisi questa nuova provocazione. Avanti a governare ottenendo la fiducia al Senato. Se alla Camera la maggioranza cade, si voti solo per la Camera. Il CORRIERE dedica molte pagine ai passaggi di questa lunghissima crisi politica. Il riferimento di Berlusconi è l’articolo 88 della Costituzione che viene riportato per intero a pagina 2: “Il presidente della Repubblica può, sentiti i loro presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse”. Un aggancio che però appare subito debole e non gradito a Napolitano. “Quirinale in trincea sui poteri” è il titolo a pagina 3. “La risposta è laconica e precisa – scrive Marzio Breda – «Ogni decisione relativa a quell’articolo è di esclusiva competenza del capo dello Stato, che intende esercitarla rigorosamente». Il che significa che le perentorie ipotesi disegnate dal premier sull’annunciato dopo-sfiducia di Montecitorio (mentre a Palazzo Madama spera di cavarsela) sono considerate improprie, in quanto non di sua competenza”. Nelle pagine successive si analizzano i numeri, si cercano testimoni della fase di passaggio, con titoli come: “Urso e l’addio: mia madre ha detto che faccio bene”, oppure “Melchiorre: non sosterrò Berlusconi”. E a pagina 6 intervista nientemeno che a Stracquadanio: “Alfano è freddino. La Carfagna? Tormentata”… Intanto nel centrodestra prende forma la nuova alleanza Casini-Rutelli-Fini: “Il terzo polo incalza il premier «Accetti un nuovo esecutivo»” è il titolo di apertura a pagina 9. Ma Massimo Cacciari rilancia: “I tre partiti non bastano. Serve Montezemolo”. Insomma la confusione è grande sotto il cielo della politica.
LA REPUBBLICA apre con “Elezioni? Solo per la Camera”. Il virgolettato del premier viene spiegato nel sommario: “Berlusconi sfida il Quirinale. I finiani: si dimetta. Oggi via i ministri Fli”. Una situazione sempre più tesa e confusa: da una parte il gelo del Colle (cui spetta di decidere cosa fare), dall’altra gli strappi del Cav (che continua a invitare alla non lettura dei giornali e ad attaccare la rai). Il premier avrebbe una strategia molto precisa, spiega Carmelo Lopapa nel suo retroscena: aspettare la fiducia per riassegnare i dieci posti resi liberi da Fli e vacanti per le dimissioni o le promozioni recenti (Cosentino, Romani) in modo da poterli usare a suo piacimento, senza andare da Napolitano come invece vorrebbe la prassi istituzionale. «L’unico in grado di parlare al popolo sono io» avrebbe detto ai suoi in un momento di modestia. Dal canto loro, Fini Casini Lombardo e Rutelli presenteranno la loro mozione di sfiducia all’ultimo momento. Puntando su un governo di larghe intese. Quanto all’alleato Bossi, è convinto che «Silvio voglia andare alle elezioni» e che perciò «giochi al ribasso». Il rialzo sarebbe un Berlusconi bis… In mezzo le reazioni dell’opposizione, a cominciare dal Pd, che apre a un’alleanza con Fli (nonostante lo stop di Di Pietro e di Vendola). Il ragionamento di Franceschini è netto: «Siamo a una emergenza democratica. La priorità è chiudere a ogni costo con Berlusconi. Ci ritroveremmo su basi comuni, come la difesa della legalità, il senso dello stato, il ritorno alle regole. Alla fine di questo percorso, si torna a una normale alternanza tra centrosinistra e centrodestra». Una tesi che riflette un certo smarrimento, ma che è corroborata da una doppia intervista a Briguglio (Fli: “Noi ex An già pronti al patto per costruire la Terza Repubblica” dice il titolo, mentre nel testo Briguglio esplicita le priorità, fra cui la legge elettorale e chiarisce che il leader naturale della coalizione sarebbe Fini) e a Bindi (“Accordo in nome della Costituzione i democratici capiranno” è il titolo con cui la presidente del Pd rilancia la coalizione per battere la degenerazione istituzionale).
“E’ tornato Berlusconi” è il titolo in prima pagina del GIORNALE che per descrivere il paesaggio politico ricorre «a Tolkien all’assedio di Mordor a Minas Tirith con la sconfitta di Gondor data per scontata prima che la battaglia inizi». Ma se è vero che l’assalto al Cavaliere è imponente come non mai, sarebbe un errore sottovalutare l’innata capacità di Berlusconi di uscire a sorpresa dalle situazioni più difficili. IL GIORNALE mette in evidenza i piani del Premier «Fiducia al Senato. Se poi a Montecitorio ci votano contro, sciogliamo solo la Camera e torniamo alle urne. Il 60 per cento degli italiani sta con noi: non ascoltate i giornali e questa Rai indecente». Un box mette in evidenza che «l’ipotesi di sciogliere un solo ramo del Parlamento si può, lo dice l’art. 88 della Costituzione». Per IL GIORNALE la Lega «non cede ai ribaltoni e punta sul Silvio bis» e ammette: «che l’opposizione ha promesso il federalismo ma restiamo fedeli a Berlusconi». Molto spazio al Senatur che a Bergamo alla risposta chi c’è dopo Berlusconi, avrebbe risposto «Io, poi vedete…». In una spalla intervista a Francesco Pionati, di alleanza nazionale e ex cronista parlamentare che cerca di uscire dal quadro e dice: «per non dire addio allo scranno, meglio tenersi stretti Berlusconi con qualche artificio da furbetti dl parlamentino, tipo un’assenza tattica. Chi spera nella crisi somiglia al tacchino che inneggia al Natale».
