Cultura

«Benvenuti a scuola»: già in classe 3.500 profughi ucraini

Stefano Versari, capo dipartimento del Ministero dell'Istruzione, anticipa i primi dati relativi all'accoglienza di alunni in fuga dalla guerra in Ucraina. Il 65% sono all'infanzia e alla primaria. Due i pilastri: "pedagogia della scala" e "pedagogia del ritorno". I nodi dei mediatori insufficienti, degli alunni con disabilità e dei patti di comunità. A cosa fare attenzione? «L'inclusione non sia assimilazione. Ed evitiamo gli eccessi: la sobrietà sia la regola dell'accoglienza»

di Sara De Carli

A sabato mattina erano 55.711 i profughi entrati in Italia dall’inizio del conflitto: 28.537 donne, 4.776 uomini, 22.398 minori. Per un bambino e un ragazzo la scuola è sinonimo di quotidianità e normalità, per quanto possibile. Come stiamo impostando, come Paese, l’inserimento scolastico di questi bambini e ragazzi, al di là dei video con applausi che in questi giorni spopolano sui social? Quali le linee portanti della nostra progettazione? Ne abbiamo parlato con Stefano Versari, Capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Ministero dell'Istruzione, che ha firmato la nota n. 381 del 4 marzo 2022 con le prime indicazioni per l’accoglienza scolastica degli studenti ucraini esuli, cui poi sono seguite la nota 9584 dell’8 marzo 2022, che stanzia 20 milioni di euro per il supporto psicologico e la nota n. 269 che ha aperto una rilevazione sull’accoglienza scolastica degli alunni ucraini.


Quali sono le prime risposte che la scuola sta dando a questi bambini e ragazzi?
La risposta delle scuole e dell'Amministrazione è stata immediata. Già il 4 marzo abbiamo emanato una nota esplicativa delle prime modalità di accoglienza. La solidarietà e l’inclusione scolastica sono i due pilastri fondativi del nostro agire. Operiamo per accogliere ogni bambino e ragazzo in fuga dalla guerra. Ad oggi sono a scuola circa 3.500 di loro, dei quali 3 su 4 (circa il 75%) nelle scuole di sei regioni: Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana e Campania. La classe d'età prevalente è quella dell'infanzia e primaria (circa il 65%). Vengono accolti adottando, come stile, la “pedagogia della scala”. Ovvero, sono molteplici i gradini da predisporre per permettere di risalire dai sottosuoli della sofferenza. Occorrono interventi di socializzazione, linguistici, culturali, stili di accoglienza, “patti di comunità” con il territorio, raccordi istituzionali… Non ultimi, rapporti con la comunità degli ucraini già residenti in Italia: circa 250mila prima del conflitto. Ognuno di questi interventi costituisce un gradino della scala da costruire per la risalita alla luce di ciascun studente esule.

Sono molteplici i gradini da predisporre per permettere di risalire dai sottosuoli della sofferenza. Occorrono interventi di socializzazione, linguistici, culturali, stili di accoglienza, “patti di comunità” con il territorio, raccordi istituzionali… Non ultimi, rapporti con la comunità degli ucraini già residenti in Italia. Ognuno di questi interventi costituisce un gradino della scala da costruire per la risalita alla luce di ciascun studente esule

Stefano Versari

Queste persone verosimilmente non sono qui per restare, sono intenzionate a rientrare nelle loro città appena sarà possibile. Si è parlato di “pedagogia del ritorno”. Impostare un intervento pedagogico e scolastico con la prospettiva dell’integrazione o del ritorno, concretamente, come cambia?
Questo fenomeno migratorio è caratterizzato da tre elementi: la brutalità e violenza a fondamento della fuga; l'immediatezza temporale (circa 3 milioni di profughi in una ventina di giorni); la temporaneità dell'esodo (almeno in termini di speranza personale). Sono condizioni particolari che chiedono specifici interventi didattici e pedagogici. Suggeriscono inoltre lo stretto raccordo in atto con Ministero dell'interno e Prefetture. Per cercare di “governare” le problematiche quotidiane di “arrivo” e prima accoglienza.

