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Berlusconi, furore contro la Procura

Scontro istituzionale senza precedenti, ore di tensione

di Franco Bomprezzi

Ingorgo giudiziario e conflitto istituzionale: giornate difficili per la democrazia italiana, visto l’acuirsi dello scontro fra il premier Berlusconi e la Procura milanese. I giornali non possono fare altro che occuparsi, prima di qualsiasi altro argomento, di questa guerra senza quartiere.

“Pm eversivi, farò causa allo Stato”, apre così, con le parole pesanti di Silvio Berlusconi, il CORRIERE DELLA SERA. Servizi fino a pagina 9. In prima la sintesi della giornata: “Sul caso Ruby rischia di aprirsi una grave crisi istituzionale tra governo e magistratura. La Procura di Milano ha chiesto il giudizio immediato per il premier in base a prove considerate tanto evidenti da permetterne una richiesta di condanna. Berlusconi attacca i pubblici ministeri, li definisce «eversivi», parla di «schifo» e di «vergogna», annuncia una causa contro lo Stato e annuncia che è pronto a portare al Quirinale il decreto legge sulle intercettazioni. Richiesta di incontro che non risulta pervenuta al Colle. Il Pdl, dopo un vertice a palazzo Grazioli: «Gravissimo uso politico della magistratura». In prima parte il commento di Giovanni Bianconi: “L’equilibrio da ritrovare”, che prosegue a pagina 13: “Di ora in ora hanno preso corpo ipotesi sempre più clamorose: da un repentino decreto legge sulle intercettazioni alla denuncia dei magistrati per «attentato contro organi costituzionali» che al di là delle smentite sono il sintomo di un clima che sta diventando irrespirabile. Fino al documento del Pdl contro la Procura di Milano, accusata di arbitrii, nefandezze e irresponsabilità varie. E’ una progressione che rischia di tramutarsi in degenerazione, lasciando intravedere il precipizio in cui potrebbero cadere i rapporti tra i poteri dello Stato. Con un danno incalcolabile per le istituzioni, che non risparmierebbe nemmeno il governo impegnato – almeno nei progetti annunciati – a rilanciare l’iniziativa politica per affrontare la crisi economica e altre importanti questioni”. Interessante il retroscena raccontato come sempre da Francesco Verderami a pagina 3: “Offensiva in Parlamento, parte la «chiamata alle armi»”. “Non sarà certo una guerra lampo – spiega Verderami – ma un’estenuante guerra di posizione, che avrà nel Parlamento il suo campo di battaglia, e che inizierà con la richiesta del conflitto di attribuzioni per il caso Ruby. Sarà il primo atto, a cui seguirà una controffensiva legislativa sul processo breve e sulla riforma delle intercettazioni. E siccome il premier ritiene che tutto ciò non basti, ha chiesto lo studio di provvedimenti che incidano nel rapporto tra politica e magistratura, e i cui effetti possano dispiegarsi nell’arco temporale di questa legislatura”. Intanto le indagini napoletane, rispetto alle quali la Procura di Milano ha già detto che non intende al momento prestare attenzione, rivelano nuovi episodi decisamente imbarazzanti: “La Tommasi e il viaggio a Sofia sull’aereo presidenziale” è il titolo del pezzo a pagina 6 di Fulvio Bufi e Fiorenza Sarzanini. “Il viaggio risale al 14 giugno scorso – scrivono i giornalisti del CORRIERE – Era una visita ufficiale a Sofia durante la quale il capo del governo inaugurò la statua di Giuseppe Garibaldi alla presenza del primo ministro Boyko Borisov. Sull’aereo di Stato c’era effettivamente la starlette nota per aver partecipato ad alcuni programmi televisivi e all’Isola dei famosi. È Amirante a ricordare che cosa avvenne nelle ore precedenti: «Avevamo organizzato una serata in una discoteca di Varcaturo e Sara doveva sponsorizzare una ditta locale. All’improvviso fu chiamata da Sgarbi che le disse di tornare immediatamente a Roma perché dovevano partire. Lei cominciò ad agitarsi, poi si mise a piangere. Mi urlava che quando loro la chiamavano lei doveva essere pronta. Io le spiegai che avevamo firmato un impegno di lavoro e bisognava rispettarlo, ma Sgarbi continuava a tempestarla di telefonate e alla fine mi obbligò ad accompagnarla sull’autostrada, all’uscita di Caianiello, dove lui la venne a prendere con l’autista. Le parlai il giorno successivo e mi disse che era tornata ma stava malissimo e si era dovuta far ricoverare per un’intossicazione». Tutti gli episodi rivelati da Amirante dovranno essere adesso verificati. Anche perché fu proprio lui a raccontare al telefono ad un amico di aver visto la Tommasi, a Roma, mentre veniva «prelevata e portata via dalle guardie del corpo di Berlusconi». Una circostanza che Palazzo Chigi ha seccamente smentito, sostenendo che mai la ragazza è stata a bordo delle auto del presidente”.

