Nei procedimenti di assegnazionedei beni confiscati, i Comuni hanno da sempre adottato procedure differenti e poco standardizzabili. Da Nord a Sud si possono incontrare differenti modelli spesso condizionati dalle esperienze fatte sul territorio a livello associativo. Come orientarsi?
L’Agenzia per le onlus ha raccolto in un documento molto utile 116 buone pratiche in questo settore. Siano protocolli di intesa, albi dei destinatari o bandi di gara, comunque non cambiano i requisiti richiesti ai destinatari: esperienze pregresse nel settore di intervento indicato dal decreto di destinazione del bene; radicamento sul territorio; precedenti collaborazioni con le istituzioni, e soprattutto buone capacità economiche per sostenere le opere di ristrutturazione e manutenzione delle strutture. Il resto lo fanno le scelte degli enti locali. Molte amministrazioni si sono affidate agli Albi dei destinatari (Napoli e Palermo) o Commissioni specifiche (Roma), con criteri di selezione guidati dall’arbitrio. Altre (Bari) hanno scelto, invece, la strada dei bandi pubblici, dando risalto alla qualità dei progetti. La vera discriminante (spesso sottointesa) è sempre la disponibilità di risorse economiche per far fronte a tutte le spese finalizzate al riutilizzo del bene. In quest’ottica però non sono mancate esperienze di riutilizzo finanziato con fondi europei. Per esempio, il Pon Mezzogiorno per i beni affidati, sempre tramite bando, dai consorzi di Comuni legati a Libera o, ancora, gli stanziamenti ad hoc di Regioni per il riutilizzo di beni da parte dei Comuni.
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