Finanziaria 2025
«Bene 4 milioni in più per gli interventi a favore delle donne. Ma non bastano»
Dialogo con Emanuela Baio, presidente di Fondazione Asilo Mariuccia, realtà milanese che da oltre 120 anni è dalla parte di mamme e minori. Negli ultimi mesi potenziati i progetti a favore delle vittime: aperto un Centro antiviolenza e due case segrete che portano il nome della fondatrice Ersilia Bronzini Majno. «Servono più strumenti d’aiuto e un vero cambio di mentalità a sostegno di chi fugge da abusi e violenze: noi ci stiamo lavorando», assicura
Un piccolo dato in controtendenza da guardare con positività. Così a Fondazione Asilo Mariuccia viene considerato il fatto che nelle pieghe di una finanziaria che nei fatti (come avevamo scritto) ha tagliato sul sociale, per quanto riguarda il Fondo pari opportunità per interventi a favore delle donne vittime di violenza abbia in realtà aumentato gli euro a disposizione.
Si tratta di 4 milioni di euro (commi 221 e 222 della legge di bilancio) in totale. Tre milioni per il 2025 sulle attività di orientamento e formazione al lavoro per le donne vittime di violenza e di un milione di euro da destinare al cosiddetto “reddito di libertà”.
«Non voglio esprimere un giudizio in generale perché siamo di fronte a una legge di bilancio che è stata costretta a fare delle scelte che hanno penalizzato alcuni settori e hanno invece cercato di valorizzarne altri», premette Emanuela Baio (nell’imagine), presidente di Fondazione Asilo Mariuccia.
«La parte relativa all’antiviolenza è quella sulla quale è stata fatta una scelta, coraggiosa, in continuità con quanto fatto negli anni precedenti andando a incrementare su alcuni settori specifici».
Quindi, entrando nello specifico?
«Sono stati destinati 3 milioni di euro in più rispetto allo scorso anno per favorire l’orientamento e la formazione al lavoro per le donne vittime di violenza. Su questo personalmente, vedo come una continuità anche con quanto stiamo facendo all’interno di Fondazione Asilo Mariuccia. Siamo in linea con questa scelta che ha fatto il governo perché riteniamo che l’inserimento lavorativo delle donne che sono state sottoposte a forme di violenza sia un elemento essenziale per poter garantire loro un futuro che dev’essere fatto di dignità. Lavoro e formazione sono gli strumenti per questo reale futuro di speranza e di libertà che una donna si deve conquistare».
Quando parla di continuità con quanto fate in Fondazione a cosa si riferisce?
«Una donna non solo deve conquistare un futuro di speranza e libertà attraverso il lavoro, ma lo deve fare accompagnata dalle persone che la seguono dal momento in cui entra in contatto con il Centro antiviolenza. Poi alcune finiscono anche nelle case rifugio e poi in comunità. Noi su questo abbiamo presentato a Regione Lombardia un progetto che è stato finanziato. Si tratta del progetto Electra che prevede proprio l’accompagnamento e l’inserimento lavorativo delle donne che si rivolgono ai centri antiviolenza – Cav e che sono nelle case rifugio. Noi le formeremo e inseriremo nel mondo professionale».
In pratica un percorso verso l’autonomia?
«Sì, perché accanto a corsi di formazione e all’inserimento lavorativo ci sarà anche una forma di microcredito grazie a un’altra realtà di Terzo settore, la Fondazione Welfare Ambrosiano. È un percorso importante rivolto a tutte le donne in carico ai Cav della Lombardia, non per forza il nostro. I percorsi previsti sono 40 nell’arco dei 24 mesi di progetto, dalla formazione base che può essere l’acquisizione della lingua italiana o della licenza media, per proseguire con l’educazione finanziaria la digitalizzazione e grazie a partner anche percorsi specifici per Asa, Oss, operatori d’ufficio e cercheremo anche di offrire a tutte delle borse lavoro».
