Sostenibilità

Benvenuti a Brindisi, dove l’allarme ambientale è diventato un’abitudine

Politici e imprenditori a processo per tangenti e irregolarità

di Redazione

Per la realizzazione del rigassificatore non è stata ritenuta necessaria
la procedura di Via.
Eppure sorgerà a due passi da un impianto petrolchimico pieno
di materiali
esplosivi e inquinanti
e da una centrale
elettrica a carbone…
Prende il via, a Brindisi, un processo che vede imputati politici ed imprenditori, invischiati in una serie di tangenti o favori, per agevolare la realizzazione di un impianto di rigassificazione nel porto pugliese, da parte della BG Group. La notizia di un processo per tangenti non ha certo il carattere della novità. Ma, fra gli altri reati contestati, ve ne sono un paio che meritano particolare attenzione. La realizzazione dell’impianto ha comportato il riempimento (colmata) di uno specchio d’acqua a ridosso del porto, contiguo alla zona industriale brindisina, e si contesta a taluni imputati l’omissione della procedura di valutazione di impatto ambientale (Via). Procedura che è stata ritenuta inutile dagli imputati, come anche inutile si è ritenuto di raccogliere l’opinione della cittadinanza.
Si assume che gli impianti di rigassificazione non siano inquinanti, nel senso che non trattano materiali inquinanti. Le gasiere si limitano a trasportare gas compressi allo stato liquido che, negli impianti, vengono riportati allo stato gassoso per essere immessi nelle condotte. Unico rischio concreto è che, nelle varie fasi, si possano verificare foriuscite di metano allo stato gassoso che, in quantità notevoli e in presenza di elementi d’innesco quali fiamme libere, potrebbe incendiarsi . Bene, a Brindisi (area a rischio di incidente rilevante e area di crisi ambientale – dpcm 1999, dpr 23/0471998, dlvo 334/99 – e anche sito inquinato di interesse nazionale, l.426/98) varcato il cancello al di là del quale è stata realizzata la colmata, si attraversa una strada larga appena qualche metro e, di fronte, vi è una lunga rete metallica, oltre la quale si erge l’enorme impianto del petrolchimico con enormi serbatoi e ciminiere dove vengono trattati materiali per la realizzazione di materiale plastico (ammoniaca, benzene ed altro). Nel 1977 uno dei reparti esplose e solo l’eroico sacrificio di tre operai scongiurò il diffondersi di una nube tossica sulla città; l’episodio non ebbe alcun seguito giudiziario.
In tale impianto viene trattato il pvc, composto chimico altamente cancerogeno. Si ipotizza che, per il contatto con questo materiale, oltre trecento operai siano deceduti per l’insorgenza di patologie tumorali. La questione è del tutto uguale al più noto processo di Mestre istruito dal giudice Casson. A Brindisi un’istruttoria durata parecchi anni è pervenuta, nello scorso mese di giugno, ad un’archiviazione per mancanza del nesso di causalità, ovvero si è ritenuto non vi fosse prova scientifica che quelle morti fossero ricollegabili a quei materiali. Fosse stato un altro tipo di tumore, il processo si sarebbe potuto fare. L’area della fabbrica è, allo stato, parzialmente sequestrata in attesa di opere di bonifica. È però recente l’avvio di un’ulteriore indagine perché dalle ciminiere si innalzano fiammate innaturali, avvistate anche a decine di chilometri di distanza, e su questo fenomeno la dirigenza del petrolchimico non ha dato risposte esaustive.
A ridosso dell’area dove si vorrebbe realizzato il rigassificatore, vi è anche una delle due centrali elettriche alimentate a carbone, realizzate una a nord e l’altra a sud di Brindisi. Le navi carbonifere giungono in porto scaricando su nastri trasportatori tonnellate di carbone che, dopo un viaggio di parecchi chilometri, utile ad inquinare terre e falde acquifere sottostanti, saturando l’aria di polveri sottili, si riversano nelle centrali per la lavorazione. Tutto ciò è contenuto in una area ristrettissima.
Materiali chimici nel petrolchimico, carbone nelle centrali elettriche; materiale esplosivo ed inquinante. Fra l’uno e l’altra il rigassificatore; non inquina ma s’incendia. Una miccia, in definitiva. Neanche il più geniale dei fabbricatori di armi avrebbe potuto congegnare un ordigno più sofisticato e potente. Di certo, per come sostenuto dagli imputati nel processo per la realizzazione del rigassificatore, non vi era necessità della Via; ce lo spiegheranno nel corso del dibattimento, si auspica, magari con il supporto della testimonianza (da loro già richiesta) dell’attuale presidente del Consiglio.

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