Famiglia
Belice: dopo 36 anni ancora baracche.
In questi anni sono stati spesi 4.000 mld di lire, ma la ricostruzione è ancora da completare
Alcuni anni fa il ragioniere generale dello Stato, Andrea Monorchio, acerto’ che, a conti fatti, il Belice aveva ricevuto meno fondi del Friuli per il terremoto del 1976. Recentemente, dopo un tour de force in commissione Bilancio alla Camera dei deputati, e’ passato in Finanziaria un emendamento che stanzia 75 milioni di euro per i prossimi quindici anni, ossia 5 milioni all’anno fino al 2018. Ma resta l’interrogativo di quanto sia necessario ancora per completare la ricostruzione. “Cinquecento milioni di euro: 150 circa per le opere pubbliche, la parte restante per l’edilizia privata”, risponde Enzo Ingraldi, ex sindaco di Vita (Trapani) ed ex Presidente del coordinamento dei Comuni della Valle del Belice. La domanda di fondo, forse, e’ un’altra: perche’ dopo 36 anni la ricostruzione non e’ stata completata? Secondo Ingraldi “perche’ lo Stato ha centralizzato tutto, escludendo dalla pianificazione i Comuni”. Una tesi condivisa da Giuseppe Zamberletti, ex ministro della Protezione civile. A suo avviso, nella ricostruzione del Belice sono stati commessi due erorri: il primo nella politica di reinsediamento della popolazione, l’altro con la centralizzazione degli interventi di ricostruzione, gestendo tutto a Roma: “Una decisione che comporto’ difficolta’ e ritardi”, secondo Zamberletti. Lo sa bene chi ancora vive in baracca: un centinaio di persone sparse tra Menfi e Santa Margherita Belice, in provincia di Agrigento. Per loro dovrebbe essere disponibile a breve, finalmente, un alloggio di edilizia popolare. Gli stessi che in altri comuni sono da anni vuoti, perche’ chi vi abitava si e’ costruito la casa e ha traslocato. Il terremoto riaccese anche in qualche modo il motore dell’emigrazione. Dalla Valle del Belice a decine partirono per gli Stati Uniti e il Canada dove ora c’e’ una comunita’ belicina radicata da molti anni e che mantiene i rapporto con la terra d’origine. Quando un emigrante torna, chiede invariabilmente: “La ricostruzione e’ finita?”.
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