Immigrazione

Belmaan Oussama, 19 anni, un’altra vittima del sistema dei Cpr

Di nuovo morte nei centri per il rimpatrio. Questa volta in Basilicata, dove i detenuti per protesta appiccano il fuoco alla struttura. Il Procuratore di Potenza Francesco Curcio: «Non si esclude alcuna fattispecie di reato, compreso l'omicidio doloso, colposo»

di Gabriella Debora Giorgione

Aveva solo 19 anni. Il suo nome era Belmaan Oussama, di nazionalità algerina. Era detenuto nel Cpr di Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza.


Sono le 21:00 del 5 agosto 2024, la Rete Mai più lager – NO ai CPR riporta «la notizia, tutta da verificare, di un morto a Palazzo San Gervasio: si parla di un ragazzo di 23 anni, di percosse da parte degli agenti e di dosi massicce di sedativi da giorni». Dopo poco, la conferma del decesso del giovane Oussama e lo scoppio di una rivolta all’interno della struttura detentiva, sedata solo dopo circa tre ore e dopo che un incendio appiccato dai detenuti ha avvolto un intero modulo della struttura e lo ha carbonizzato.

L’incendio appiccato all’interno del Cpr di Palazzo San Gervasio nella notte tra 5 e 6 agosto, dopo la morte di Osama | foto Basilicata24

Da una prima ricostruzione, Oussama è morto per via di un arresto cardiaco, ma fin da subito sul suo decesso ci sono stati diversi dubbi. Alcuni testimoni hanno riferito di un pestaggio, ma Francesco Curcio, il Procuratore della Repubblica di Potenza, nella conferenza stampa tenuta nel primo pomeriggio del 6 agosto ha dichiarato: «Non è stato picchiato, ma ciò non esclude alcuna fattispecie di reato, compreso l’omicidio doloso, colposo e un atto autolesionistico».
Curcio ha disposto l’autopsia che, ha detto, «è un punto fermo a tutela di tutti, sia dei trattenuti nel centro sia di chi deve tutelarli».

Il giovane Oussama era nel Cpr di Palazzo San Gervasio dal 24 maggio scorso ed alcuni giorni fa aveva tentato di suicidarsi ingerendo alcuni pezzi di vetro. Per questo era stato ricoverato nell’ospedale “San Carlo” di Potenza, dal quale era stato dimesso alcuni giorni dopo: «In teoria», ha commentato Curcio, «su di lui nel Cpr doveva esserci un controllo, ma al momento dei rilievi fatti ieri era presente un solo infermiere, deputato al controllo di 104 ospiti, e nessun medico».


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Di diversa opinione Nicola Cocco, medico delle Rete “Mai più lager – NO ai CPR”: «Quello che è accaduto purtroppo ci conferma quanto siano pericolose queste strutture per la vita delle persone. Ieri a Palazzo San Gervasio, durante alcune proteste per le gravissime condizioni di vita, ultimamente peggiorate con il caldo, ci è stato riferito dalle persone, che si trovano al momento detenute nel centro, che la persona è morta in seguito al mancato soccorso dopo le percosse da parte delle forze di polizia. Sicuramente Oussama sarà stato senz’altro valutato come “idoneo” alla vita nel Cpr, per cui non presentava patologie in atto degne di nota. Sarà necessario portare occhi indipendenti all’interno di quella struttura. Parlano di arresto cardiaco, ma bisogna capire causato da cosa. Cercheremo di fare tutto il possibile per far emergere la realtà. Ma l’opinione pubblica, i professionisti della salute e del diritto, tutti devono prendere coscienza del fatto che non è più tollerabile mantenere aperte strutture di questo tipo. In Basilicata, tutto questo è reso ancora più intollerabile per il fatto che manca il Garante regionale dei detenuti ed è assordante il silenzio del Garante nazionale che non ha ancora fatto alcuna dichiarazione. Vedremo nelle prossime ore».

L’ingresso del Cpr di Palazzo San Gervasio | foto Basilicata24

immagine di copertina: Cpr di Palazzo San Gervasio, concessa a VITA da Basilicata24


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