Politica

Becchetti, ecco cosa rispondo ad Abi, Bankitalia e finanza

La Tobin tax proposta da un emendamento presentato dai gruppi parlamentari alla Legge di stabilità mette in allarme l’intero mondo finanziario e bancario nostrano. Cosa rispondere a Abi Bankitalia, Assosim? Lo abbiamo chiesto a Leonardo Becchetti

di Riccardo Bonacina

La Tobin tax proposta da un emendamento alla Legge di stabilità che ha come primo firmatario Luigi Bobba e che è stato sottoscritto dai capigruppo in Commissione Bilancio della Camera Andrea Romano (Scelta civica), Dore Misuraca (Ncd), Bruno Tabacci (Gruppo Misto – Centro Democratico), Giulio Marcon (Sel) e Stefano Borghesi (Lega)mette in allarme l’intero mondo finanziario e bancario nostrano. Cosa rispondere a Abi Bankitalia, Assosim? Lo abbiamo chiesto a Leonardo Becchetti Ordinario di Economia Politica presso la Facoltà di Economia dell’Università di Roma "Tor Vergata"che ha seguito passo passo l’introduzione della Tobin tax in Italia

L’Abi sostiene che l’applicazione dell’imposta come concepita in commissione Bilancio decreterà soprattutto una fuga di capitali verso gli istituti di credito esteri, più convenienti in termini di aliquota applicata, senza calmierare, così, la speculazione sui mercati internazionali. È vero?
No. 1 per 10000 su azioni e obbligazioni è un importo talmente basso da essere impercettibile. Un euro su 10mila. Sarebbe più costoso spostarsi all'estero che pagarla. Quello che sicuramente produrrà una riduzione di transazione sarà la tassa sui derivati nei mercati non regolamentati. Ma è proprio il nostro obbiettivo. Una borsa che finanzia le aziende e non una bisca. È quello che vogliono anche gli Inglesi che sul mercato delle loro azioni dove non vogliono gli speculatori hanno imposto una tassa del 2 per mille. Come loro non vogliamo più giocatori d'azzardo. Vogliamo che la gente vada sui mercati regolamentati e investa su azioni a lungo e medio termine.

Per la Consob la Tobin tax, colpendo senza distinguo le operazioni perfezionate sul mercato dei derivati a scopo speculativo da quelle aventi finalità di copertura, non farà altro che decretare la “morte” dell’Idem, nato appena venti anni fa. È d'accordo?
Guardi, Mediobanca ha detto recentemente che dal 97 al 99% dei derivati sono usati a scopi speculativi e che pongono rischi sistemici alle banche in stile Monte dei Paschi. Negli Usa è appena stata approvata la Volcker Rules. Il mondo, tutto, va in questa direzione.  

Scarsissimo entusiasmo anche da BANKITALIA.  Dall’istituto di vigilanza fanno notare, infatti, che penalizzando le azioni, le imprese italiane saranno costrette sempre più a ricorrere agli strumenti obbligazionari anziché ai titoli di partecipazione, esponendosi ancor più ai debiti. Imprese che negli ultimi dieci anni si sono sempre più specializzate nel ricorrere al mercato dei derivati, e alle opzioni soprattutto, per coprire le esposizioni sui titoli in portafoglio e le scadenze contabili. Lei che dice?
Che un'imposta di bollo di un euro ogni diecimila non scoraggerà nessuno nel comprare azioni. Piuttosto mi preoccuperei del perchè si fanno pagare 32 euro fissi di bollo ai piccoli azionisti.

È stata approvata ieri negli USA la cosiddetta “Volcker Rule“, la legge che impedisce alle banche commerciali di svolgere attività di proprietary trading e che prende il nome dall’ex-Governatore della Federal Reserve, Paul Volcker. E’ una delle sezioni più rilevanti del “Dodd-Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act“, nato dalla reazione alla crisi finanziaria del 2007, e anche uno dei più controversi, tanto da essere entrato in vigore con un anno e mezzo di ritardo rispetto alla data prevista. Un segnale anche per noi?
Finora vigeva un principio assurdo: la gente depositava i soldi in banca pensando che quei soldi venissero usati per finanziamenti sul territorio. Invece le banche con quegli stessi soldi facevano gambling finanziario. Tutto senza alcuna trasparenza. La Volcker Rule ristabilisce la trasparenza e obbliga le banche commerciali a fare solo le banche commerciali. Niente trading a fini di profitto proprio, pochi o nessun investimento in hedge funds e obbligo di previsione di pacchetti di compensazione in caso di transaziuoni proibite.La logica è che non ci debbano essere commistioni tra i due modi di fare banca anche perchè non deve più esistere il ricatto degli isituti di credito agli stati, nel chiedere fondi pubblici per salvare il risparmio.