 “Berlusconi, guerra totale ai pm”: un titolo forte per LA REPUBBLICA che allo scontro fra premier e magistrati milanesi dedica 8 pagine. Da una parte la «prova evidente» dei giudici, dall’altra una reazione senza precedenti (compresa la minaccia di far causa allo Stato) che le opposizioni hanno accolto commenti al limite del sarcasmo. «Quella di Berlusconi è demenza senile», secondo l’udc Carra; Anna Finocchiaro parla di «spasmo finale di un potere che non ha nessun’intenzione di cedere le armi». Per Di Pietro, «il Pdl ha firmato un testo di cui si devono vergognare» (in cui è scritto, fra l’altro, che la procura di Milano è un covo di «un’avanguardia politica rivoluzionaria», che «agisce come un vero e proprio partito politico»). Di spalla l’intervista a Dario Franceschini che parla di «emergenza democratica»: spero, dice il presidente dei deputati Pd, che qualcuno spieghi a Berlusconi «che un decreto d’urgenza non è possibile… Limitare, l’uso delle intercettazioni, o addirittura proibirle, significa fare il più grosso regalo alla criminalità». Il retroscena di Bei e Rosso, dovrebbe però tranquillizzare Franceschini: “Scontro Napolitano-Cavaliere Il Quirinale nega un incontro e si prepara a fermare il decreto”. Di fronte all’ipotesi lanciata ieri da Berlusconi (faremo un decreto contro le intercettazioni), il gelo del presidente. Le colombe del Pdl, caso mai respirino ancora, «capiscono di aver perso la partita». Quanto all’inchiesta, il procuratore capo Bruti Liberati rilascia un’intervista per dire: “Ho seguito tutta l’inchiesta nessun abuso di intercettazioni”. E nessuna violazione alla Costituzione: la telefonata in Questura non è «un reato ministeriale». Infine, un editoriale firmato da Agostino Giovagnoli: “Costruire il futuro”. Molti pensano che Berlusconi sia finito, un «pensiero diffuso anche tra i cattolici, molti dei quali hanno chiuso in cuor loro, ma hanno paura di ciò che potrebbe venire dopo». «Un problema che può trasformarsi in una chance: oggi, chi vuole cambiare il presente è obbligato a immaginare il futuro». «L’Italia ha bisogno di un rinnovamento sostanziale che dia a tutti speranza. Etica laica e morale cattolica si trovano inaspettatamente a convergere nell’esigenza di sostituire una narrazione più felice a quella proposta dall’autunno berlusconiano».

