Volontariato

Benetollo, uomo del fare

Quanta parte ha avuto in questi dieci anni della storia della società civile del nostro Paese.

di Riccardo Bonacina

Carissimo Tom, quanta parte hai avuto in questi dieci anni della storia di Vita, e più in generale della storia della società civile organizzata nel nostro Paese. E che vuoto lasci, tra noi. Tra noi che eravamo abituati a sentirci per scambiarci opinioni e giudizi, per darci consigli. Ci hai lasciato all?improvviso, mentre eri impegnato, come infinite volte, in un convegno. Senza preavviso. Del resto eri proprio così, anche quando si trattava di incontrarsi; quante volte ci si incontrava senza preavviso, ?per caso?, si dice, in convegni, incontri, spazi di dibattito, un po? in tutta Italia. Perché tu sei stato un vero viaggiatore e tessitore della partecipazione e della democrazia sociale. Quanti ponti hai costruito in questi anni, quanti rapporti hai tenuto vivi, anche quando sembravano sul punto di spezzarsi, di consumarsi col tempo. La tua ultima parola era: «riproviamoci», «ripartiamo». E non era mai un richiamo moralistico o al ribasso, eri capace di rilanciare perché troppe erano le cose da fare, e c?era bisogno davvero di tutti, per costruire pezzi di mondo nuovo. Sono troppe le istanze che non possiamo lasciar cadere, troppe le cose da fare, ci dicevamo. Sentivi l?urgenza della costruzione, del dare voce e rappresentanza alle istanze e ai segnali che fermentavano nella società, ai movimenti che ti stavano tanto a cuore. Questa tua tenace dolcezza ti faceva uomo giusto e di pace, insostituibile costruttore di una nuova politica. Poco più di un anno fa ci avevi scritto: «Nelle sfide che abbiamo davanti Vita è un compagno insostituibile». Per questo avevi portato l?Arci nel 1998 nel Comitato editoriale, e nel 2001 tra gli azionisti della nostra compagine societaria. E un?altra volta, pochi mesi fa, ci avevi scritto a proposito di un articolo non felice: «Ricordatevi che la necessità di Vita è nel suo essere giornale plurale. Non mortificate mai il dibattito tra tutte le voci del movimento». In questi giorni, qui in redazione siamo andati a rileggere le tante interviste e gli interventi che abbiamo pubblicato in questi anni di amicizia e collaborazione. Ci ha impressionato un refrain che torna in qualsiasi argomento tu affrontassi: «Quello che conta è il servizio», scrivevi. E ancora: «Sta nel ?fare? la nostra credibilità e la forza morale, culturale e politica, di questo movimento». Caro Tom, ci ha molto colpito la trascrizione di quell?ultimo intervento che non sei riuscito a concludere, sabato 19 giugno. A una riunione del movimento per la pace, cui fino in fondo partecipavi, hai ricordato chiaramente come: «Il cuore pulsante del processo di rinnovamento della politica deve stare nel sociale. I soggetti centrali devono essere sociali. Quando sottolineate che da bocciofila abbiamo fatto diventare l?Arci motore del movimento per la pace e contro il liberismo, è come se sottovalutaste il ruolo importante delle bocciofile come luoghi di socialità». Eri chiaro nei giudizi e insieme mite, mai astratto. Ecco, all?astrazione hai sempre preferito la realtà, così come alla notorietà e alle prime pagine, hai preferito stare sempre in mezzo alla gente e al popolo, sempre in prima linea affacciato alla realtà. Questo ti faceva diverso, ed è un peccato che in questi giorni tanti cattolici, con cui in questi anni tu hai collaborato, non lo abbiano sottolineato, lasciando che sulla tua memoria si costruisse un santino tutto interno alla sinistra. Caro Tom, è vero, tu sei stato un uomo della sinistra, ma di una sinistra nuova, che ancora non c?è. Con la stessa libertà e odio per gli schemi, collaboravi con chiunque provasse a costruire pezzi di mondo nuovo e più giusto (ti preoccupava la capacità di rispondere ai bisogni prima delle analisi e delle ideologie), così non nascondevi i tuoi dubbi e contrarietà prima che diventassero retropensieri e sospetti. Caro Tom, ci mancheranno i tuoi consigli e le tue sollecitazioni, ci mancherà un amico così libero, così presente, ma ti assicuriamo che ciò che abbiamo imparato in questi dieci anni vedremo di non disperderlo. Restituendolo, come un pezzo di coscienza condivisa e comune.


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