Volontariato

Beneficenza addio, la salute prende il treno

Le aziende farmaceutiche battono nuove piste: ecco qualche caso emblematico. Di Ida Cappiello, Joshua Massarenti, Paolo Manzo e Carmen Morrone

di Redazione

Treni trasformati in ospedali itineranti che trasportano il diritto alla salute nei più sperduti villaggi del Sudafrica. Premi da destinare a chi combatte malattie e disagio psichico. Programmi di scambio con ricercatori cinesi esperti nell?utilizzo della medicina tradizionale applicata alla lotta alla malaria. Stage sullo sviluppo e somministrazione di antiretrovirali per medici nati e cresciuti sotto l?Equatore. Sudafrica, l?ospedale su rotaia Dimenticate la parola beneficenza e l?immagine di scatoloni pieni di medicine ammassati negli aeroporti dei Paesi poveri. La solidarietà delle aziende farmaceutiche verso il Sud oggi nasce all?insegna della creatività e arriva a destinazione per nuovi canali. Obiettivo: «Sostenere progetti tagliati sulle esigenze della popolazione locale e, quindi, sostenibili nel lungo periodo», spiega Dario Francolino, responsabile Communication and public affairs di Roche Pharma, sponsor storico e principale non sudafricano del Phelophepa. Un treno sudafricano trasformato in ospedale mobile che, per 36 settimane l?anno, percorre altrettante località raggiungendo le persone residenti nelle zone rurali dove è più difficile l?accesso ai servizi sanitari. La sostenibilità di questo convoglio costruito dalla società ferroviaria sudafricana Transnet e gestito dalla sua fondazione, che ha investito circa 2,5 milioni di dollari per realizzarlo e ne spende 192mila al mese per la mantenerlo, compresi i pasti preparati a bordo e l?ingaggio di personale occasionale lungo il tragitto? I numeri parlano chiaro: sette milioni di persone curate in dieci anni, 14 sanitari fissi e 40 studenti di medicina che prestano due settimane ciascuno di servizio volontario, cura del diabete e del tumore aggiunte nel 2004 ai servizi base (medicina generale, odontoiatria, oculistica, psichiatria). Ma il successo dell?iniziativa va cercato anche nella campagna informativa che prepara gli abitanti delle diverse aree all?arrivo del treno in modo che la gente abbia il tempo di risparmiare per potersi pagare un paio di occhiali o un intervento del dentista: gli organizzatori contattano le autorità sanitarie dei villaggi anche tre mesi prima della data di arrivo e, un mese prima, un manager della fondazione passa un?intera settimana nel villaggio visitando personalmente mercati, fattorie, scuole e comunità per informare dell?evento. Non solo Sud Una novità assoluta è anche l?attenzione che alcuni big del farmaco rivolgono all?Est. Per esempio, con riconoscimenti a colleghe aziende come il Premio Takunda che, il 9 maggio scorso, Boehringer Ingelheim e l?ong Cesvi hanno conferito alla Focchi per il suo impegno nell?assistenza a giovani con disagio psichico in Albania e in Serbia. «Un?azienda che consegna a un?altra azienda un premio di grande valore sociale è come dire un?azienda che sul piano dell?etica ha qualcosa da insegnare, cosa impensabile fino a pochi anni fa», commenta la responsabile comunicazione di Boehringer Italia, Marina Guffanti. «Takunda è il primo bimbo nato sano da madre sieropositiva con il progetto Cesvi Fermiamo l?Aids sul nascere. L?ha salvato la nevirapina, il nostro farmaco che previene la trasmissione dell?Hiv dalla madre al feto e che è al centro di un vasto programma di donazioni: è distribuita gratuitamente in circa 48 Paesi soprattutto in Africa, Asia e in Europa Orientale (Ucraina, Georgia, Russia) e, dallo scorso ottobre, anche in Cina. Inoltre, è prodotta come generico dalla sudafricana Aspen, con licenza concessa gratuitamente». Ai Paesi dell?Est hanno rivolto la loro attenzione anche Bristol-Myers Squibb, con il sostegno alla Hungarian Hospice Foundation e il programma Future whitout Aids con cui fa prevenzione sull?Hiv in Ucraina, e Sigma-Tau. L?azienda italiana, fondata nel 1959 da Claudio Cavazza, proprio in questi giorni ha lanciato la sperimentazione di un antimalarico a base di Artemisina in collaborazione con un team di scienziati cinesi della Choquing Holley. Progetto che prevede uno scambio di operatori – quelli cinesi trascorrono periodi di ricerca e studio in Italia grazie all?offerta di borse di studio – e che riveste una grande importanza perché l?utilizzo di farmaci a base dell?antica pianta cinese Artemisina oggi sono raccomandati dall?Oms per le terapie contro la malaria. Il caso Artemisina Lo sa bene Novartis che, proprio usando i derivati dell?Artemisina, nell?ambito del progetto Roll Back Malaria ha inventato un farmaco a prezzo di costo, il Coartem, esclusivamente distribuito nei Paesi in via di sviluppo per la lotta alla malaria. Da quota 30 milioni previsti per il 2005, Novartis intende produrre oltre 120 milioni farmaci Coartem nel 2006. E, a livello nazionale, Novartis Italia ha siglato nel 2004 un accordo con il ministero della Salute del valore di 500mila dollari per l?utilizzo del Coartem nel Tigrai (Etiopia). La malaria non è l?unica malattia dimenticata contro cui si batte il colosso