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Berlusconi-Fini, lo scontro finale

Il governo alla prova dei numeri al Senato e alla Camera

di Franco Bomprezzi

Il giorno più lungo, anzi due. Tra oggi e domani si conclude il calvario di una sfiducia al governo Berlusconi, il cui esito alla Camera non è affatto scontato. Mentre stamani il premier al Senato (dove i numeri gli daranno sicuramente ragione) ha parlato per mezz’ora chiedendo un voto di fiducia e facendo appello ai moderati, i giornali in edicola registrano soprattutto le grandi manovre della domenica, ovvero “la conta”.

“La fiducia appesa a sette voti” è il titolo del CORRIERE DELLA SERA che riassume la “sfida finale sui numeri tra assenti e indecisi. Il Pdl sicuro di arrivare a quota 315”. In sommario: “Fini: il premier non ce la farà. L’irritazione di Berlusconi”, come dire che siamo allo scontro finale tra i due leader del centrodestra, con l’obiettivo evidente del premier, indipendentemente dalla prosecuzione dell’esperienza di governo, di silurare politicamente Gianfranco Fini, sgretolando la pattuglia del Fli ma non solo. Servizi da pagina 2 a pagina 9. Il fondo, in prima, è di Pierluigi Battista: “E il cofondatore ora rischia tutto”. Eccone un passo: «Il rischio più grosso se l’è assunto proprio lui, Gianfranco Fini. Per gli altri alleati di un sinora evanescente terzo polo, in primis Pier Ferdinando Casini, questa non è la partita finale. Per Fini sì. E’ vero che dopo il voto del 14 potrebbe esserci una devastante guerriglia parlamentare a vanificare la battaglia vinta da Berlusconi a Montecitorio. Ma intanto la violenza simbolica della sconfitta numerica avrebbe l’effetto di indebolire, e forse perfino di disarticolare il neo-partito finiano. Fino a Bastia Umbra, giocando in difesa, Fini ha fatto brillantemente muro contro l’offensiva di annientamento politico che il fronte berlusconiano aveva scatenato in estate. Non era bastata la brutalità dell’estromissione di stampo leninista decretata dal Pdl ai danni del suo co-fondatore che aveva osato dissentire pubblicamente dal Capo. E nemmeno una virulenta campagna mediatica giocata con il famigerato “metodo Boffo”. E neanche una fallimentare campagna acquisti in Parlamento che a settembre avrebbe dovuto neutralizzare i finiani in rotta con Berlusconi. Fini era uscito trionfatore da quel triplice assalto. A Bastia Umbra decise però di affondare con il contropiede. Ma se le controffensive non riescono, gli effetti sono disastrosi per chi ha attaccato con troppa e velleitaria frettolosità. La sfiducia a Berlusconi voleva dire infliggere il colpo definitivo al premier. Ma se quel colpo va a vuoto, il contraccolpo sarebbe violentissimo per chi fallisce l’obiettivo”. Bello il pezzo di Marco Galluzzo che segue da sempre Berlusconi per il CORRIERE: “Il premier va alla conta tra stress e fatalismo”, dove si apprende che sogna la barca a vela più bella del mondo, ormeggiata ad Antigua, e nel frattempo ingrassa, per lo stress e ha bisogno del panciotto per mascherare la pancia. I tempi sono davvero cupi se diventa importante dare un’intera pagina a Rutelli, con l’intervista di Maria Teresa Meli: “Rutelli: terzo polo sempre più forte. Il progetto ormai è irreversibile”. Alle prese con i possibili scenari prossimi è il presidente Napolitano, presidiato da Marzio Breda a pagina 8: “«In Italia stato di tensione che dura da troppo tempo» Il Colle valuta due scenari”: il primo prevede che Berlusconi, prima del voto alla Camera, chieda una sospensione e si rechi al Quirinale per comunicazioni urgenti, ottenendo un reincarico per ricomporre e allargare l’area di governo. Il secondo scenario più indecifrabile è legato all’ipotesi che mantenga in modo risicato la maggioranza alla Camera: in questo caso “dovrebbe essere il Cavaliere, di propria iniziativa, a presentarsi dal Capo dello Stato per rassicurare lui e il Paese sulla tenuta e sul rilancio (attraverso un rimpasto? O che altro?) dell’esecutivo”. A pagina 9 la conta: “Assenze e indecisi: la fiducia si gioca su 7 voti”. Dino Martirano si cimenta nella difficile impresa di capire chi voterà e chi no: “Nel mirino il possibile forfait delle tre onorevoli incinte e le scelte di 4 deputati in bilico”. Leggiamo: “Gli scenari possibili sono tre. Con molte subordinate, però. Vittoria «larga» dei filogovernativi, con 316 contro 308 o 311 voti, se Paolo Guzzanti liberali, Massimo Calearo trasfuga del Pd, dell’Api e del misto, Silvano Moffa Fli e Ricardo Antonio Merlo eletto all’estero e solo di recente confluito nell’Udc ma corteggiato dal Pdl si schierano a favore di Berlusconi. Vittoria strettissima del centrodestra, 314 a 313, se le tre deputate in dolce attesa Bongiorno, Cosenza e Mogherini riescono a votare la sfiducia e se, in aggiunta, Moffa Fli e Merlo Udc si allineano alle indicazioni dei rispettivi gruppi. Invece passa di misura la sfiducia 314 a 313 se Paolo Guzzanti liberali si posiziona con il centrosinistra insieme a Moffa e a Merlo. Ma c’è anche l’ipotesi pareggio, 313 a 313, se Calearo decide di astenersi in solitudine: in quel caso il governo ottiene una fiducia tecnica perché la mozione di sfiducia deve ritenersi respinta”. Della serie, in che mani siamo.

