Famiglia

Beata l’adozione che non ha bisogno di eroi

Di adozioni si parla quasi solo in occasioni di scandali o per ribadirne le difficoltà. Possiamo davvero stupirci allora se la prima scelta di una famiglia che vuole accogliere un figlio non sia l’adozione? Né eroi né ladri: alle adozioni serve un altro storytelling

di Marco Rossin*

L’adozione è una forma di accoglienza che deve trovare un punto di contatto tra il desiderio di genitorialità di una famiglia, l’immagine che questa famiglia ha del loro futuro bambino e il bisogno che viene espresso dai Paesi nel mondo. L’adozione risponde a un bisogno attraverso un desiderio: da un lato il bambino in stato di abbandono e dall’altro la famiglia che sente di poter spendere il proprio desiderio di genitorialità per un bambino. Se adottare diventa però un’impresa per eroi, allora tanto vale accompagnare esplicitamente le famiglie verso altre forme (legali) di genitorialità ed evitar loro questo stillicidio.

Adottare non può essere una forma particolare di eroismo e questo livello di sacrificio non deve essere chiesto alle famiglie. Queste hanno bisogno di un punto di riferimento qualificato e strutturato; capace di accompagnare e formare con un sostegno di prossimità da un lato, e dall’altro di interloquire con Paesi estremamente diversi tra loro; intercettare il bisogno di famiglia che questi Paesi esprimono e dare una risposta efficace e consapevole.

Parlare in senso positivo e realistico di questa forma di accoglienza ha ancora senso perché, a pochi giorni da Natale, troviamo rispolverata una notizia degli anni ‘80, riportata in auge da un podcast belga, che denuncia un traffico di minori con retroscena alquanto macabri. Riemerge uno scenario dove, in Belgio, tra gli anni ’70 e ’80, un gruppo di suore aveva messo in piedi una sorta di mercato di neonati, strappati alle madri biologiche con l’inganno e venduti ad un totale di circa 30mila aspiranti famiglie adottive. Superata la legittimità di ricordare come sia sempre doveroso dar notizia e evidenziare condotte di questo tipo, deplorevoli e criminali, ci si rende conto ancora una volta di una narrazione dell’adozione in chiave prettamente negativa e/o sensazionalistica.

Il traffico di minori è illegale, oltre che immorale, come lo è la vendita di bambini ancora in utero in quanto lede la dignità dell’individuo. La totalità delle azioni volte a creare un mercato di neonati, che viene descritta nel podcast, è da condannare senza alcuna possibilità di giustificazione. Come è possibile allora che così tante famiglie si siano in qualche modo prestate a tali condotte, le abbiano in una certa misura rinforzate, senza porsi alcun dubbio, senza domandarsi cosa stessero realmente facendo a quel bambino che avrebbero poi chiamato “figlio”? Possiamo veramente immaginare che fossero tutte e 30mila assolutamente ignare di quello che stava succedendo? Che a nessuno sia venuto un dubbio rispetto a movimenti quanto meno sospetti, che li avevano portati a diventare genitori? E, in ultimo, perché un così alto numero di persone ha scelto questa strada per diventare genitori piuttosto che l’adozione, in un’epoca dove adottare, anche a livello internazionale, era decisamente più semplice rispetto ad oggi?

Fior fiore di esperimenti di psicologia sociale dimostrano che l’impatto delle variabili situazionali sul comportamento delle persone è enorme o, in altre parole, la combinazione di un fortissimo desiderio (di genitorialità) e un comportamento ampiamente diffuso per realizzare tale desiderio, porta persone comuni a prendere decisioni e compiere gesti deprecabili, che in condizione di normalità non prenderebbero o compirebbero mai. 

Analogamente però, se a queste persone comuni fossimo stati in grado di presentare un’alternativa valida, di inviare il messaggio che l’adozione è un’esperienza stupenda e profonda, avremmo forse avuto delle famiglie per dei bambini abbandonati? 

La nostra esperienza dice che i bambini in stato di abbandono sono sensibilmente diversi anche rispetto a pochi anni fa, le tempistiche infinite, i costi estremamente alti e una miriade di enti autorizzati tra cui scegliere (senza che vi sia un reale standard di qualità a cui questi debbano rispondere). In questo contesto, possiamo stupirci se la prima scelta di una famiglia che vuole accogliere un minore non sia l’adozione, ma tutta una serie di possibilità alternative?

Probabilmente la risposta è no, a meno che come enti autorizzati, smettiamo di cercare il numero, l’adozione in più, il Paese dal vuoto normativo che facilita l’individuazione di bambini e la loro adozione, per concentrarci su un tipo di investimento e di narrazione diversi. L’importanza ad esempio di una concreta e corposa presenza nei Paesi di origine dei bambini e dell’accompagnamento delle famiglie in Italia, come fattori centrali e imprescindibili per poter operare nel campo delle adozioni internazionali, sono il punto di partenza per percorrere questa strada. 

Con l’avvicinarsi delle feste natalizie arriva il momento dei buoni propositi e delle promesse per l’anno nuovo. L’auspicio è allora che si riesca a promuovere un messaggio chiaro ed univoco per cui l’adozione è un’esperienza umana unica e affascinante, colma di significato, un’esperienza rivoluzionaria che cambia davvero le sorti di bambini e genitori. E che, come tale, si possa diffondere come “buona prassi” per costruire una famiglia, che se ne possa incentivare la realizzazione concreta, e che ci si impegni a disseminare le storie a lieto fine, che fortunatamente sono tante, con nuove esperienze, nuovi occhi per guardare nel profondo quello che l’adozione comporta.   

Buon Natale a tutti, ma soprattutto a coloro che vogliono allargare la propria famiglia, con l’augurio che non debbano necessariamente essere degli eroi per diventare genitori.

Caro Babbo Natale,

sono stato bravo quest’anno. Ho aiutato la mamma a fare l’albero di Natale.

Sono stato felice perché sono andato in Italia insieme ai miei genitori.

Sono stato anche un bambino coraggioso. 

In Romania sono stato bravo, ma la scuola non mi piaceva.

La mia casa di adesso mi piace.

Per favore vorrei pantaloni caldi, magliette calde, lego (treno o elicottero), un puzzle grande e libri che 

leggerò quando sarò grande.

Grazie!

Julian

(Julian, figlio di due NON eroi)

*Marco Rossin è responsabile adozioni internazionali di Avsi. Foto di RDNE Stock project su Pexels

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