Il GIORNALE, quotidiano della famiglia Berlusconi, dedica ampio spazio a pag 2 allo sfogo del premier «Silvio Berlusconi è letteralmente fuori di sé. E se in pubblico il Cavaliere è senza freni, i commenti che affida ai sui interlocutori nelle conversazioni private sono irripetibili». Il pezzo “Il cavaliere alla guerra vuole denunciare i Pm: il Colle non può tacere“ passa poi all’analisi delle potenziali mosse del premier: possibile un incontro con il Presidente della Repubblica in giornata, mettere le mano alle intercettazioni con un decreto, ma anche giocarsi la partita in piazza. Infatti, come si legge nel pezzo «visto che Berlusconi considera la situazione ormai arrivata a un punto di non ritorno e non esclude, dunque, di rispondere con la stessa moneta alla manifestazioni anti Cavaliere in programma nei prossimi giorni». Il GIORNALE pubblica anche un’intervista a Piero Ostellino “Sono i nemici di Berlusconi a calpestare la democrazia” nella quale, l’editorialista del Corriere, afferma che si usa la donna per ragioni politiche, che c’è un clima da pre-fascismo, e che aderirà alla manifestazione pro-Berlusconi di sabato prossimo al Teatro del Verme di Milano lanciata sul Foglio da Giuliano Ferrara. Parlando di manifestazioni, a pag 9, IL GIORNALE pubblica l’articolo di Marina Ripa di Meana che oggi compare sul Foglio, nel quale esorta la figlia Lucrezia Lante della Rovere a non partecipare alla manifestazione femminista anti Cav. Il pezzo s’intitola “Figlia mia, evita il corteo: è solo roba da snob“.

È la vignetta di Vauro ad aprire la prima pagina de IL MANIFESTO. Nel disegno il logo delle Br con la stella a cinque punte e le iniziali B.B. ovvero Brigate Berlusconi. Un uomo incappucciato con un revolver in  mano dice: «Colpire al cuore dello stato!», nel sommario il contesto: «”Uno schifo”, “un attacco al parlamento”. Berlusconi e Bossi a testa bassa contro i giudici. Il premier minaccia di fare causa allo stato, riunisce lo stato maggiore nel bunker di palazzo Grazioli, e definisce il tribunale di Milano “un’avanguardia rivoluzionaria” che attacca le istituzioni. La notizia del rito immediato arriva durante il consiglio dei ministri che cancella l’articolo 41 della Costituzione», tre le pagine che affrontano i vari aspetti (dalla 2 alla 4) che si aprono con il titolo «L’ira totale del caimano», mentre in prima pagina l’editoriale è affidato a Gaetano Azzariti che sotto il titolo «Il sovrano surreale» scrive: «”Farò causa allo Stato”, sarebbe questa la reazione di Berlusconi alla richiesta di rito abbreviato presentata dalla Procura di Milano. Vista la nota propensione a raccontar barzellette del nostro Presidente del Consiglio si può pensare che si sia trattato solo di una malriuscita battuta di spirito. Se, invece, si dovesse prendere sul serio l’affermazione riportata dalle agenzie di stampa, essa apparirebbe sintomatica di una concezione premoderna dei rapporti tra poteri, estranea alla nostra cultura democratica e costituzionale (…). Una barzelletta se s’immagina il “Capo” del governo che fa causa a se medesimo (…)» e prosegue: «(…) A noi non rimane che prendere sul serio quanto è stato detto. La dichiarazione è grave e inquietante perché tende a negare ogni autonomia ai poteri dello Stato, a quello giudiziario in particolare. (…)» e conclude: «(…) Per cortesia Cavaliere, si faccia processare. Dimostri, se può, in quella sede la sua innocenza, almeno la non rilevanza penale dei suoi comportamenti privati: l’onore del paese ne verrebbe sollevato. Se è convinto che la procura di Milano non abbia “né la competenza territoriale né quella funzionale” faccia come tutti: lo dica al giudice che dovrà valutare l’operato della procura, eserciti i suoi diritti di difesa. Ma non fugga dal processo, non è più il tempo antico del “diritto sovrano”. E poi, signor Presidente se lo faccia dire: se proprio non crede alla giustizia perché vuol far causa allo Stato?». Sempre in prima pagina iniziano i commenti di Massimo Recalcati «Uomini e no. L’osceno godimento del tiranno», e quello di Lia Cigarini «13 febbraio – La retorica del silenzio». Scrive Recalcati: «(…) Il consenso apparentemente inespugnabile di cui gode Silvio Berlusconi va tarato anche sulle dinamiche pulsionali della nuova psicologia delle masse dove il capo non è più l’emblema dell’Ideale, della Causa o, più semplicemente, di una concezione del mondo – com’era ancora nella nostra storia più recente -, ma è l’incarnazione perversa di un modo di godimento che non conosce limiti, senso di colpa, vergogna. La fascinazione che questo potere emana non deve essere sottovalutata perché si radica nel cuore più pulsionale dell’essere umano: perché mai limitare il godimento dell’Uno, perché rinunciare a godere di tutto (o di tutte)? (…)».
 
