Mondo
Becchetti: «Il G7 si concentri su fisco e clima»
Per l’economista il vertice internazionale è chiamato «a risolvere quelle che sono le due principali cause delle disuguaglianze e a cascata dei grandi problemi del nostro tempo, comprese le migrazioni»
Comincia oggi a Taormina in Sicilia il G7. Un vertice che, inevitabilmente dopo i fatti di Manchester, vede in cima all’agenda il tema terrorismo. Ma le priorità, al netto della cronaca, dovrebbero essere altre. O almeno questo è quello che pensa Leonardo Becchetti, professore ordinario di Economia politica presso l’Università di Roma Tor Vergata, per il quale i leader «dovrebbero concentrarsi innanzitutto sul tema fiscale», perché La globalizzazione rischia di essere insostenibile per i paesi ad alto reddito per via dell’elusione fiscale. La ricchezza è sempre più concentrata nella mani delle grandi piattaforme digitali mentre la classe medio bassa è sempre più fragile».
Una tendenza che ha un solo esito: «Siamo una società a clessidra, con fortissima precarizzazione. Da qui il crescere del populismo», continua l’economista. «L’unica risposta è la redistribuzione del reddito che rilanci l’economia e la domanda interna».
Becchetti fa suo il motto di Romano Prodi. «Per risolvere il nodo delle diseguaglianze la strada è una sola: pagare meno e pagare tutti. Per farlo è necessario chiudere i paradisi fiscali e abbassare le tasse. Mi sembra che ne abbia parlato anche Stigliz. Non è un’utopia».
Un’idea talmente concreta che Francia e Germania stanno discutendo di un’armonizzazione fiscale con aliquota comune tra i due paesi. «È questo il tema centrale per perseguire la sostenibilità sociale», assicura Becchetti.
L’altro grande tema è il clima. «Ormai l’inerzia del mercato ha preso una direzione che neanche l’elezione di Trump riesce a cambiare. Le aziende puntano su green e rinnovabili. Per questo il terreno è fertile per un’ulteriore svolta. I leader devono spingere decisamente per una “green and social construction tax”. Una riduzione dell’imposta sui consumi che premi le filiere sostenibili e penalizzi quelle che non lo sono». Non per un vezzo ambientalista «ma perché quella del clima è una sfida che incide su temi delicatissimi come quello delle migrazioni. Le ondate di profughi che in tutto il mondo si spostano da un luogo ad un altro lo fanno infatti proprio a fronte di queste due criticità: la disuguaglianza sociale e i cambiamenti climatici».
Comincia oggi a Taormina in Sicilia il G7. Un vertice che, inevitabilmente dopo i fatti di Manchester, vede in cima all’agenda il tema terrorismo. Ma le priorità, al netto della cronaca, dovrebbero essere altre. O almeno questo è quello che pensa Leonardo Becchetti, professore ordinario di Economia politica presso l’Università di Roma Tor Vergata, per il quale i leader «dovrebbero concentrarsi innanzitutto sul tema fiscale», perché La globalizzazione rischia di essere insostenibile per i paesi ad alto reddito per via dell’elusione fiscale. La ricchezza è sempre più concentrata nella mani delle grandi piattaforme digitali mentre la classe medio bassa è sempre più fragile».
Una tendenza che ha un solo esito: «Siamo una società a clessidra, con fortissima precarizzazione. Da qui il crescere del populismo», continua l’economista. «L’unica risposta è la redistribuzione del reddito che rilanci l’economia e la domanda interna».
Becchetti fa suo il motto di Romano Prodi. «Per risolvere il nodo delle diseguaglianze la strada è una sola: pagare meno e pagare tutti. Per farlo è necessario chiudere i paradisi fiscali e abbassare le tasse. Mi sembra che ne abbia parlato anche Stigliz. Non è un’utopia».
Un’idea talmente concreta che Francia e Germania stanno discutendo di un’armonizzazione fiscale con aliquota comune tra i due paesi. «È questo il tema centrale per perseguire la sostenibilità sociale», assicura Becchetti.
L’altro grande tema è il clima. «Ormai l’inerzia del mercato ha preso una direzione che neanche l’elezione di Trump riesce a cambiare. Le aziende puntano su green e rinnovabili. Per questo il terreno è fertile per un’ulteriore svolta. I leader devono spingere decisamente per una “green and social consumption tax”. Una riduzione dell’imposta sui consumi che premi le filiere sostenibili e penalizzi quelle che non lo sono». Non per un vezzo ambientalista «ma perché quella del clima è una sfida che incide su temi delicatissimi come quello delle migrazioni. Le ondate di profughi che in tutto il mondo si spostano da un luogo ad un altro lo fanno infatti proprio a fronte di queste due criticità: la disuguaglianza sociale e i cambiamenti climatici».
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