Non profit

BELPAESE. L’Italia secondo il Censis

Presentato oggi il Rapporto sociale 2008

di Maurizio Regosa

Come ogni anno, il Censis ha presentato il suo Rapporto sulla situazione sociale del Paese. Un’edizione molto attesa, questa del 2008. Per la specifica condizione del Belpaese (che nel Rapporto 2007 era definito attraverso la metafora della mucillaggine) e per quella mondiale, dopo il crollo del mercato finanziario. È appunto da quest’ultimo che parte l’analisi del Centro studi. Il 2008 è stato un anno particolarmente difficile nel corso del quale l’implosione finanziaria è andata, nel caso nostro, sommandosi alla fragilità della nostra struttura socio-culturale e al proliferare (anche elettoralistico) di tante, troppe paure. Questo però non significa che l’Italia abbia toccato il fondo. Con un rovesciamento di prospettiva il Censis rilancia: il paese può approfittare della crisi, rispondendo con una accelerata sul cambiamento (un processo piuttosto sotterraneo lo scorso anno e che oggi potrebbe emergere con maggior forza). Come a dire: la “segnatura” prodotta dalla crisi potrebbe spingere a guardare avanti, a tornare a costruire il futuro. Operazione possibile se si lasciano da parte quei vizi italici dell’indulgenza, della rimozione dei problemi, della derubricazione degli eventi. Andranno quindi compresi e valorizzati quei fattori di cambiamento che già operano all’interno della società – prosegue l’analisi Censis – e che sono, oltre quelle minoranze vitali del Rapporto 2007 formate dagli operatori piccoli e medi, commerciali e finanziari (players comunque significativi) – gli immigrati, sempre più presenti e sempre più vitali anche in termini imprenditoriali, la crescita della componente competitiva dei territori, la propensione a una temperata gestione dei consumi. Certo dovranno collaborare le classi dirigenti, non restringendo la cerchia decisionale ma semmai allargandola e comprendendo così la possibile metamorfosi che il Cnel vede nel futuro del Paese.

I puntini sulle i

Nel Rapporto però non mancano, anche a proposito degli allarmi lanciati anche in questi ultimi giorni, alcune puntualizzazioni significative. Anzitutto le conseguenze che la crisi mondiale avrà sul nostro paese (rimasto, fortunatamente, più ancorato di altri all’economia cosiddetta reale): la preoccupazione è tangibile (il 71,7% degli italiani pensa che il terremoto delle borse avrà ripercussioni sul proprio tenore di vita) e tuttavia se si guardano i dati, sottolinea il Rapporto, si vede che i rischi sono in realtà molto contenuti (dei due milioni di famiglie che hanno un mutuo per la casa, ad esempio, solo 56mila hanno saltato qualche rata e circa 193mila hanno molta difficoltà ad affrontare la scadenza). A difendere i consumi, anche l’aciclicità del nostro sistema: in Italia il peso del manifatturiero è assai più alto che altrove, mentre nei primi mesi dell’anno le esportazioni hanno continuato a crescere. Meno sconvolto dalla crisi mondiale, ma comunque caratterizzato da problemi specifici, il nostro paese continua a essere in qualche mondo diviso in due (ad esempio per Pil procapite Nord e Centro si contrappongono decisamente al Sud, rispettivamente 29.445 euro contro i 17.046 del Meridione), mentre il mercato del lavoro, privo di ammortizzatori sociali, ha registrato nei primi due trimestri del 2008 un incremento delle persone in cerca di occupazione pari al 20,6%.

Un mare di dati

Il corposo volume che contiene il Rapporto 2008 sarà ovviamente scandagliato in numerose occasioni. Per ora vogliamo limitarci a dar rapidamente conto del capitolo dedicato al sistema di Welfare (con un sistema sanitario nazionale che giunto al 30° anno si trova ora di fronte alla sfida della devolution e della regionalizzazione). Un capitolo nel quale si scopre, ad esempio, un’evoluzione positiva degli italiani nel loro rapporto con i farmaci (sembra avviato a una nuova e più matura consapevolezza). Viceversa si conferma la scarsa propensione alla cultura della donazione (siamo al terz’ultimo posto in Europa), la debolezza del pilastro rappresentato dalla previdenza complementare (dopo il +43% del 2007, il numero degli iscritti alla previdenza complementare è sceso a un risicato +3,8%). Chiudiamo segnalando la conferma da parte del Censi di una situazione da Vita molto frequentemente sottolineate: la poca tutela per le famiglie con figli. Sono 11,4 milioni di nuclei che non trovano adeguati servizi per la prima infanzia. La capacità ricettiva può essere stimata, scrive il Censis, intorno all’11% (9% per gli asili, 2% gli altri servizi) con un’impressionante oscillazione fra le diverse regione.


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