svizzero che, nel 2005, è stato insignito del prestigioso premio Excellence in Corporate Philanthropy per l?impegno del management in materia di corporate citizenship: attraverso un programma di cure gratuite lanciato nel 2000, Novartis è riuscita a guarire oltre tre milioni di persone affette dalla lebbra. Pari modo, altri 500mila pazienti colpiti dalla tubercolosi hanno avuto accesso a compresse in combinazione fissa. Novartis Italia, inoltre, ha recentemente siglato una partnership con l?Alleanza degli ospedali italiani nel mondo che la impegna a finanziare un progetto di e-learning per gli operatori sanitari all?estero e a completare il servizio di teleconsulto che collega 25 strutture e 147 medici. E la solidarietà verso l?Africa? Il fronte della formazione Anche nel continente dove vive il 90% delle persone che continuano a morire di malattie curabili in Occidente, l?impegno delle multinazionali del farmaco assume nuove forme. Prima fra tutte, gli stage di sei settimane sulle terapie antiretrovitali che Pfizer offre a farmacisti africani presso il Trinity College di Dublino nell?ambito di un programma che fa capo all?Infectious Diseases Institute (Idi) dell?università di Makerere a Kampala, in Uganda, istituto di cui la multinazionale Usa è il partner, all?interno di un pool di ong attive in campo sanitario, e con cui lavora per trasferire competenze dalla classe medica e scientifica occidentale ai professionisti africani. Con ottimi risultati: a oggi, 150 medici provenienti da 10 Paesi dell?Africa subsahariana hanno completato la loro formazione universitaria presso l?Idi, divulgando poi ciò che avevano imparato a molti altri sanitari africani, nella misura stimata da 1 a 10. Sempre a Kampala, nell?agosto dello scorso anno, Pfizer ha inaugurato una clinica per la cura dell?Hiv in cui 3mila persone sieropositive hanno già ricevuto farmaci antiretrovirali, prevenzione delle infezioni opportunistiche, educazione di genitori e insegnanti sui comportamenti preventivi dell?infezione. Uno stabilimento a Khartoum In Africa, dove Bristol-Myers Squibb ha finanziato con 120 milioni di dollari la costruzione di ospedali pediatrici in Botswana, Lesotho e Swaziland e dove cerca di alleviare l?impatto delle infezioni da Hiv tra le donne e i bambini nell?area subshariana con il programma Secure the future, carestie e guerre hanno recentemente rallentato i progetti di solidarietà delle aziende farmaceutiche. Lo spiega bene Claudio Cavazza di Sigma-Tau: «Nel 1984 a Khartoum, nel martoriato Sudan, abbiamo inaugurato uno stabilimento che produce una trentina di farmaci a prezzi accessibili collocati sui mercati locali, in Etiopia, Eritrea, Chad, Iraq, Tanzania, e nei Paesi arabi. Doveva essere un po? la testa di ponte verso altri territori, ma la guerra civile tra il governo di Khartoum e il movimento di liberazione sud-sudanese, che per fortuna a gennaio di quest?anno si è conclusa con un accordo di pace, ha rallentato la realizzazione dei nostri progetti». Per i malati di Aids africani si batte anche GlaxoSmithKline. Nell?ambito del Progetto Dream, inserito in un accordo con la Comunità di Sant?Egidio e il ministero della Salute del Mozambico, l?azienda aiuta le donne sieropositive in gravidanza a ricevere farmaci antiretrovirali per curarsi e per prevenire la trasmissione del virus al loro bambino. Quando scatta l?emergenza Dall?Africa all?Asia, in particolare quella che a inizio anno è stata colpita dallo tsunami, per altri interventi di solidarietà. Da quello di Bristol-Myers Squibb, che a tre giorni dalla catastrofe ha inviato farmaci di prima necessità per curare 75 milioni di persone, a quello di Novartis che ha versato due milioni di dollari a favore delle vittime, passando per quello di GlaxoSmithKline Italia che tra i suoi dipendenti ha raccolto oltre 23mila euro per i Paesi colpiti. In risposta all?onda di gennaio, si è mossa anche la Bracco. Il gruppo italiano, fondato nel 1927 e oggi leader mondiale nelle soluzioni globali per la diagnostica per immagini, ha scelto di affiancare il Centro italiano aiuti all?infanzia in un progetto di solidarietà chiamato Aiutiamoli a ricominciare che ha già consentito a 1.200 bambini dello Stato di Tamil Nadu, la zona del Sud dell?India colpita dallo tsunami, di riprendere a studiare. L?impegno di Bracco si è concretizzato con l?invio, a fine dicembre, di prodotti farmaceutici per contribuire ad arginare la situazione di emergenza creata dalla catastrofe naturale e di 1.200 kit scolastici grazie ai quali bambini e ragazzi nell?area di Tamil Nadu potranno riprendere gli studi e ricominciare a costruire il loro futuro. Il progetto educativo, volto alle nuove generazioni in una logica di partnership con la comunità di riferimento, vede coinvolti anche 3mila ragazzi che partecipano all?edizione 2005 del programma <> lanciato dall?azienda nei territori in cui opera. I ragazzi sono stati invitati a raccogliere altri fondi da destinare al progetto Aiutiamoli a ricominciare e Bracco si impegna a versare un euro aggiuntivo per ogni donazione effettuata dai ragazzi.


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