Non profit

Beni dà la sveglia al Pd

Aperto oggi il XV congresso dell'associazione

di Maurizio Regosa

da Chianciano Terme

«In quest’Italia frammentata, possiamo essere il laboratorio originale di un altro federalismo, solidale e radicalmente democratico»: uno dei passaggi più efficaci della relazione che Paolo Beni, presidente nazionale dell’Arci ha tenuto, questo pomeriggio a Chianciano Terme, nel corso del XV congresso dell’associazione intitolato “Reagire alla sfiducia, agire il cambiamento”. Un intervento molto seguito dai circa 570 delegati regionali che ha del resto toccato molti argomenti e che, per taluni aspetti si configura come una “sveglia” al centro-sinistra.

Un paese in difficoltà

È quello delineato da Beni. La condizione dei migranti, la necessità di reagire a una perdita di cultura complessiva e all’avanzare di razzismo e degrado, la regressione politica che connota – fino a mettere a rischio la Costituzione – questo delicato passaggio: temi che, secondo il presidente dell’Arci, interrogano fortemente il mondo dell’associazionismo. Serve «la pazienza di ricomporre l’unità di forze diverse attorno a un progetto comune. Serve la volontà di lasciarsi alle spalle incertezze e politicismi, velleitarismi e personalismi», ha proseguito forse rivolgendosi esplicitamente a Pierluigi Bersani, segretario nazionale del Pd. Da qui appunto il rinnovato ruolo della società civile, del non profit e, in particolare, dell’Arci.

Ripartire dai circoli

Per quanto ci compete, ha aggiunto Beni, dobbiamo «riprendere il lavoro» delle case del popolo, delle società di mutuo soccorso, dei consigli di quartiere e della scuola a tempo pieno. Ripartire insomma dai circoli. Rivivendo i territori e le comunità, rilanciando la partecipazione e la capacità di «aprire una stagione di conoscenza e di scambio fra i territori: gemellaggi, sostegno reciproco, progetti comuni». Rilanciando un grande progetto di educazione popolare. Confermando l’’impegno dell’Arci nel Forum del terzo settore (in sala anche Andrea Olivero, il portavoce, e Fausto Casini, presidente dell’Anpas). Il terzo settore è cresciuto in capacità economica, organizzativa e visibilità sociale: intendiamo continuare a sostenerlo, ha ribadito Beni, in particolare in un momento in cui (vedi vicenda abolizione tariffe postali) il governo nega «il ruolo dei corpi intermedi, delegittima le autonomie sociali».

La risposta della politica

In queste situazioni, si sa, la politica può assumere i toni di circostanza. Non lo ha fatto il governatore toscano Enrico Rossi. Diversamente articolato invece il contributo di Pierluigi Bersani. «Ripartire dalle persone e dalle associazioni, ritrovare luoghi reali e non virtuali di democrazia»: obiettivi che Rossi, ha indicato sottolineando la necessità di ritrovare una sintonia fra la politica e la società civile. Dal voto regionale, invece, è partito Bersani, che è parso molto più attento alle grandi questioni della politica che intenzionato a rispondere alle sollecitazioni di Beni. Ha dribblato per esempio il tema della presenza nei territori, del ruolo e delle rivendicazioni della società civile (appena sfiorata), ha fatto un rapidissimo cenno al localismo aperto e inclusivo, preferendo concentrarsi sulla sostanziale tenuta della sinistra alle consultazioni regionali e soprattutto sottolineando come la disaffezione verso la politica, emersa anche in occasione dell’ultimo voto, sia collegata alla pesante crisi del paese. Una crisi taciuta e rimossa dai media, rispetto alla quale il governo poco ha voluto fare. «La questione democratica e la questione sociale si sono intrecciate sempre più, mentre la crisi può essere causa di una regressione culturale e civile». Analisi in parte condivisibili. Farle al congresso dell’Arci ha significato però non affrontare le questioni che l’associazione, per voce del suo presidente nazionale, aveva posto.


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