Meeting di Rimini 2024
Bellucci: «Ai giovani servono politiche mirate, ma non assistenzialistiche»
È intervenuta anche la viceministro alle Politiche sociali Maria Teresa Bellucci al panel dedicato alle diverse esperienze educative che affrontano il male di vivere dei giovanissimi, che va a sfociare in forme di violenza verso se stessi e verso gli altri. Bellucci ha voluto ricordare i 250 milioni stanziati per sostenere le comunità giovanili e ha ribadito il cambio di paradigma in tema di politiche sociali
«La nostra generazione ha tradito i giovani». È partita da questa provocazione di Stefano Gheno, presidente di CdO Opere sociali il panel che al Meeting di Rimini è stato dedicato a “Il grande tradimento: ragazzi perduti e ritrovati” che ha avuto tra i suoi protagonisti Francesco Belletti, direttore del Centro Italiano Studi Famiglia-Cisf; Silvio Cattarina, fondatore e presidente della Cooperativa sociale L’Imprevisto; don Elio Cesari, presidente del Centro Nazionale Opere Salesiane-Cnos e Dario Odifreddi, presidente del Consorzio Scuole Lavoro e tra i fondatori di Piazza dei Mestieri e la viceministro del Lavoro e delle Politiche sociali Maria Teresa Bellucci.
Famiglia e società, l’alleanza da ritrovare
«Come riportare i nostri ragazzi nel gioco del benessere?» si è chiesto Francesco Belletti dopo aver snocciolato una serie di numeri che denunciano il malessere dei ragazzi dai “ritirati sociali”, a quelli che dopo la pandemia hanno sofferto di ansia e depressione (49,5% tra i 18 e i 25 anni). Per non parlare del 71% dei ragazzi che sente un disagio a fronte della consapevolezza di solo il 30% dei genitori. «Per non parlare del fatto che scuola e famiglia si rimpallano la responsabilità di questo disagio». Se l’educazione per Belletti è un tema che riguarda il futuro di tutti occorre recuperare un’alleanza tra famiglia e società. «I nostri ragazzi hanno bisogno di politiche mirate, di scuola lavoro, di speranza, fiducia e spazi di programmazione ma soprattutto di legami solidi».
Far riscoprire ai ragazzi tre grandi cose: il valore dell’essere una persona di valore, la preziosità della vita e della realtà e il bisogno di felicità. Questi per Silvio Cattarina sono i passi importanti da realizzare come adulti guardando ai giovani «il tradimento di tanti adulti è quello di legare i ragazzi a sé, invece devono guardare a quello che guardo io che è il mio compimento, il desiderio che tutto mi venga dato per la felicità». Cattarina ha ricordato che per un ragazzo «la difficoltà più insopportabile è non avere vicino un adulto, non essere aiutato a vivere da uno che ha dentro l’infinito».
Stare in mezzo ai ragazzi soprattutto se fragili
«Bisogna stare in mezzo ai ragazzi e provare piacere a starci, soprattutto con i più fragili», ha fatto eco don Elio Cesari che ha richiamato l’esperienza salesiana. «Dobbiamo rendere tutti i giovani protagonisti del fatto educativo», ha continuato. «Ogni adolescente muore dalla voglia che capiti un adulto che gli dica “mi dai una mano, facciamo questo insieme”».
Don Cesari ha poi raccontato alcune esperienze di giovani con alle spalle vicende negative che sono ripartiti facendo esperienza «di qualcuno che ti guarda con altri occhi e non per gli errori fatti. La rinascita passa da un affetto percepito», ha concluso.
Il ruolo della formazione professionale
Anche il lavoro serve a educare e ha ricordarlo Dario Odifreddi che ha specificato «il lavoro educa alla libertà e realizza l’uomo» che ha raccontato l’esperienza di Piazza dei Mestieri, partendo proprio dalla concretezza del lavoro, della sfida a mettere in gioco i talenti liberandosi però dall’idea di essere definiti dalla performance. «I ragazzi hanno una paura enorme di deludere ed è qualcosa che li blocca».
La formazione professionale è qualcosa da promuovere, come ha insistito anche don Elio Cesari portando ad esempio la storia di un giovane egiziano che arrivato senza sapere l’italiano sta ora studiando per diventare meccanico industriale.
In questo dialogo sull’importanza dell’educazione e della formazione professionale dei giovani si è inserita la viceministro Maria Teresa Bellucci che ha premesso che per lei è fondamentale comprendere l’oggetto dell’educazione. Ha poi difeso il concetto delle politiche attive piuttosto che quello dei meri ammortizzatori sociali «che rendono dipendenti. Le politiche sociali in cui credo sono quelle che sostengono la libertà che passa dall’essere al servizio dell’altro così che uno possa credere in sé. Dobbiamo capovolgere il paradigma come abbiamo fatto con il Reddito di cittadinanza», ha sottolineato ricordando l’assegno di inclusione e ribadendo la necessità di un ribaltamento delle logiche seguite fino a oggi che rendono le persone dipendenti. E guardando alla rivoluzione tecnologica in atto ha richiamato la necessità di «governarla per far sì che divenga un rinascimento dell’umano».
Stato e Terzo settore non devono competere
Nel suo intervento che ha concluso il panel non sono mancati riferimenti alla necessità della presenza dello Stato in contesti dai quali si era un tempo ritirato come Caivano, ma anche al sostegno alla realtà locali e al Terzo settore «ricordo i 250 milioni deliberati per le comunità giovanili», ha aggiunto sottolineando che «non ci deve essere una logica competitiva. Non sono d’accordo con l’affermazione “più società meno stato”, l’ideale è più società e più stato». Ha poi concluso ribadendo che nella sua visione servono «politiche sociali che rendano liberi e che allontanino politiche assistenzialistiche. Noi scommettiamo sull’umano»
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