“Fini: Fli va all’opposizione”: LA REPUBBLICA apre citando le parole che il presidente della Camera ha pronunciato ieri in tv. Comunque vadano le cose, Fli da domani sarà all’opposizione, nell’ambito del centrodestra. Nel sommario, altre parole durissime: “Berlusconi vuole restare al governo per i processi”. Scontate le reazioni del premier («ormai la politica non c’entra più niente, vuole solo distruggermi» avrebbe detto), sottile il ragionamento di Fini. Scrive Francesco Bei, nel suo retroscena, che il messaggio del fondatore di Fli è soprattutto questo: «se vinciamo noi si può fare un altro governo, anche restando nel perimetro del centrodestra. Se vince lui si va al voto». Ma andare alle elezioni potrebbe compromettere le riforme, tra cui il federalismo tanto caro al Senatùr. Dunque nominando Tremonti come possibile leader del governo futuro, Fini punta a staccare Bossi dal cavaliere. La sicurezza ostentata ieri in tv dal presidente della Camera potrebbe infrangersi di fronte ai tentennamenti di alcuni dei suoi: “Fli, le «colombe» pronte allo strappo”. In particolare Silvano Moffa, che aveva promosso un tentativo di riconciliazione, pare molto amareggiato. Ma sarebbe solo uno degli incerti. Dall’altra parte, Bossi starebbe pensando di riaprire a Casini quelle porte che solo qualche settimana fa gli aveva chiuso in faccia: «Berlusconi piglia la fiducia. Se non ha sbagliato i conti» ha detto. E l’attenzione va sull’ipotetica: che avrà voluto dire il Senatùr? Probabilmente, scrive Rodolfo Sala, che se la maggioranza c’è ma è risicata, potrebbe valer la pena aprire all’Udc. Aprendo magari un tavolo di confronto.