Pensiamo all’arco temporale da qui a giugno, che attività si possono prevedere e immaginare? Quali scivoloni invece evitare? Nella consapevolezza delle varie età.
Ipotizziamo la tripartizione del tempo che abbiamo davanti a noi. La prima fase è quella del “tempo lento per l'accoglienza”, fino alla conclusione di questo anno scolastico. Un tempo per comporre gruppi di socializzazione, acquisire prime competenze comunicative in italiano, iniziare ad affrontare i traumi. Una seconda fase di “consolidamento e rafforzamento” dei medesimi elementi, anche mediante patti di comunità, potrà essere svolta nel periodo estivo. Infine, una terza fase più strutturata di “integrazione scolastica” potrà essere iniziata con l’anno scolastico 2022/23. Per questa ultima fase però sono in gran parte ignote le condizioni in cui ci si muoverà.

Per la prima fase, di queste settimane?
Per l'attuale prima fase pare sensato adottare la “pedagogia del ritorno”. Mi spiego. Non sarà probabilmente breve il tempo di permanenza nel nostro Paese: quanto meno occorrerà attendere la ricostruzione delle tantissime abitazioni ed infrastrutture distrutte. Ma gli ucraini vogliono tornare da dove sono venuti. Perciò sono necessari percorsi di inclusione che non si rivelino di assimilazione. È bene in qualche modo siano mantenute la lingua, la cultura, la scolarità ucraine, per quanto possibile con il supporto delle comunità di appartenenza presenti nel nostro Paese. Occorre poi evitare “scivoloni” educativi. Ad esempio, gli eccessi: gli esuli devono essere accolti a braccia aperte, ma va rispettato il loro lutto per tutto quanto hanno perduto. Perciò la sobrietà credo debba essere la regola da adottare nell'accoglienza.

Per l'attuale prima fase pare sensato adottare la “pedagogia del ritorno”. Non sarà probabilmente breve il tempo di permanenza nel nostro Paese: quanto meno occorrerà attendere la ricostruzione delle tantissime abitazioni ed infrastrutture distrutte. Ma gli ucraini vogliono tornare da dove sono venuti. Perciò sono necessari percorsi di inclusione che non si rivelino di assimilazione

Quale ruolo possibile per i Patti di comunità e le collaborazioni fra scuole, enti locali e Terzo settore?
Secondo un detto africano, “per crescere un bambino ci vuole un villaggio”. La “pedagogia della scala” implica l'esigenza di molteplici gradini, con funzioni diversificate per l'accoglienza di questi nostri nuovi studenti. La scuola non può da sola comporre tutti i gradini necessari. I patti di comunità costituiscono i gradini che il “villaggio”, la comunità, si rende disponibile a realizzare per la migliore accoglienza anche scolastica degli esuli. Sono il contributo che gli enti locali, il privato sociale, le famiglie, le comunità ucraine decidono di offrire alla scuola, per la migliore realizzazione del suo compito.

Le nostre scuole sono attrezzate per l’accoglienza di studenti di prima immigrazione, che entrano in classe senza parlare italiano… Da più parte però dai territori ora viene la richiesta urgente di mediatori culturali e linguistici. Come affrontare questo nodo concreto? Con quali risorse? E in ogni caso, potranno ad esempio essere remunerate con queste risorse anche persone che non hanno un titolo di studio come mediatori?
Insieme ai traumi vissuti, la barriera linguistica è il primo ostacolo all’azione educativa della scuola, in particolare nella fase di accoglienza e socializzazione. I mediatori linguistici non sono però in misura pari alle esigenze. Con la collaborazione delle comunità ucraine e dei docenti esuli si confida comunque di potere fare fronte alle molteplici esigenze linguistiche di tipo almeno comunicativo. Vale comunque ricordare che i mediatori linguistici e culturali sono competenza degli enti locali e l'intervento del Ministero dell'Istruzione ha funzione di sostegno immediato, non sostitutiva. Credo poi che in un prossimo “Decreto Legge Ucraina” saranno assegnate risorse per l'emergenza e dunque anche per questa importante voce.

Che succede se l’alunno in arrivo ha una disabilità? Probabilmente non sarà certificata. È pensabile pretendere certificazioni per avere, ad esempio, il supporto di un insegnante di sostegno in questa situazione di emergenza umanitaria?
Purtroppo, le modalità della fuga fanno ipotizzare siano pochi i minori disabili che potranno uscire dall'Ucraina. Quelli che riusciranno ad arrivare, come sempre, saranno comunque accolti con modalità adeguate alla propria condizione. I documenti, le certificazioni favoriscono la conoscenza delle situazioni, ma non vengono poste a condizione dell'accoglienza. La scuola, come l'ospedale, in primo luogo accoglie e si prende cura della persona, facendo fronte all'emergenza quotidiana con competenza, dedizione ed etica.

Foto di Nati da Pexels


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