“Berlusconi adesso grida al Golpe”. ITALIA OGGI dedica un pezzo alla reazione del premier alla richiesta del rito immediato che mette in evidenza la volontà di Berlusconi di resistere ma soprattutto i pensieri del premier espressi durante l’Ufficio di presidenza del Pdl di ieri che sono stati rimarcati in un documento di cui il quotidiano dei professionisti riporta alcune battute: «A Milano si sta consumando un caso gravissimo di uso politico della giustizia in un paese come l’Italia che pure negli ultimi 17 anni aveva conosciuto numerosi tentativi della magistratura militante di sovvertire il verdetto spiegando che democratico». Ma anche: «Il venire meno dei contrappesi nei rapporti tra poteri dello Stato, l’applicazione arbitraria di principi astratti come l’obbligatorietà dell’azione penale e l’affermarsi della giurisprudenza creativa rispetto alla stessa legge hanno dilatato a dismisura la sacrosanta autonomia della magistratura, trasformando di fatto l’ordine giudiziario da ordine autonomo in potere irresponsabile e privando i cittadini e la stessa democrazia di tutelare rispetto a possibili azioni spregiudicate dal carattere eversivo».

«Rito immediato, “prove evidenti”. Il premier: “Farò causa allo stato”» è il richiamo in prima de IL SOLE 24 ORE, che approfondisce la vicenda alle pagine 18 e 19. Nel suo «punto», Stefano Folli scrive: «Cresce il pericolo di corto circuito fra politica e istituzioni». Secondo l’editorialista «La giornata di ieri esprime bene la condizione di fragilità in cui si sta consumando la legislatura». A partire dalla «guerra totale con la procura di Milano. Le nuove accuse di Berlusconi alla «magistratura eversiva», la curiosa minaccia di «fare causa allo Stato» e la tentazione di affrontare la materia delle intercettazioni con un decreto legge dimostrano che la crisi ha quasi raggiunto il punto di rottura». Per Folli «È clamoroso che il presidente del Consiglio annunci in pubblico la sua intenzione di salire al Quirinale (per denunciare la persecuzione giudiziaria) e ne ricavi un’immediata, perentoria smentita dalla presidenza della Repubblica. Evidentemente l’udienza non era stata in alcun modo concordata. E peraltro Napolitano in questo momento non ha voglia di offrire coperture al premier».  Nella pagina delle opinioni, invece, un commento si intitola «Se il premier fa causa allo stato». Secondo l’anonimo autore «la minaccia del premier, certo dettata dalla fortissima tensione di questi giorni può apparire paradossale: il capo del governo che fa causa allo stato. E la prospettiva delle finanze personali di Silvio Berlusconi rimpinguate a spese del deficit pubblico statale susciterebbe certo reazioni altrettanto esasperate». Eppure la possibilità esiste da un punto di vista tecnico, «che invece questo sia opportuno politicamente, a costo di inasprire ancora lo scontro istituzionale, è tutto da dimostrare».

