Giornata mondiale del volontariato

Bergonzoni: «Restare involontario o diventare volontario? A noi la scelta»

Alla base dell'impegno del volontario c'è il “do ut do”. È qualcosa che sta in ogni portatore sano di diritti e giustizia, accudimento e verità, che va al di là della solidarietà civile o della pietas. Forse non abbiamo capito che la luce in fondo al tunnel siamo noi. Per questo oggi ognuno di noi può e deve scegliere: restare involontario o diventare volontario. Le parole di Alessandro Bergonzoni

di Alessandro Bergonzoni

Ci sono grandi aeroporti nel mondo e in Italia, che accolgono voli intercontinentali ed altri che fanno atterrare invece una grande quantità di “volontari”. Altri viaggi, mete, terre di partenza, altri sbarchi, percorsi e soprattutto destinazioni, dedizioni e destini. 

Oggi ognuno di noi potenzialmente può restare involontario o diventare volontario! Per predisposizione, per diritto, dovere e piacere di immedesimazione, per natura sì anche per natura, non solo per mera solidarietà civile o pietas

Si pensa al clima, a salvare il pianeta, al dissesto geologico: ma tutto ha a che fare con un dissesto ideologico, illogico, deontologico, fenomenologico. Mi spiego peggio: impossibile non dover fare l’impossibile per il clima. Quando parlo  di clima non  intendo solo quello metereologico o del pianeta tutto, ma anche, è ora di ripeterlo, del clima che “ci” respira in ogni comunità e convivenza se ancora così si possono chiamare. Per esempio nelle carceri (dove si muore di calore e dolore, anche o soprattutto di violenza ed omertà connivente), ovunque, dittatori o non dittatori, come nell’Italia democratica e civile. Clima che si respira nelle aule del Parlamento europeo o dei nostri governi, dove vige una siccità mentale e di visione, una aridità e una infertilità (non parlo di nascite, pur mancando ancora la ri-nascita di un essere non superiore ma ulteriore) intesa come mancanza del fiorire e sbocciare di ri-evoluzione, che non può più attendere?

Guardiamo ogni giorno annegare gente sia nel mare della burocrazia sia nel mare vero: profughi, richiedenti asilo, persone con dipendenze, malati psichiatrici, anziani, in una terra di nessuno che li vede perire ancora per fame e miseria, materie prime di ogni guerra che in troppi fanno “volontariamente”, anche se dicono di esserne involontariamente coinvolti. 

Se appunto un altro tipo di volontariato non intervenisse in massa e capillarmente come può, cosa accadrebbe? Ong, Caritas, centri sociali, gruppi di sostegno, centri di prima accoglienza, volontari per la pace? (Ecco il vulnus: ripensare il volontariato e le sue tipologie a 390 gradi).

C’è oggi una “disperanza” che forse con una diversa formazione e preparazione intima sociale e professionale potrebbe ritrovare un movente, per riuscire a vedere la luce in fondo al tunnel: forse non abbiamo capito che la luce siamo proprio noi

Alessandro Bergonzoni

I dati che ho letto confermano un calo rilevante delle persone che si vogliono dedicare liberamente ed autonomamente a questo faccia a faccia con organizzazioni, associazioni od altro, per sopperire e non sopprimere, per rianimare e non seppellire, chi lavora e si ammala, chi non lavora e sta peggio, chi deve assistere parenti in condizioni estreme senza sostentamento (nell’esperienza ventennale che ho come testimonial della Casa dei Risvegli, il “dopo a casa” per le famiglie dei post acuti racconta molto di cosa manchi ancora). Credo derivi anche da un bournout esistenziale che fa scegliere ai molti potenziali volontari, soprattutto giovani, altre e diverse vie per fare lavori socialmente utili e poter sentirsi coperte le spalle e le ali, da un sistema che nel e del “non profit” vive. 

Forse ultimamente sono certe organizzazioni, fondazioni e altri movimenti statali e privati nati a questi scopi, a disincentivare un certo volontariato “puro”, composto da quella materia prima che dovrebbe consistere appunto nel “do ut do” di ogni portatore sano di diritti e giustizia, accudimento e verità, mai involontarie. C’è – come dico spesso – una “disperanza” che forse con una diversa formazione e preparazione intima sociale e professionale potrebbe ritrovare un movente, per riuscire a vedere la luce in fondo al tunnel: forse non abbiamo capito che la luce siamo proprio noi, che dovremmo e potremmo fare quadrato, composto da quei “coagu-lati” che uniscono volontà a professione, intenzione a mansione, buoni propositi a ruolo.

Lo Stato faccia ciò che è suo dovere, cambiando senso a ciò che è in suo “potere”, per arrivare a sostenere e connettersi con ogni forma di volontariato fattivo e informato

Alessandro Bergonzoni

Lo Stato faccia ciò che è suo dovere, cambiando senso a ciò che è in suo “potere”, per arrivare a sostenere e connettersi con ogni forma di volontariato fattivo e informato. Di questo “attivismo” c’è urgenza. Difficile? Certo. Ma è forse facile subire e sopportare condizioni continue di “indigenza” amministrativa politica antropologica filosofica e  spirituale? Ri-cominciamo: non armiamoci e partiamo!

Questo contributo di Alessandro Bergonzoni (foto dall’archivio di VITA) è stato pubblicato sul numero del magazine di settembre “Volontario dove sei?”. Per leggerlo occorre abbonarsi oppure acquistare dallo store di vita.it la singola copia

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