Sostegno economico, borse-lavoro…
«Ma anche educazione finanziaria, perché il microcredito è importante ma ci deve essere consapevolezza. Ed è anche educazione all’autonomia perché non dimentichiamoci che queste persone spesso all’interno dei loro nuclei familiari sono soggiogate proprio da una presenza maschile che le controlla dal punto di vista economico. È un’esperienza che come Fondazione Asilo Mariuccia abbiamo perché, per esempio, una donna che è stata una nostra ospite era stata sottoposta a una forma di violenza non indifferente. Ci ha raccontato che lei era l’unica che lavorava e il suo compagno, padre dei suoi figli, non le lasciava gestire un euro e pensare che era lei che portava a casa i soldi. Questo fa capire molte cose».
Il milione in più sul “reddito di libertà” non rischia di essere una goccia nell’oceano delle necessità?
«Con questo incremento si passa da 400 a 500 euro al mese. Certo il fondo è insufficiente, lo si è visto nel corso degli anni anche perché non permette a tutte le persone che ne fanno richiesta di vederla accolta. Anche avendo i requisiti. La scelta di aumentarlo come fondo è giusta, ma non è sufficiente. Io colgo un segnale positivo ma non basta e poi bisognerebbe fare un passo in più…»
Quale?
Manca quello che viene chiamato il gratuito patrocinio. Sul penale è previsto anche se non sempre praticabile, mentre non c’è per quanto riguarda la parte civile e amministrativa.
In pratica?
Una delle prime scelte che una donna in fuga dalla violenza dovrebbe fare è quella di chiedere la separazione e il divorzio. Ma non ha il gratuito patrocinio per questo e dovrebbe pagarsi un avvocato e spesso, le donne non hanno le risorse per poter sostenere la spesa. È un aspetto che le nostre operatrici del Centro Antiviolenza e delle Case e Rifugio ci hanno evidenziato subito, perché è un problema non indifferente. E su questo fronte abbiamo intenzione di agire. Abbiamo conferito il premio Asilo Mariuccia a Lucia Annibali, una donna di grande valore è una giurista ed è stata anche parlamentare, le abbiamo chiesto di collaborare con noi su questi temi e si è detta disponibile.
Dalla parte delle donne dal 1902
La presidente Emanuela Baio nel commentare la finanziaria non dimentica la storia della Fondazione Asilo Mariuccia che ha iscritto nel suo dna oltre cento anni di attività a favore delle donne e, nonostante l’ingresso nella rete dei centri antiviolenza solo dallo scorso anno, una profonda conoscenza di quanta sofferenza e di quanto lavoro servano alle mamme e ai loro bambini per recuperare serenità e autonomia dopo le violenze subite.
L’idea di un percorso dalle case rifugio (due quelle aperte da Fam con una capacità di accoglienza di otto, dieci persone e intitolate alla fondatrice Ersilia Bronzini Majno), alle comunità mamma-bambino, agli appartamenti per la semiautonomia e alle strutture di housing sociale nelle parole di Baio non è astratta, ma fatta dei volti e dei racconti delle donne, soprattutto straniere accolte in questi anni con i loro bambini gli ultimi dati del 2024 parlano di 37 mamme e 69 minori (qui le immagini che raccontano storie di rinascita) ospiti nelle comunità.
Centri antiviolenza, richieste in aumento
Nei primi mesi di attività al centro antiviolenza di Fondazione Asilo Mariuccia sono approdati una media cinque nuovi casi a settimana, una ventina al mese «ma non tutte dopo la prima chiamata hanno proseguito il percorso», precisa Baio che ricorda come strutture come i Cav e la rete tra di essi sia fondamentale a fronte di un aumento del numero delle richieste d’aiuto (ultimi dati Istat del 25 novembre 2024: 61.514 – +1,4%).
Due operatrici del Centro antiviolenza di Fam durante un colloquio – Foto da ufficio stampa
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