Perchè è fallita la Tobin introdotta dal Governo Monti?
La Tobin tax all’italiana nata in fretta e furia alla fine dello scorso anno e pasticciata ha fallito come ampiamente atteso il suo obiettivo di gettito (159 milioni contro il miliardo previsto). I difetti della prima architettura erano, come noto, l’applicazione della tassa solo sui saldi di fine giornata (decisione che tradiva completamente l’obiettivo di penalizzare il trading ad alta frequenza), l’aliquota troppo elevata (superiore a quella proposta dalla campagna 005) ed applicata al ristretto perimetro delle transazioni su azioni e non su tutte le altre attività finanziarie.

Ora in Parlamento e nel dibattito sulla Legge di stabilità siamo alla stretta un emendamento importante che chiede di tassare tutte le transazioni finanziarie, esclusi i Titoli di stato, per spostare risorse dalla finanza al lavoro.
Come già detto più volte la tassa sulle transazioni finanziarie si propone potenzialmente due obiettivi in parte confliggenti tra di loro: raccogliere un gettito importante e scoraggiare alcuni tipi di transazioni. L'emendamento ricalca quasi integralmente la proposta di legge originariamente formulata dal presidente della commissione Bilancio, Francesco Boccia, nonché l'odg approvato a larga maggioranza dall'Aula della Camera nel luglio scorso. L'intento è quello di allargare la base imponibile, tassando tutte le transazioni finanziare ad esclusione dei Titoli di Stato. La  proposta è perfettamente in linea con quella recentemente approvata dal Parlamento Europeo e potrebbe generare un gettito superiore ad un miliardo di euro. 

Rispetto all’Europa dove ci collocheremmo?
Le Tobin tax già esistenti o in fase progettuale sono ormai numerose. In un ideale asse dove collocare le proposte all’estrema destra troviamo la Stamp Duty inglese sul mercato azionario. L’aliquota è massima (2 per mille) e il risultato è quello di spingere fuori dal mercato delle azioni inglesi gli scommettitori tenendo sul mercato solo gli investitori più pazienti e che movimentano meno. La tobin tax è di fatto una tassa sulla velocità che è un’approssimazione della speculazione. Con questa tassa gli inglesi fanno comunque buoni incassi (vista la dimensione del loro mercato)  lasciando agire indisturbati gli operatori più speculativi su “pascoli non tassati” come il market for differences (dove si scommette sulle variazioni di prezzo di azioni senza possederle) o i derivati. Spostandoci verso sinistra troviamo le due tasse varate dalla Francia (Agosto 2012) e dall’Italia (Marzo 2013). Tasse attorno all’1 per mille dove il volume di transazioni si è ridotto per una percentuale tra il 15 e il 20 percento. Il loro gettito ridotto dipende anche dal fatto che tassano solo i saldi di fine giornata e non ogni transazione. Andando più verso sinistra troviamo la tassa proposta da undici paesi dell’UE con il percorso di cooperazione rafforzata (5 per diecimila su azioni e 5 per centomila su derivati). E la tassa proposta dalla campagna 005 che propone la stessa aliquota per le azioni e derivati (5 per diecimila). Questo vuol dire che la tassa della campagna 005 vuole avere effetti molto più drastici sui volumi di transazioni sui derivati considerando gli stessi prevalentemente speculativi (e se crediamo ai dati dell’indagine Mediobanca che parla di uso speculativo al 90 percento l’idea di decurtare la maggior parte delle transazioni persegue coerentemente l’obiettivo). Ed è per questo che è preferibile alle altre soluzioni.

C’è chi dice che la tassa avrebbe effetti sul debito pubblico. È così?
È del tutto infondata l’idea che con una tassa del 5 per 10000 (come quella proposta dall’UE) i prezzi dei titoli pubblici sul mercato secondario rischierebbero di salire con effetti sul debito pubblico. Un’aliquota così bassa non avrebbe nessun effetto sui prezzi (che hanno come è noto escursioni fino al 2 per mille in un giorno). Anzi potrebbe abbassare le escursioni speculative convincendo un po’ di speculatori andando altrove ed evitando perdita di liquidità del mercato se si mantiene l’esenzione per i market makers. Infine essa potrebbe perfino avere effetti positivi sul costo del debito aumentando (per gli operatori che possono accedere su entrambi i mercati) la domanda sul mercato primario dove si determina il costo del debito e dove la tassa non si applica. 

 

 

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