Cultura

Benedetto XVI e la maledizione di Ratisbona

di Redazione

Ratisbona, ancora Ratisbona. È destino che sia la città bavarese forse più amata da Joseph Ratzinger a procurargli i più grandi tormenti. Il 12 settembre 2006 papa Benedetto vi tornò, su invito della sua antica università, per tenere la dottissima Lectio Magistralis sul rapporto tra fede e ragione. Ma la spericolata citazione storica dell’imperatore di Bisanzio (che criticava l’insegnamento di Maometto) fu presa come un insulto dal mondo musulmano. Ebbene, proprio a Ratisbona, due anni dopo (1° novembre 2008), il vescovo lefebvriano Richard Williamson concedeva ad una tv svedese l’intervista sulla Shoah le cui conseguenze – per l’immagine del papa – sarebbero state ancora più laceranti del precedente strappo con il mondo islamico. Nessuno crede ai sortilegi e certo due indizi non fanno ancora una prova, ma insomma, sarà bene che Benedetto XVI si tenga lontano da Ratisbona l’anno prossimo quando tornerà per la terza volta (da papa) in Germania.

LEFEBVRE, UN PAPÀ PARTIGIANO
Uno dei paradossi meno noti della kafkiana vicenda delle dichiarazioni negazioniste del vescovo Williamson è che il padre di Marcel Lefebvre morì in un campo di concentramento nazista. L’episodio è ricostruito nella biografia di Lefebvre pubblicata nel 2005 da Bernard Tissier de Mallerais, uno dei quattro vescovi ai quali il papa ha revocato la scomunica il 24 gennaio. René Lefebvre, questo il nome del papà del vescovo ribelle, fu arrestato dalla Gestapo il 21 aprile 1941. Attivissimo nella Resistenza, in contatto con i servizi di informazione belgi, fu condannato a morte a Berlino il 28 maggio 1942 per «accordi segreti con il nemico e reclutamento di giovani in grado di imbracciare le armi contro il Reich». Venne quindi recluso nel campo di Sonnenburg. Fu in questo lager, dopo essere stato pestato a sangue dal suo guardiano, che René Lefebvre morì nel febbraio del 1944, «da autentico partigiano» annota il vescovo-biografo.

Ipse dixit
Di fronte a tutti i peccati della Terra sarebbe ovvio dire: «Dio distrugga questo mondo così!». Invece Dio muore per un mondo così, diventa uomo e muore per gli uomini, tanto che questa misericordia rappresenta il senso ultimo del Mistero.
Luigi Giussani
(dalla biografia di Massimo Camisasca, p. 160)

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