Economia sociale
Una nuova impresa su mille è benefit
Il fenomeno delle aziende che, pur essendo profit, inseriscono nel proprio statuto una finalità di sostenibilità sociale e ambientale è in aumento. Oggi sono oltre 3.600. Il presidente di Assobenefit, Mauro Del Barba: «La scelta del duplice scopo incide positivamente sui territori ed è in grado di cambiare le dinamiche economiche»
Il fenomeno delle società benefit è in espansione. Nel 2023 il numero delle aziende che hanno adottato questa forma giuridica è cresciuto del 37,8% rispetto al 2022, raggiungendo quota 3.629, con più di 188mila persone occupate. Interessante notare che nei primi tre anni dalla loro introduzione, nel 2016, erano arrivate ad essere circa 400 a fine 2019, aumentando dunque nove volte nei quattro anni successivi fino ad oggi. Un piccolo esercito, animato però da intenzioni tutt’altro che bellicose ma, anzi, dichiaratamente aperto alla restituzione di valore alle comunità e ai territori in cui operano. Sono i numeri – e riflessioni – che emergono dalla ricerca nazionale sulle società benefit, promossa da Nativa insieme ad Assobenefit, l’associazione che le raggruppa, al Research department di Intesa Sanpaolo, Infocamere, al dipartimento di scienze economiche e aziendali dell’università di Padova e alla Camera di commercio di Brindisi-Taranto, molto attiva su questo fronte.
Più margini
I risultati descrivono dunque un ecosistema di imprese in crescita, appartenenti a vari settori (figura sotto) e, dal punto di vista del profilo economico caratterizzato da risultati positivi, a riprova che la sostenibilità non è (o, almeno, non solo) un costo, bensì una leva per lo sviluppo. La scelta di diventare Benefit viene operata normalmente da società in salute: tra il 2019 e il 2022 le società Benefit hanno registrato performance economiche mediamente migliori rispetto alle altre, con una crescita del fatturato del 37% a dispetto dalla vs +18%, redditività misurata dall’ebitda (l’indice che misura i margini di guadagno: 9% vs 8,3%).
È chiaro che non basta aderire alla forma “benefit” per ottenere automaticamente dei buoni risultati, ma l’adesione a questo progetto è compiuta da aziende già dotate di visione, strategie e capacità che trovano un coronamento e un possibile nuovo slancio in questa scelta impegnativa.
Alta produttività
Altro dato interessante emerso dalla ricerca riguarda la produttività che risulta più alta (62mila euro per addetto per le società Benefit vs. 57mila euro per le non-benefit nel 2022. Questa miglior performance, notano da Assobenefit consente di far fronte a un costo del lavoro maggiore (41mila euro per addetto per le società Benefit a 38mila per le non-benefit nel 2022), distribuendo più valore ai dipendenti.
Dimensioni
In valore assoluto, le società benefit sono principalmente microimprese, seguono le piccole, le medie e le grandi imprese. La fotografia cambia se guardiamo all’incidenza sul totale delle società registrate. In questo caso, infatti, si evince che l’incidenza di società benefit è maggiore per le grandi imprese (16,83‰), seguono le medie (7,16‰), le piccole (2,33‰) e le microimprese (1,01‰).
Va inoltre osservato che cresce l’incidenza delle società benefit sulle nuove aziende che si registrano. Ad oggi, come mostra il grafico qui sopra , ogni mille nuove imprese che iniziano la loro attività, 1,26 scelgono di nascere come Benefit.
Gli obiettivi
Mauro Del Barba, presidente di Assobenefit è particolarmente soddisfatto di questo andamento e, nell’ambito della giornata nazionale delle società Benefit ha dichiarato: «Mentre tanti chiacchierano e altri fanno affari, migliaia di imprenditori hanno scelto di abbandonare ogni indugio e percorrere con le proprie imprese la via del beneficio comune. Ma è nella natura dell’uomo che dovremmo annoverare l’azienda, che sperimenta giorno dopo giorno la reale volontà e capacità di agire ciò che la ragione e la coscienza indicano. Serve una rivoluzione radicale dal basso operata secondo una guida concettuale condivisa. Le società Benefit entrano ora in una fase in cui sono chiamate ad uscire dalla propria “comfort zone”, confrontandosi apertamente con il mercato. Per mostrare come la scelta del duplice scopo incida positivamente sui territori in cui operano e sia in grado di cambiare le dinamiche economiche nel senso atteso».
Un po’ di storia
Lo status giuridico di benefit corporation (in Italia società benefit) è stato per la prima volta approvato in Maryland nel 2010, con l’obiettivo di creare una nuova forma di governance orientata allo sviluppo di valore condiviso, che affiancasse alla produzione di utili la creazione di un impatto positivo sulla società e sull’ambiente da parte dell’azienda. Nel 2016 l’Italia è diventata il primo Paese, dopo gli Stati Uniti, a introdurre nella propria legislazione la possibilità per le aziende di adottare la qualifica di società benefit.
Da allora ogni azienda può diventarlo, inserendo all’interno del proprio oggetto sociale le finalità di beneficio comune. Si tratta di affermare il proprio obiettivo di creazione di valore per tutti gli stakeholder, ufficializzando così l’impegno dell’azienda nel perseguire obiettivi di bene comune e uno scopo che vada oltre il solo profitto.
Benefit nel mondo
In questi anni, si spiega nella ricerca, il processo di adozione del modello di Benefit Corporation avanza con continuità in tutto il mondo, oltrepassando i confini dei trentotto Stati americani e dell’Italia. Le società Benefit a oggi sono state introdotte in 38 Stati degli Stati Uniti, in Italia (dal 2016), Colombia (2018), Porto Rico (2018), Columbia Britannica (2019), Ecuador (2019), Perù (2020), Ruanda (2021), Spagna (2022), Panama (2022), San Marino (2023). L’iter legislativo per l’approvazione di una legge ad hoc è in corso in più di altri dieci stati, tra cui Uruguay, Argentina, Australia, Cile, Taiwan e Corea. Nel 2019, la Francia ha introdotto la cosiddetta Société à Mission che, pur presentando delle differenze rispetto al modello internazionale di Benefit Corporation, può essere considerata vicina per valori e impianto di base.
Foto in apertura: dalla Ricerca annuale
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.