Naturalmente, essendo lunedì, IL SOLE 24 ORE non da spazio sul cartaceo alla politica. Online invece, il quotidiano economico tiene il punto sulla situazione. Celestina Dominelli firma “Alle 13 i finiani presentano le dimissioni irrevocabili dal governo. Berlusconi: al voto solo per la Camera”. La giornalista sottolinea che «il primo atto ufficiale della crisi di governo si consuma oggi. Alle 13 quattro finiani e un sottosegretario del Mpa presenteranno a Gianni Letta una lettera di dimissioni irrevocabili dal governo: si tratta del ministro per le Politiche comunitarie Andrea Ronchi, del vice ministro al Commercio estero Adolfo Urso e dei sottosegretari per l’Ambiente Roberto Menia e per le Politiche agricole Antonio Buonfiglio. A loro si aggiungerà il sottosegretario alle Infrastrutture e trasporti dell’Mpa Giuseppe Maria Reina. I cinque invieranno a Silvio Berlusconi la lettera con le proprie dimissioni dall’esecutivo, («tre righe asciutte senza commento», ha spiegato Bonfiglio) e dopo tante parole saranno i fatti a scandire il percorso di una crisi che nasce al buio e al buio procede». Interessante il fatto che «Bocchino non ha escluso in questa fase di aprire a un governo di coalizione che comprenda anche il centro-sinistra». Nel frattempo il premier studia le contromosse. «Il giorno dopo la lettera ai presidenti delle due Camere in cui ha ufficializzato la sua road map (prima la richiesta di fiducia al Senato e poi alla Camera, ma solo dopo il via libera alla finanziaria), il premier Silvio Berlusconi ha rilanciato intervenendo telefonicamente alla manifestazione organizzata dal Pdl a Milano. Così il cavaliere ha detto che pronto a chiedere lo scioglimento della sola Camera nel caso in cui l’esecutivo non raccogliesse la fiducia in questo ramo del Parlamento. “Se così non fosse”, avverte il premier, “credo che dovremo andare di nuovo a votare solo per la Camera”. Un’ipotesi, prevista dall’articolo 88 della Costituzione, che era già circolata nei giorni scorsi per bocca del ministro della Difesa,l’ex An Ignazio La Russa e ripresa ieri anche dal collega della Funzione pubblica, Renato Brunetta».
«Il premier: fiducia o voto» è il titolo di apertura sulla prima pagina de LA STAMPA. «Ma solo per rinnovare la Camera», precisa il catenaccio. Il retroscena di Federico Geremicca si occupa della reazione di Giorgio Napolitano: «Il colle infastidito» è il titolo. Sarebbe questa la posizione del presidente della repubblica «se lo sviluppo della crisi dovesse mettere in chiaro l’impossibilità tanto della «ripartenza» del governo in carica quanto della nascita di un nuovo esecutivo, il Capo dello Stato scioglierà entrambe le Camere richiamando gli italiani alle urne». Eppure il capogruppo di Futuro e Liberta, Italo Bocchino si dice pronto a un «governo anche con la sinistra». Nel frattempo Michele Brambilla descrive da Milano «L’autunno del berlusconismo». Scrive Brambilla: «C’ è un’aria un po’ malinconica quando, alle 12,35, l’imbarazzo per un collegamento telefonico che stentava ad arrivare viene finalmente interrotto da un pacato “eccomi qui”. È lui, è il presidente. A sorpresa parla da Roma ai suoi fedelissimi che si sono svegliati presto di domenica per dargli la solidarietà in questo momento difficile e confuso. Ma proprio perché non attesa, la telefonata di Berlusconi arriva quando ormai il Teatro Nuovo si è già in parte svuotato. Il presidente non può vedere le sedie vuote, ma è come se le vedesse: parla pochi minuti, la sua voce pare stanca, di certo non è quella gioiosa dei giorni delle vittorie, né quella arrembante di tante chiamate alle armi. Anche la scenografia è dimessa». Ma Marcello Sorgi nel suo editoriale avverte: «Berlusconi non ha affatto deciso di farsi da parte, ed anzi è tornato da Seul deciso a battersi con tutte le sue forze. Per restare al suo posto, o per tornarci a furor di popolo dopo le elezioni. Non lo sfiora minimamente l’idea di arrendersi al logoramento a cui è sottoposto da settimane, e a cui negli ultimi tempi era sembrato sul punto di soccombere». Forse il suo ciclo è al termine ma «Se invece, com’è già accaduto, alla fine dovesse aver ragione lui ancora una volta, si può star certi che avremo delle sorprese e ne vedremo di tutti i colori».
