Welfare

Bentornati al lavoro!

Parlano i primi 12 operai riassunti nell'industria che è stata al centro del caso dell'estate.

di Redazione

di Daniele Bettini

Ritorno al lavoro. Dopo 17 mesi di faticose lotte lunedì 12 ottobre i primi 12 operai dell’INNSE di via Rubattino a Milano sono stati riassunti dal gruppo Camozzi. Al presidio non si festeggiava, un po’ perchè bisogna ancora risolvere le questioni degli arretrati con la gestione Genta (l’ex proprietario dell’INNSE, sono in ballo circa 150mila euro), un po’ per partito preso e un po’ perchè tra poco si torna a lavorare, e come mugugna qualcuno: «non si è mai visto nessuno vincere una “guerra” per poter tornare a sporcarsi le mani e a spaccarsi la schiena in fabbrica».
C’erano tutti i protagonisti dell’agosto caldo, tra gli altri Fabio, Massimo, Vincenzo e poi Gino, il portavoce degli operai, e Angela sua moglie, la super attiva vivandiera-factotum del presidio; si vede la soddisfazione nei volti, ad uno ad uno scivolano nel gabbiotto a firmare, finalmente, il nuovo contratto.

La storia dell’INNSE e dell’area in cui è inserita la fabbrica però è destinata a non finire, troppi interessi si incrociano su un territorio che è paradigmatico dello sviluppo delle periferie milanesi.  Comune di MIlano, gruppo Camozzi e immobiliare Aedes si sono accordati su una revisione del PRU (piano riqualificazione urbana) Rubattino, senza interpellare i cittadini che il quartiere lo vivono da anni con disagi di ogni tipo. Costruiti i palazzi mancano tutti i servizi promessi e dovuti alla cittadinanza. Mancano le scuole, la farmacia e soprattutto il tanto auspicato parco. In compenso qualcuno pensa a nuovi centri commerciali e a nuovi palazzi, come dire, la vicenda dell’INNSE, per quanto importante è solo un piccolo tassello del puzzle che pian piano si sta componendo.

Dopo l’esperienza dell’autoproduzione nel 2008, interrotta dall’intervento del tribunale, dopo i vari tentativi di sgombero, l’agosto caldo, la gru c’è stato l’intervento del gruppo Camozzi, il cui titolare Attilio, arriva ad affermare che quello della INNSE: « È un nome storico: ha dato al mondo della meccanica grandi soddisfazioni, ha dato all’Italia un nome e un immagine non indifferente penso che non dovrebbe essere difficile portarla in auge come immagine, come nome.». E continua: «smantellare, permettere che questa azienda venisse distrutta era veramente un delitto.».

Un legame con le macchine. E parlando con gli operai si avverte il profondo rapporto che lega loro alle macchine, c’è qualcosa di speciale, difficile da capire per una persona che in fabbrica non c’è mai stata. E poi quelle della INNSE sono macchine particolari, prima di Genta solo i tedeschi ritirandosi dall’Italia sul finire della seconda guerra mondiale avevano cercato di smontarle e spostarle da dove sono. Furono salvate dai partigiani. E quando Vincenzo dice: «Una macchina ferma è morta, più sta ferma e più muore e se sta ferma tanto, non la resusciti più» ci spiega perché durante i 17 mesi di presidio tutti i mercoledì gli operai di soppiatto entrassero nella fabbrica a far girare le macchine, ma ci racconta molto di più, ci descrive un mondo che forse non è più ma che ha sicuramente molto da insegnare.
Gli operai dell’INNSE hanno mille difetti, sono “brutti, sporchi, vecchi e settari”, non si fidano e non si schierano mai con nessuno, sono dei vetero operaisti con i quali è impossibile discutere perché hanno sempre ragione loro ed esistono solo gli operai.
Però la storia, anche questa volta, per fortuna ma non solo, la scrivono i vincitori; forse c’è una speranza anche per i cittadini del Rubattino, ma se vogliono il Parco e i servizi se li devono conquistare, pasti gratis non ce ne sono. 

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