Economia

Benedetto sia il profitto

Il caso chiara Lubich. La “rivoluzione” economica avviata dalla fondatrice dei Focolarini

di Sara De Carli

La fondatrice del movimento dei Focolari ha fatto scuola di ?economia?. Di un?economia nuova. In cui gli utili sono ?bene comune?. Impariamo a conoscerla

Lo spirito, si sa, soffia dove vuole. E il dopo Chiara, quindi, potrebbe anche riservare delle sorprese. A Roma, tra i focolarini raccolti per l?ultimo saluto alla Lubich, era palpabile la consapevolezza di stare dentro un cammino già tracciato: continuare a testimoniare l?unità. Cedere su questo sarebbe il tradimento più grande. Ma se è vero che l?unità è un dono, col passare del tempo sarà sempre di più anche una conquista: soprattutto dentro un movimento variegato come è quello dei focolari, che tiene insieme cristiani e buddisti, laici e consacrati, e ha saputo farsi soggetto attivo e creativo dentro la Chiesa, la politica, l?economia. «L?unità sarà un compito perché le diversità fra noi ci sono», spiega Lucia Fronza Crepaz, responsabile del Movimento politico per l?unità. «Chiara ci ha coltivati nelle nostre diversità e nei nostri talenti, non ci ha cresciuti come pecoroni dietro a un leader. Anzi, la definizione di leader lei proprio non l?amava, ed esattamente per questa ragione».Il Vangelo dai tetti in giù Non per nulla la dizione esatta della sua invenzione più fantasiosa, l?Economia di comunione, è «Economia di comunione nella libertà». Condividere, fare comunità, aiutare i poveri è sempre stato il chiodo fisso di Chiara, fin da quella notte gonfia di stelle del 1943, quando sotto le bombe decise di non sfollare con i suoi sulle montagne ma di rimanere a Trento per provare a raccogliere su di sé «il dolore dell?umanità intera». Lei amava il Vangelo «dai tetti in giù».Quasi 50 anni dopo, nel 1991, quell?idea diventa un progetto sociale ingenuo e ambizioso: una rete di aziende con l?obiettivo di fare utili da destinare ai poveri. Un for profit estroverso, che oggi raccoglie 735 aziende nel mondo e 210 in Italia, alcune hanno fatto condensa in sette poli imprenditoriali. Il primo è nato in Brasile nel 1993, il secondo in Italia nel 2001. Ha sede in Toscana, a Loppiano, e oggi raduna 20 aziende, 5.636 soci e una settantina di dipendenti, per un fatturato complessivo che sfiora i 30 milioni di euro.Le aziende del polo Lionello Bonfanti, come tutte quelle che aderiscono all?EdC, destinano un terzo dei loro utili ai poveri. Nel 2007 dalle aziende sono arrivati 721mila euro. Dagli imprenditori e simpatizzanti, a titolo personale, altri 883mila euro. «Tutti i soldi confluiscono al Centro EdC, che distribuisce i fondi in base alle segnalazioni che arrivano dalle nostre antenne, persone del movimento sparse in tutto il mondo», spiega Alberto Frassineti, imprenditore e membro del cda della spa che gestisce il Lionello Bonfanti. «Non diamo neanche un euro a pioggia o in assistenzialismo: le persone crescono non con un trasferimento di denaro ma dentro una relazione. Per questo contiamo tanto sulle segnalazioni fatte da chi vive accanto ai poveri: così siamo certi del bisogno ma anche di trovare la soluzione migliore, specifica. Il secondo nostro criterio è questo: l?assistenza economica ha una durata relativamente breve, in media un anno e mezzo, per non diventare assistenzialismo; la relazione però prosegue per anni e anni».

Nel 2007 in questo modo i Focolari hanno sostenuto 3.788 famiglie e comunità nel mondo, per una cifra complessiva che supera il miliardo di euro. In più ci sono i versamenti fatti direttamente ad Azione Mondo Unito, la ong collegata al movimento: nel 2007 anche qui si parla di un milione e rotti di euro impiegati in progetti di cooperazione e sviluppo, più 190mila euro dedicati al sostegno a distanza.

Ovvia la comunione, ma dove sta la libertà? Ce lo spiega Giacomo Linardi, presidente del consorzio Roberto Tassano, che insieme ai due consorzi collegati – Gianellinrete e Campo del Vescovo – riunisce 56 cooperative e 1.500 addetti: «Non ci siamo mai posti il problema del 30%. Il nostro utile va ai poveri del territorio, a creare posti di lavoro in cui inserire disabili, tossicodipendenti, emarginati. Idem per il terzo da destinare alla formazione degli uomini nuovi. La cosa più bella è che il meccanismo dell?EdC lo può applicare chiunque, anche chi non è un membro del movimento. Funziona lo stesso».

