Volontariato
Benemerita accoglienza
In pensione dopo un infarto, Franco Pitari ha deciso di dedicare la sua vita ai poveri della sua città. Con laiuto di altri volontari li assiste e li sfama.
O gni sera al numero 141 di via Noce, all?interno di uno dei quartieri più poveri della città di Palermo, c?è una lunga fila di persone in attesa di un pasto caldo da portare a casa. Ad aiutarli un sottufficiale dell?Arma dei Carabinieri in pensione, Franco Pitari, che, con la moglie Rosa, ha fondato l?associazione famiglie bisognose (Asfabi).
La giornata di ?fratello Franco?, come viene chiamato dai volontari e dalle persone del quartiere, comincia presto. Alle sette è già in strada e raccoglie tutto ciò che può essere utile per sfamare i suoi ?protetti?. Si reca nei bar, nelle caserme, nelle carceri carica la sua macchina con il cibo raccolto e poi ricomincia il giro, numerose volte, fino a sera. E alle 20, puntuale, è in via Noce dove con la moglie e i tanti volontari che lo aiutano, apre le porte alle famiglie povere che vengono da tutti i quartieri della città. «Ho cominciato ad aiutare le persone bisognose presso la parrocchia del quartiere», racconta Pitari, «ma lo spazio era insufficiente e angusto e così sono stato costretto ad affittare un piccolo appartamento con i soldi della mia pensione». La voce si è diffusa presto e anche questo locale oggi è troppo piccolo per le esigenze della comunità. Sono, infatti, più di quattrocento le famiglie che vengono a bussare alla porta dei coniugi Pitari, come Anna, 37 anni, divorziata con un figlio che dice: «Finora ero sempre riuscita ad arrangiarmi, ho un diploma di turismo e ho sempre lavorato, anche se in nero, ma sono ormai alcuni mesi che non riesco a trovare un?occupazione stabile e mangiare è certamente una di quelle cose di cui non si può fare a meno. Qui ho trovato tanta disponibilità e affetto». Storie di ordinaria povertà: «Vivo in una casa popolare, mi hanno tagliato la luce e nonostante i lavoretti saltuari di mio marito che è idraulico disoccupato non riusciamo a tirare avanti» racconta una delle assistite, 43 anni e due figli piccoli «ogni giorno faccio un viaggio in autobus per arrivare al centro, ma so che i miei figli così non andranno a letto digiuni».
Franco Pitari è nato a Cropan, un piccolo paese collinare della Calabria.
«Una vita povera, ma onesta. Una famiglia numerosa e allegra» racconta «un grande amore nei confronti del prossimo che mi spinge, ad appena diciassette anni ad arruolarmi nell?arma dei carabinieri». Trasferito immediatamente a Palermo il suo lavoro lo porta ad avere contatti con la povertà nei suoi aspetti più duri e difficili da accettare. «In pieno boom economico» continua «i bambini non riuscivano a mangiare la carne neppure una volta al mese e le mamme allungavano il latte con l?acqua perché fosse sufficiente per tutti i componenti della famiglia. Quando vedevo una persona in manette mi sentivo distrutto, pensavo alla moglie e ai figli che rimanevano senza sostegno. L?esperienza fatta come carabiniere e l?aiuto che cerco di dare ai poveri mi hanno fatto rendere conto che sono la disoccupazione e l?esasperazione la causa principale della piccola criminalità».
Due anni dopo conosce la futura moglie, Rosa. Nel 1992 Franco ha 39 anni, due figli adolescenti, e viene colpito da un infarto, i medici gli danno poche speranze. Invece si riprende brillantemente dopo un intervento chirurgico. «Questa è stata la molla che ha fatto scattare dentro il mio cuore il desiderio di realizzare immediatamente il sogno della mia vita» spiega Franco «due anni dopo ero già in pensione e ho fondato l?associazione. Nel 2000 ci sono ancora persone che vanno in cerca di cibo nei contenitori dell?immondizia per potere nutrire i propri bambini. La fame e la miseria fanno ormai parte della mia vita».
«L?opera di Pitari ha un significato altamente umanitario» aggiunge padre Fedele Fiasconaro, parroco della chiesa del Sacro Cuore di Gesù che sorge a pochi metri dall?Asfabi. Un pastore che conosce bene il suo gregge: «Purtroppo la realtà del nostro quartiere è davvero terribile», racconta, «ci sono moltissimi nuclei familiari, costituiti da donne giovani con parecchi figli e il marito in galera, costretti a vivere in veri e propri tuguri e in promiscuità. Per queste famiglie e per tante altre l?aiuto di Franco è l?unico su cui possono contare».
La sera andiamo da fratello Franco
Giusy ha ventotto anni. Tre figli di dieci, sette e tre anni. Viveva con il marito nella casa della suocera, a pochi chilometri dalla città. L?uomo la picchiava e la suocera le consigliava di avere pazienza. «La pazienza l?ho avuta per dieci lunghissimi, terribili anni» racconta. «Un giorno è arrivato più arrabbiato del solito, ha preso a calci anche sua madre e le ha detto cose terribili. Poi stava venendo verso di me e il mio figlio maschio ha cercato di difendermi. Si è rotto un braccino. Io piangevo e lui mi abbracciava e mi consolava. Un bambino di appena sei anni. L?ho portato in ospedale e ho detto che era caduto dal letto. La stessa notte sono scappata, lui era troppo ubriaco per fermarmi. Mia suocera ha baciato i bambini e mi ha dato 50mila lire. Sono tornata a Palermo da mia madre. Per fortuna sono figlia unica perché mia madre, quando sono nata, stava morendo e le hanno levato l?utero, così siamo rimasti da lei. Dormiamo tutti in una stanza grande, ma i bambini vanno a scuola e noi puliamo scale e condomini.
È già un anno e mio marito non si è mai fatto vedere. Io d?altronde mio padre non l?ho mai conosciuto e mia madre dice che è meglio così. La sera, a turno, andiamo a prendere da mangiare da fratello Franco, che è diventato il nostro benefattore».
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