Volontariato

Bellezza e made in Italysono il nostro petrolio

Cultura e non profit Più dii mille le adesioni al Manifesto di Elkann

di Redazione

Son ormai molte le personalità dell’arte e della cultura che hanno sottoscritto Italia, paese della cultura e della bellezza, documento curato da Alain Elkann, scrittore e presidente della Fondazione CittàItalia e dell’associazione Mecenate 90. «Mille e più di mille adesioni». Fatto tanto più interessante perché il Manifesto – oltre alle diagnosi – avanza proposte molto puntuali: «Il nostro è un Paese bellissimo, un giardino fatto di architettura, di natura, di arte che però va conosciuto e coltivato. Occorre imparare ad occuparsene».
Vita: E perciò proponete un nuovo rapporto fra pubblico e privato…
Alain Elkann: Il pubblico dovrebbe lasciare più spazio, non guardare con sospetto e paura il privato. Sarebbero utili anche agevolazioni fiscali per i privati. Da noi la cultura è vista con sospetto, non va in televisione. Sarebbe importante per esempio che il canale franco-tedesco «Arte» fosse anche in italiano.
Vita: È implicito un giudizio non lusinghiero sul titolare dei Beni culturali?
Elkann: Ogni ministro ha fatto sicuramente qualcosa e l’ha fatto anche bene. Il problema è la visione d’insieme. Il bene culturale va visto come un sistema. Nei musei è importante quel che c’è, com’è esposto, ma sono rilevanti anche l’accoglienza e molti altri aspetti.
Vita: È un po’ il cosiddetto “modello Roma”.
Elkann: Il fatto che l’offerta culturale sia molto ampia non significa che non si debbano pulire i marciapiedi. Roma è una città molto bella, ma molto trascurata. Amare il bene culturale vuol dire fare anche panchine, non avere immondizie e non sporcare: ci vuole anche un’educazione civica alla bellezza.
Vita: Cosa pensa dell’idea di demolire la struttura fatta da Meyer per l’Ara Pacis?
Elkann: Sono polemiche che piacciono molto al mio amico Vittorio Sgarbi, che aveva ragione: non c’era motivo di abbattere la teca di Morpurgo. Adesso sarebbe terribile dover distruggere quella di Meyer. Penso che le priorità di Alemanno debbano essere quelle che ha indicato in campagna elettorale.
Vita: E la polemica sulla festa del cinema della capitale?
Elkann: I festival sono importanti in tutta Italia. Dalla Milanesiana di Elisabetta Sgarbi (un successo incredibile che a Milano, in luglio, porta folle di persone a teatro) a Modena per la filosofia, a Mantova per la letteratura. È positivo che in migliaia vadano ad ascoltare filosofi, letterati, poeti.
Vita: Proponete un nuovo status di città d’arte e quindi un nuovo rapporto fra Stato e territori…
Elkann: Il decentramento è inevitabile: il bello e la cultura in Italia sono dappertutto. Ma serve programmazione. Parigi, che è la città più visitata del mondo, non è così più bella dell’Italia: è molto ben organizzata sotto tutti i punti di vista. Il presidente Berlusconi, che ci ha detto di condividere il nostro Manifesto, sostiene che il bene culturale è il petrolio del nostro Paese. È abbastanza vero. Cosa abbiamo di più importante da dare al mondo?
Vita: Importante l’appoggio di Berlusconi…
Elkann: Siamo diventati mille e ormai più di mille. Ci sono continue adesioni. Vogliamo batterci per difendere le nostre idee e vigilare sul fatto che le cose accadano. Anche nella promozione dell’Italia all’estero: gli istituti di cultura dovrebbero avere più risorse, anche dai privati, per essere delle ambasciate del made in Italy nelle grandi città del mondo.
Vita: Il nuovo compito di Montezemolo…
Elkann: Montezemolo è la persona giusta al posto giusto. Nessuno più di lui ha promosso nel mondo le eccellenze italiane di oggi.
Vita: Le adesioni sono bipartisan.
Elkann: La cultura sta a cuore a tutti. Tra i firmatari ci sono competenze, esperienze e tendenze politiche molto diverse: dai cattolici ai laici, dai liberali alla sinistra anche estrema.
Vita: Presenterete il documento al futuro ministro della Cultura?
Elkann: Certamente. Lo manderemo anche ai titolari e ai sottosegretari di altri dicasteri. Ora lo stiamo spedendo ai parlamentari, ai sindaci, ai presidenti di Province e Regioni. Abbiamo infatti bisogno che la politica appoggi le nostre idee e faremo in modo che lo faccia, e con convinzione. Noi crediamo fortemente nel ruolo delle fondazioni come ponte fra pubblico e privato.


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