AVVENIRE apre con il titolo “Giustizia e politica: il giorno del furore” e parla dello scontro decisivo alle pagine 6 e 7. Il commento, molto fermo, è del direttore Marco Tarquinio che sigla un riquadro a centro pagina evidenziato con un fondino verde intitolato “Nelle mani dei supremi garanti”. Scrive Tarquinio: «È arrivato il giorno del furore. Quello dello scontro violento e totale, tra Silvio Berlusconi e i pm milanesi che hanno indagato il presidente del Consiglio per il cosiddetto “caso Ruby”. E noi vorremmo provare a chiedere, senza troppa speranza, a tutti gli altri attori politici e polemici di sgombrare scena e piazze e di lasciare “sola” l’evidenza del disastro istituzionale incombente e possibile. Siamo a un disperante punto di non ritorno, con i magistrati che parlano di “prova evidente” della doppia colpa (concussione e prostituzione minorile) imputata al capo del governo e questi così certo di una manovra ordita ai suoi danni da voler “denunciare lo Stato”. Il male minore, a questo punto, è che tutto si consumi presto e senza forzature. È il momento che tutto sia posto, nei modi propri, nelle mani dei supremi garanti della legalità costituzionale». Alla rabbia di Berlusconi che minaccia di far causa allo Stato è dedicata la pagina 9, dove sono ripresi anche alcuni commenti. Per il segretario Pd Bersani: «Siamo al punto di guardia, se Berlusconi fosse, non dico uno statista ma qualcosa che gli assomiglia, dovrebbe togliere l’Italia dall’imbarazzo e andarsene. Se sgombrasse il campo, ciascuna delle forze politiche e sociali avrebbe la responsabilità di occuparsi dei grandi problemi dell’Italia e non di Arcore». Per Di Pietro «Ormai è golpe nei confronti delle istituzioni. Lui non rappresenta più il Paese. Non rappresenta l’Italia. Il giorno i cui lo vedremo preoccuparsi per i cittadini, costruire spedali, sarà un bel giorno». E il Pd Enzo Carra parla apertamente di “demenza senile”. AVVENIRE riprende anche il duello tv tra Cicchitto e Anna Finocchiaro a “Otto e mezzo”: «Il clima da guerra totale lo si ricava da un aspro botta e risposta… “Non ci arrenderemo”, ha detto il capogruppo Pdl. “E allora morirete, la vostra è la logica del morire con tutti i Filistei”, ha risposto la Finocchiaro».

“Il premier: farò causa allo Stato” è il titolo con cui apre LA STAMPA di Torino. Marcello Sorgi firma un editoriale cupo “Lo scenario drammatico del 93-94” in cui spiega «chi ha vissuto i giorni più drammatici del ’93 e del ’94 – e siamo ancora in tanti a ricordarceli, tra politica, istituzioni, magistratura, giornali e tv – non può evitare di cogliere in quanto sta accadendo una serie di terribili analogie con quel che avvenne già diciassette anni fa. Le immagini di Berlusconi in tv mentre illustra il deludente elenco dei provvedimenti economici del governo, accompagnato dalle dichiarazioni dei giudici di Milano sull’evidenza delle prove contro di lui, rievocano una serie di sensazioni che fanno presagire una conclusione funesta della crisi in corso». Più divertente invece Massimo Gramellini che annuncia nel suo “Buongiorno”  titolato “Burqa bunga” che «anch’io domenica scenderò in piazza contro chi disprezza il corpo e l’anima delle donne» mettendosi a fare un elenco di chi si macchia di questo peccato. Cita i vecchi bavosi, gli arrivisti, le ragazze che si vendono, i genitori concilianti, i pubblicitari, i giornali seri che propongono donne in abiti succinti e via così fino a concludere: «in fondo domenica scenderò in piazza un po’ anche contro me stesso».
In un intervista, “Citare i pm? Solo uno sfogo. Ma si può reagire”, Francesco Grignetti si fa chiarire da Giorgio Spangher, membro laico del Csm su designazione di Forza Italia, cosa intendesse Berlusconi per “denuncia allo Stato”. Si legge «Io credo che il presidente intendesse riferirsi alla legge sulla responsabilità civile dei giudici, quella norma che seguì un referendum e che l’allora ministro Giuliani Vassalli tradusse in articoli. Dice la legge che in caso di dolo o colpa grave del magistrato, lo Stato può rispondere dei danni».  