Sono 6 le pagine dedicate alla giornata pre voto su IL GIORNALE. In prima, Sallusti firma un editoriale dedicato al «compagno  Fini». Il contenuto del pezzo è tutto nel titolo: “Oggi spiegaci la BMW a scrocco la casa di Montecarlo e gli appalti alla suocera”. A pagina 2 e 3, il quotidiano della famiglia Berlusconi pubblica la cronaca del «Soccorso rosso Rai» avvento ieri sulla tv pubblica, ovvero l’invasione in casa Scilipoti da parte della troop di Annozero «cercavano le prove della corruzione del deputato ex Idv, invece hanno solo spaventato la mamma novantunenne» si legge nel pezzo “Le truppe di Santoro invadono casa Scilipoti: la madre colta da malore”; e un Fini a ruota libera sul programma della Annunziata  che il pezzo “L’Annunziata offre il megafono a Fini” giudica così: «Il presidente della Camera ospite di “In1/2ora“ approfitta della trasmissione per gettare nuovo fango su Berlusconi…più che un’intervista è stata una passerella nella quale il leader di Futuro e Libertà ha avuto mano libera per lanciare i suoi proclami politici e le accuse neo confronti del presidente del Consiglio». E non solo. Come si legge nel pezzo “La Gabanelli torna alla carica su Antigua: «Ville in cambio di uno sconto sul debito», anche Report «si lancia nel soccorso rosso al leader Fli Gianfranco Fini». Perché Fini and company hanno tanto spazio in tv?  Secondo il pezzo firmato da  Maurio Carvezan “Così i futuristi hanno monopolizzato la tv“ «sono pochi ma ubiqui e tutti le reti sembrano contenderseli, ospitandoli anche in coppia». Page 4, 5 sono invece dedicate agli scenari dell’esito del voto di domani. «L’ultimo appello della maggioranza a Montecitorio parla di 315 deputati. E’ la quota salvezza» si legge nel pezzo “Conta continua, ultimo atto: il governo punta a quota 315“. «In teoria non è la maggioranza assoluta, quella che ti fa stare tranquillo, ma un numero abbastanza solido da respingere l’assalto della multiforme coalizione antiberlusconiana, la marmellata di partiti che si riconosce in un solo ideale politico: chiudere la stagione del Cavaliere». E il terzo polo? A pag 6, il pezzo “La fine prematura del Terzo polo affondato dalla fuga di Casini“ sostiene che il leader dell’Udc si sta smarcando e che «a occupare lo spazio restano solo Fli a Api».

L’appuntamento di martedì è talmente importante che persino il SOLE 24 ORE del lunedì, normalmente dedicato alle pmi, concede spazio al tourbillon politico. Parte Fabrizio Forquet con un editoriale in prima, lo segue Orazio Carabini, mentre in apertura un bilancio in chiaro scuro delle riforme portate avanti dal governo finora e un count-down al “giorno del giudizio”. Duro il giudizio di Forquet: «Toccherà al presidente del Consiglio, oggi, trovare le parole giuste perché il miracolo si compia davvero. E non basteranno gli impegni molto profani con i quali Silvio Berlusconi proverà a convincere uno per uno i deputati ancora alla finestra. Soprattutto se si considera il poco, non pochissimo, che è stato fatto nei primi due anni e mezzo di legislatura (si veda l’inchiesta in queste pagine) malgrado la straordinaria maggioranza di cui il governo disponeva». A completare il quadro ci pensa Carabini: «L’Italia di oggi: un paese seduto, che sopravvive abbastanza bene grazie a quanto ha accumulato in passato e che non si occupa di garantire un futuro sostenibile ai suoi giovani». Sullo sfondo la lunga indagine (2 pagine) del giornale di Confindustria su cosa si è fatto e cosa non si è fatto in questi anni: «Sicurezza e giustizia all’attivo. Fisco e sviluppo al passivo. Mentre il governo affronta la prova decisiva della fiducia, il bilancio dei risultati raggiunti a metà legislatura offre un quadro in chiaroscuro». In coda il pezzo di Marco Mobili: “Il «milleproroghe» dei desideri”, con sui si tenta uno sguardo al di là del voto di domani. Quali sono le misure che troveranno più verosimilmente posto nel Milleproroghe una volta che la Legge di Stabilità sarà votata? A sorpresa – ma neanche tanto viste le ripetute promesse da parte del governo – in pole position quella che rifinanzierebbe di 300 milioni l’istituto del 5 per mille dell’Irpef da devolvere al non profit e alla ricerca, al secolo: il 5 per mille. D’altra parte gli eventi si susseguono freneticamente e superano le previsioni dei giornali. Le parole di Silvio Berlusconi stamane al Senato, dove è cominciata la discussione sulla Legge di Stabilità, trovano traccia solo online: «Abbiamo bisogno di continuità operativa e di una cooperazione politica ampia – ha detto il premier – abbiamo bisogno di tutto tranne che di una crisi al buio senza che ci siano alternative valide» lanciando un patto fra tutti  i moderati per scongiurare la crisi. Fli, ma ancor più Udc sono avvisati.

