Politica

Benvenuto Dalai Lama

di Franco Bomprezzi

Come mai la vicenda controversa e sorprendente della cittadinanza onoraria milanese al Dalai Lama, prima annunciata e poi per il momento accantonata,  ha suscitato tanto clamore? Semplice, si dirà: è un caso politico. Accapigliarsi sul Dalai Lama è oltretutto molto facile, può farlo chiunque, anche chi non si è mai occupato in vita propria dei diritti di cittadinanza nel Tibet (sarebbe interessante un test in tal senso). Se infatti io avessi titolato “Benvenuto Tenzin Gyatso”, oppure “Benvenuto Oceano di Saggezza” credo che in molti si sarebbero chiesti quale problema mentale mi stia affliggendo in queste ore. E invece Tenzin Gyatso è il vero nome dell’attuale Dalai Lama, e “Oceano di saggezza” è una delle possibili traduzione della locuzione “Dalai Lama”. Il fatto è che di questo signore così gentile, sempre sorridente, indifeso e vestito di arancione, abbiamo tutti una immagine stereotipata, giustamente positiva e simbolica. La sua sola immagine ci fa pensare alla vittoria del bene sul male, alla pace nel mondo, alla lotta per i diritti umani contro la sopraffazione del Potere, e in particolare contro il regime comunista (???) di Pechino.

Io stesso ammetto di non seguirne costantemente il girovagare per il mondo, di cui è cittadino universale, come ben si può capire in queste ore. Mi sta simpatico, trovo sorprendente la sua capacità di muoversi con assoluta noncuranza in mezzo ai potenti del mondo, in ambienti ricchissimi e lussuosi, e al tempo stesso essere capace di dialogare con le persone più semplici, con i bambini, con i poveri, con i diseredati della Terra. E’ sicuramente un personaggio profetico, di enorme carisma. E dunque bene aveva fatto Giuliano Pisapia a pensare ad un momento simbolico forte come la cittadinanza onoraria, a un anno dall’insediamento della sua amministrazione. Giuliano, leader degli “arancioni” in salsa nostrana, e soprattutto leader vincente con lo slogan della “forza gentile”. Un sindaco eletto dopo aver stretto migliaia di mani, partecipato e centinaia di incontri grandi e piccoli in centro e in periferia, affrontando ceti sociali e problemi diversi, sempre con semplicità disarmante e piglio umano, capace di una visione di sinistra senza armature ideologiche, popolare ma non populista.

Insomma, quasi un gemellaggio ideale quello tra Pisapia e il Dalai Lama. Immagino che non ci abbia pensato moltissimo quando gli è stata proposta questa iniziativa. Non lo so direttamente, perché ormai è molto tempo che non gli parlo, ma penso di non sbagliarmi. Solo che poi, ovviamente, è successo quello che sicuramente si poteva prevedere prima. Anche perché è sempre accaduto in giro per il mondo, ovunque il Dalai Lama abbia deposto i suoi gentili piedi. Ovvero la reazione durissima delle autorità cinesi. Forza diplomatica unita a solidi argomenti di ricatto economico. In tempi di crisi, inutile dirlo, argomenti di una concretezza disarmante. Tanto più che a Milano ormai non succede nulla che non sia immaginato o proiettato nella prospettiva di Expo 2015, quasi una condanna cosmica.

E così è andata, la cittadinanza onoraria non c’è, la delusione è forte, la polemica a destra e a sinistra è fortissima. L’unico tranquillo sembra proprio il Dalai Lama, che parlerà in consiglio comunale, e che ha ricevuto ancora una volta un battage pubblicitario gratuito imponente, senza bisogno, per ora, di pronunciare neppure una parola. Potenza degli uomini simbolo, ma anche motivo di riflessione, almeno per me.

Quale nesso esiste infatti in politica fra l’idealismo e la concretezza? Perché era così importante che Pisapia “tenesse duro” e confermasse la delibera della cittadinanza onoraria? Perché si parla oggi comunque di una “delusione”, e io stesso, in parte, provo questo sentimento? Io penso che in fondo abbiamo tutti una enorme voglia di leggerezza, di immaterialità, di utopia, di valori umani condivisi. Vorremmo dare un calcio alla ricchezza, ai grandi accordi economici, alle esigenze dei costruttori e degli immobiliaristi, dei burocrati e dei ministri, dei diplomatici e dei consiglieri eccellenti. Vorremmo un mondo a misura. Un mondo più giusto e semplice. Un mondo nel quale anche Giuliano Pisapia possa alzare la voce e dire. “No, qui comando io. Anzi, noi”. Vorremmo un mondo che non c’è. Lo sappiamo bene, e ci regoliamo di conseguenza sette giorni su sette. Solo che ogni tanto scatta quella piccola molla della trasgressione, della ribellione pacifica. E allora speriamo in un gesto, piccolo e inutile fin che si vuole, ma capace di generare speranza, e di sollecitare partecipazione, comunione ideale, progettazione comune.

Ecco, forse questa volta Giuliano Pisapia non si è fidato abbastanza di se stesso, della sua forza, e del suo piccolo ma importante carisma, probabilmente – ma questa è una congettura – per stanchezza, dopo un anno micidiale e nel bel mezzo di una crisi che richiede ben altro che una cittadinanza onoraria. Molti infatti pensano: ma perché occuparsi del Dalai Lama quando stiamo discutendo del Piano di zona? Oppure delle barriere architettoniche che resistono ai decenni e al passare dei sindaci? Oppure della mancanza di lavoro per i giovani e per i meno giovani? Già, perché? Perché vorremmo, nonostante tutto, “restare umani”. I sacrifici, la concretezza amministrativa, la “spending review” (che brutto termine…) sono tollerabili solo se inseriti in un contesto di passione civile. Milano se lo merita, e dovrebbe continuare a dare bei segnali a un Paese con il morale sotto la suola delle scarpe, o delle ruote. Provaci ancora, Giuliano.

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