E inoltre sui giornali di oggi:

UNITA’ D’ITALIA
CORRIERE DELLA SERA – A pagina 12 nuovo colpo di scena per la festa nazionale una tantum, per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia: «Penso che il 17 marzo le scuole debbano restare aperte». Per il suo annuncio Mariastella Gelmini sceglie il Consiglio dei ministri: dopo Confindustria, la Lega ed il presidente dei garanti per le celebrazioni Giuliano Amato, anche lei si schiera per una festa dei 150 anni dell’unità nazionale passata al lavoro. Grido di dolore, nella stessa pagina, di Carlo Azeglio Ciampi, ex presidente della Repubblica, intervistato da Marzio Breda: “Avvilente. La Lega pensa ancora alla secessione”.

ROM
AVVENIRE – A Pagina 11 la richiesta di Alemanno di fondi e poteri per affrontare l’emergenza rom. “Servono meccanismi da protezione civile come pe un terremoto o un’alluvione” secondo il sindaco di Roma. Il Ministro MAroni nega la polemica e ripete. “Non ne vedo il motivo”. Dal cardinale Vallini un monito a fare un esame di coscienza. “Noi cristiani non possiamo non amare i poveri”.

EGITTO
IL MANIFESTO – Richiamo in prima pagina per la rivolta egiziana «Dilagano gli scioperi, parlamento assediato E Suleiman minaccia», un’intera pagina, la 9, è poi dedicata al Medio Oriente con un reportage dal villaggio natale di Mubarak dal titolo «Il nostro raìs? Qui non s’è mai visto», il reportage nel Delta, al villaggio di Shibin el Kum dove si tocca la distanza tra despota e popolo. Di spalla un articolo di Giuliana Sgrena dedicato alla Giordania «Scontro ad Amman sul trono di Rania». Scrive la Sgrena: «Tribali conservatori attaccano la regina Rania perché di origine palestinese, come peraltro la maggioranza dei 7 milioni di abitanti del regno hascemita. Importanti esponenti tribali giordani hanno chiesto, in una petizione, al re Abdallah II di porre fine al ruolo politico della moglie Rania, in una nuova sfida al sovrano già alle prese con le ripercussioni delle rivoluzioni in Tunisia ed Egitto, che lo hanno spinto la settimana scorsa a nominare un nuovo premier. (…) Le personalità che hanno sottoscritto il testo appartengono a tribù conservatrici della riva destra del Giordano (Transgiordania), principale sostegno alla monarchia hascemita, e si contrappongono ai giordani di origine palestinese. Rania, per la petizione, “sta creando centri di potere nel suo interesse, che contrastano con le intese fra giordani e hascemiti sul governo del regno e (la regina) costituisce un pericolo per la nazione, per la struttura dello Stato, per la struttura politica e per il trono” (…)», nella seconda parte dell’articolo si affronta invece la situazione in Algeria dove nonostante i divieti delle autorità si annunciano nuove mobilitazioni.

STATI VEGETATIVI
AVVENIRE – Alla prima giornata nazionale sugli stati vegetativi di ieri – che è stata l’occasione per un serrato confronto tra famiglie, governo ed enti locali – è riservato tutto l’inserto “èVita” che riporta anche lettere e approfondimenti sull’aspetto legislativo e racconta attraverso storie di vita vissuta la difficile quotidianità di chi accudisce un figlio o una moglie in stato di minima coscienza. 

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