“Fini, l’ultima sfida al premier”. LA STAMPA apre il servizio in attesa della fiducia con il botta-risposta di Berlusconi e Fini: a pagina 3 titola “Fini, premier inaffidabile” e a pagina 4 “Berlusconi e la calamita nei confronti dei centristi. «L’Italia è appesa a un malsano sentimento di sospensione, di incertezza, di attesa», scrive Luca Ricolfi nell’editoriale. Prima il discorso di Mirabello di Fini, poi il voto di fiducia del 29 settembre, poi il discorso di Fini a Bastia Umbra, infine il discorso che Berlusconi terrà domani. «E tutto per cosa?» chiede l’editorialista. «Per un voto che, comunque vada, servirà solo a decidere una manche della partita a tennis che Berlusconi e Fini da due anni stanno giocando sulla pelle di tutti i noi». Di fronte alla crisi economica e alla «più grande crisi dei rapporti internazionali dalla caduta del muro di Berlino» noi «perdiamo tempo a interpretare una frase di Bocchino» si legge nell’editoriale, «con le enormi difficoltà che ci attendono, permettiamo al nostro ceto politico di baloccarsi nei suoi giochi di palazzo senza mai metterlo di fronte alle responsabilità vere». A pagina 2 da segnalare un articolo a piede su una delle deputate in attesa di partorire: “Federica, lo strano caso dell’onorevole incinta nell’Italia maschilista”. Due anni fa fu accusata di assenteismo e quindi costretta a spiegare sul blog che era stata assente per una gravidanza finita male, con la perdita del bambino. «Non è la mia storia, è qualcosa che succede di continuo» ha detto poi, «aspettare un bambino, doversi assentare per il lavoro per qualche tempo, scontrarsi con le allusioni dell’incompatibilità fra maternità e lavoro, perdere il bambino. E anzi, succede di peggio: perdere il lavoro o dover rinunciare al figlio». Lei ha assicurato che ci sarà a tutti i costi, salvo che il parto non arrivi proprio durante la seduta.

E inoltre sui giornali di oggi:

CASSA INTEGRAZIONE

LA REPUBBLICA – Cig per 600mila lavoratori e buste paga più leggere (per circa 7mila euro a testa). 4 miliardi di euro sottratti all’economia del paese e all’economia delle famiglie. Una situazione difficile che potrebbe aggravarsi nel 2011 (specie se non ci saranno in fondi per la cassa in deroga). È previsto infatti un massiccio ricorso alla Cig, anche da parte della Fiat (Mirafiori). Prosegue intanto il confronto coi sindacati. Ma, come scrive Roberto Mania, «lo tsunami Marchionne sconvolge le relazioni industriali». Si va di fatto verso il decentramento della contrattazione.

CANCUN
IL SOLE 24 ORE – Pagina 17 è dedicata interamente all’esito della conferenza di Cancun sul clima. Il vertice di Cancun, vittima di una spiacevole spaccatura fra Nord e Sud del mondo, non ha sciolto il problema dell’insostenibilità planetaria. Il che sembra essere una regola. L’unica eccezione è il “Summit della Terra” tenuto a Rio de Janeiro nel 1992, quando i paesi concordarono sull’esistenza dello spettro “effetto-serra” e sulla necessità di allontanarlo. Nel 2012, a vent’anni di distanza, l’Onu ha riconvocato il mondo a Rio, per un nuovo vertice: non sul clima, ma più in generale sullo sviluppo sostenibile. «Sarà l’occasione per voltare pagina e ricominciare», auspica Sha Zukang, “numero uno” dell’Undesa, il dipartimento dell’Onu per gli Affari economici e sociali. Ma è difficile che sia Rio a portare fortuna. Basterebbe smettere di battere il pugno sul tavolo dei combustibili fossili con una mano e allungargli un po’ di soldi con l’altra.

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