«L?impegno sociale di Chiara è indiscutibile», sottolinea la Fronza, «ma non può essere slegato dalla sua spiritualità. Lei ripeteva sempre che la diga, per dare, deve prima essere riempita. Ci vuole un momento in cui coltivi la tua spiritualità e riempi la tua diga, altrimenti puoi dare solo atti di carità, che a volte in se stessi rischiano anche di urtare la sensibilità delle persone».

Uomini nuovi

Quella degli uomini nuovi è la grande sfida di Chiara Lubich. È sempre la logica della diga: non ci possono essere né cultura né società nuova senza prima avere uomini nuovi.

Il terzo degli utili delle aziende (e pure molte delle forze del movimento) vanno così a finanziare progetti di formazione culturale e professionale, scambi di giovani, e addirittura una nuova università, Sophia, che nascerà a Loppiano. Sarà diretta da Piero Coda e dal prossimo novembre proporrà un master residenziale, con due indirizzi: uno economico-politico e uno filosofico-antropologico. È uno degli ultimi sogni di Chiara (la costituzione ufficiale è del 7 dicembre 2007), ma si inserisce nel solco antico dell?impegno a formare leader con il fuoco dell?unità. Senza paura dell?onere del potere.

Il Movimento politico per l?unità è nato nel 1996 per contagiare persino la politica: un obiettivo forse ancora più utopistico che coniugare economia ed etica. Però. Il ?però? lo tira fuori la Fronza: «Chiara ha speso per questo progetto la parola unità, il carisma del movimento. Questo dovrebbe bastare a ricordarci quanto questa per lei fosse una questione decisiva. E quanto lo debba essere, oggi, per noi».

Martini: ha capito che oggi i problemi sono sempre globali

L’ ha ricordata con ammirazione. E da presidente della Regione Toscana segue da vicino la crescita del Polo Lionello Bonfanti, cittadella italiana dell?EdC.

Vita: Suo padre apparteneva al movimento: qual è la sua esperienza diretta?
Claudio Martini: Mio padre ha avvicinato tante associazioni, ma dai focolarini rimase affascinato: da allora il suo impegno fu costante e convinto. Si era appassionato a questa esperienza, che anch?io considero straordinaria, dell?Economia di comunione. Io poi ho scelto altre esperienze, prima gli scout e poi l?impegno politico.

Vita: Il polo di EdC è in Toscana: qual è il suo valore?
Martini: La cosa più significativa è la dimostrazione pratica che un?esperienza basata sui valori della solidarietà e della condivisione è praticabile. È una filosofia che cerca di unire le forze anziché metterle l?una contro l?altra ed è interessante capire se questa impostazione può diffondersi. I risultati sono incoraggianti: in un anno le imprese presenti nel Polo sono passate da 13 a 20. La Regione Toscana ha ridotto di un punto l?Irap per tutte le onlus, le cooperative e le imprese sociali: incluse queste di EdC. Vita: L?unità per la Lubich ha anche una dimensione politica. Utopia? Martini: La parola unità è una parola difficile e controcorrente, ma senza uno sforzo comunitario è difficile misurarsi con le grandi sfide dei nostri tempi. Basti pensare alla sfida dei cambiamenti climatici e a quella di costruire una società multietnica.

Colmegna: la sua forza è la domanda sul senso del fare

Don Virginio Colmegna di movimenti ecclesiali che si spendono nel sociale ne ha incrociati molti. Ma quello dei Focolari lo definisce «straordinario».

Vita: Perché? Cosa la colpisce di questa realtà?
Virginio Colmegna: Ha saputo mantere viva la visione spirituale della dolcezza delle relazioni, della comunione, della fraternità, senza cedere alla deriva irenica. Sono persone che si sono poste il problema dello stare in mezzo, dentro i processi, sono vivaci nella società. È la carica spirituale la forza del movimento: è capace di attrarre per la dimensione del senso, una grande domanda di oggi.

Vita: La novità non è il coniugare economia ed etica?
Colmegna: Tutti abbiamo bisogno di luoghi e figure dove ricostruire il senso del ?perché lo fai?. Pensare che la risposta venga dall?azione è il limite della cultura laicista che riduce la questione sociale a una lotta per i diritti, un impegno che però non esaurisce la ricerca di senso.

Vita: Come spiega il successo dell?Economia di comunione?
Colmegna: Non risolverà tutti i problemi, ma fa intravedere che non ci può essere un potere dell?economia sganciato dal potere del senso. La questione del senso però va regalata al mondo, non può essere un?idea conquistata, difesa, o usata come arma per fare proseliti. È questa la forza della Lubich: non ha fatto proselitismo, ma annuncio. E l?annuncio vissuto gratuitamente può conquistare i cuori.

Dove trovarli

una fiamma mille focolari

Il movimento creato da Chiara Lubich raccoglie più di 5 milioni di persone in tutto il mondo, con sedi in 182 Paesi. Moltissimi i fronti di impegno. Per saperne di più:


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