E inoltre sui giornali di oggi:
PRIMARIE A MILANO
LA REPUBBLICA – Vince Pisapia che batte Boeri il candidato del Pd. Una vittoria netta che spiazza il partito. «Saranno ora proprio i dirigenti del Partito democratico a dover fare le analisi più profonde di un voto che ha premiato oltre le aspettative anche il terzo candidato, il costituzionalista Valerio Onida, che porta a casa il 13,4% dei consensi», scrive Oriana Liso. In sintonia del resto con Curzio Maltese che, in “La nuova speranza della sinistra”, aggiunge: «Milano può tornare a essere un laboratorio centrale della vita politica italiana».
CORRIERE DELLA SERA – “Effetto Vendola” è il commento di Michele Salvati, che parte in prima e continua a pag.11: “Il Pd non ha fatto male a sostenere un candidato: questo è il ruolo che la Costituzione e la tradizione politica europea gli assegnano. Come in Puglia, così a Milano, non è però stato in grado di convincere l’area riformista, di cui è il principale esponente politico, delle ragioni che lo inducevano ad avversare la candidatura di Pisapia e a scoraggiare la frammentazione delle candidature. Ha manifestato incertezze e ritardi, insieme ad una evidente carenza di egemonia culturale, si sarebbe detto una volta. Insomma, ha subito una secca sconfitta politica”.
IL GIORNALE – “Bersani umiliato a Milano dal comunista Pisapia” « sarà l’ex di Prc a sfidare Letizia Moratti alle comunali del 2011. Pisapia ha commentato: «Abbiamo fatto un miracolo, adesso ce ne aspetta uno più grande: battere la Moratti». Fra i commenti quello di Roberto Formigoni: «è il loro metodo per trovare il candidato che sarà sconfitto».
IL SOLE 24 ORE – Spazio anche alle primarie milanesi con “Giuliano Pisapia vince le primarie del centrosinistra a Milano. Sfiderà Letizia Moratti” di Sara Bianchi e Sara Monaci. «L’avvocato penalista ha battuto Stefano Boeri nel testa a testa delle primarie del partito democratico. A lui sono è andato il 45,36% delle preferenze. L’architetto, indicato dal partito come candidato di riferimento si è fermato al 40,16 per cento. Che tra i due sarebbe stata una lotta all’ultimo voto lo dicevano tutti i sondaggi della vigilia, nel Partito democratico però in molti contavano sulla vittoria di Boeri». Il dato più importante però è che «il popolo delle primarie è arrivato appena solo a quota 67.499, il Pd contava esattamente sul doppio, centomila. Il dato è in netto calo rispetto alle primarie del 2006, alle quali parteciparono in 82mila per scegliere come candidato alla poltrona di sindaco l’ex prefetto Bruno Ferrante». E questo da vita ad un altro ragionamento: «E’ vero che Stefano Boeri, il candidato che il Pd ha appoggiato, ha perso d’un soffio, ma certo questo non basta a lenire la ferita. Anche perché le code che in alcuni casi si erano create tra i 128 seggi, nonostante la pioggia, avevano fatto sperare in un dato sull’affluenza migliore. Ora, dopo le primarie, resta da vedere cosa faranno i centristi. Che presentino un loro candidato è quasi certo e il fatto che corra Pisapia potrebbe indurre Gabriele Albertini a sciogliere gli indugi. Perché se l’ex primo cittadino voleva evitare di scontrarsi con Stefano Boeri, considerato più vicino al centro, adesso con Pisapia le cose cambiano. Le similitudini con il caso pugliese di Nichi Vendola, grande supporter dell’avvocato penalista, appaiono sempre più evidenti».
LA STAMPA – Chiude il primo piano sulla politica con la pagina dedicata alla vittoria di Giuliano Pisapia alle primarie milanesi. «Effetto Vendola sotto il Duomo, debacle Pd» scrive Marco Alfieri. In attesa di capire «se la partita ambrosiana, si giocherà in solitaria o abbinata all’election day nazionale». Alfieri spiega così il risultato: «L’idea del voto utile pro Boeri» si è rivelata «fallace. Ha vinto piuttosto l’apatia democratica insieme alla narrazione vendoliana di superamento della dicotomia riformisti/radicali per 15 anni». Ora Per Pisapia il compito è «proibitivo: dovrà tirare fuori un’idea di città convincente anzitutto nelle periferie egemonizzate dal forzaleghismo (ieri si è votato poco oltre la seconda circonvallazione)».
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