Non profit
Benvenuti al party di chi non parla e non sente
Le serate per sordomuti organizzate dal dj Troi
di Redazione

I “conscious parties” sono un fenomeno nella Londra che cerca di andare oltre la crisi. Ci si diverte e si costruiscono legami sociali con persone che che sono state sempre marginalizzate dal grande business dello svago.
In queste pagine vi presentiamo due persone, due storie londinesi che hanno giocato “socialmente” l’idea del raduno musicale. Si chiamano Troi e Inga. E sono un passo avanti. Date un occhio a ciò che fanno, perché questo è già il futuro
A Londra nessuno usa il cellulare per telefonare. Tutti mandano solo messaggi. Tutti, tranne Troi, che è sordo dalla nascita. E che per fissare l’appuntamento per l’intervista mi ha chiamata con voce squillante e mi ha letteralmente travolta con il suo gergo da dj underground. «Ok man», ha detto. «Fantastico, cool, perfetto. Ci vediamo domani, man».
Quando arrivo nel luogo stabilito, Troi sta chiacchierando con un’amica sordomuta incontrata per caso; me la presenta e traduce per me con il Bsl (British sign language), il linguaggio dei segni. «Io sono fortunato», dice come prima cosa, «perché riesco a parlare. Grazie a questo (indica il suo apparecchio acustico) e leggendo le labbra. Per molti altri questa fortuna non c’è, e le possibilità di comunicare col resto del mondo è veramente minima. La percentuale di isolamento, all’interno delle comunità dei non udenti, è altissima. Per questo i miei parties sono importanti: aiutano ad uscire dall’isolamento», afferma sorridendo.
Vita: Com’è che una persona completamente sorda, a un certo punto, sceglie di diventare un dj?
Troi: È nato tutto per caso. Le vibrazioni della musica, quando era a tutto volume, come avviene in discoteca, erano per me uno dei pochi strumenti di contatto col resto del mondo e mi consentivano per una volta di sentirmi “non diverso”. Così ho iniziato a frequentare come dj alcuni raves ad Hackney: la prima festa, mi ricordo, ho pompato la musica talmente forte che ha tremato l’intera casa, man. Così oltraggiosamente forte che la gente la sentiva in tutto il corpo. È stato un successo clamoroso e per me un risultato inaspettato, fantastico. E ho deciso di continuare. Oggi, oltre ai bassi sparati al massimo, ci sono anche altri accorgimenti per permettere ai non udenti di vivere la musica. Ad esempio, il pavimento che vibra a ritmo di sound, sperimentato in uno degli ultimi raves in Olanda, e che trasmette le vibrazioni in tutto il corpo. Ma quei primi parties ad Hackney, sono qualcosa che proprio non scordo: lì è davvero venuto giù qualcosa ?
Vita: Suona come l’abbattimento di un muro, in tutti i sensi.
I tuoi rave parties sono aperti a tutti, udenti e non udenti. Credi che sia iniziata una nuova era della comunicazione in cui molte più persone saranno partecipanti attivi?
Troi: Senz’altro. Divertirsi insieme è la chiave. Il mondo degli udenti è già molto più sensibile alla nostra comunità di quanto lo fosse una volta. Ma il segreto è condividere delle esperienze al di fuori delle differenze, qualcosa in cui tutti possiamo sentirci uguali e spontaneamente in sintonia.
Vita: Ti sembra che la comunicazione verbale sia stata in un certo senso “sopravvalutata” dal mondo contemporaneo?
Troi: A dire il vero, il linguaggio dei segni ha in qualche modo già superato molte delle barriere imposte dalla comunicazione verbale. Ad esempio, quelle linguistiche. Ai “deafraves” (parties per non udenti) arriva gente da tutta Europa, ma non c’è nessun problema di comunicazione perché il Bsl è un’unica lingua, una lingua universale. La musica è uno step ulteriore: mette in comunicazione la gente anche a livello emotivo, tutta le gente, udente e non, senza la necessità di “dire” niente. Anche se con lo sviluppo della tecnologia, e-mail ed sms, le persone sorde hanno cominciato a comunicare di più (a volte facendone un uso fin troppo massiccio), si tratta sempre di un’interazione indiretta. Il fatto di radunarsi fisicamente, di potersi toccare, come nei parties, è di importanza assoluta per una comunità come la nostra, un momento fondamentale di autentica comunicazione.
Vita: A Londra il fenomeno dei “conscious parties” è in crescita e molte persone vi sono coinvolte a più livelli. Anche i tuoi deafraves sono “feste della “consapevolezza”?
Troi: Gli effetti positivi dell’incontro tra comunità producono senz’altro un incremento di consapevolezza a livello globale. A livello individuale, per i non udenti, uscire dall’isolamento significa diventare consapevoli delle proprie potenzialità: trovare una maggiore motivazione, trovare occasioni di lavoro, di ispirazione, di espressione creativa e artistica.
Vita: Sembra che un tratto comune ai conscious parties sia il multiculturalismo. I tuoi raves nel Regno Unito attraggono gente da tutta Europa, non solo, la tua organizzazione oggi muove persone in tutto il continente. È anche questa la manifestazione di una nuova dimensione intraculturale della coscienza collettiva?
Troi: Credo che oggi le persone non si riconoscano più all’interno di confini culturali troppo stretti. È impossibile. Prendi me, per esempio. Le mie origini sono vietnamite, cinesi, inglesi e sudamericane. Come mi definiresti?
La gente ha bisogno di “espandersi”, in tutti i sensi, ha bisogno di espandere la propria identità. L’anno scorso abbiamo portato il deafrave in Sicilia, in Olanda, a Milano. È stato fantastico vedere l’affluenza della gente e la voglia delle persone di conoscersi e di conoscere al di là della propria cultura di origine, cultura nazionale, linguistica, ma anche comunitaria come quella dei non udenti e degli udenti. È dall’ibridazione che nascono i risultati più interessanti.
Vita: Il prossimo sogno nel cassetto?
Troi: Facile. Far diventare il deafrave un’esperienza a 360 gradi. Non solo musicale, ma anche visiva e artistica. Ed è più che un semplice sogno: ho già in mente dei veri e propri spettacoli, un gruppo di attori non udenti e anche clowns e mimi; un’occasione di lavoro per loro, ma soprattutto un’occasione per me e per gli altri dj di mettere insieme la serata più cool sulla scena underground.
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