Cultura

Battere il caos immergendosi nel flusso della coscienza

Un importante lavoro dello psicologo Mihály Csíkszentmihályi da poco pubblicato per le edizioni Roi spiega come e perché creare «un'esperienza ottimale» o «flow» permette di vivere una vita buona e felice anche in tempi di complessità crescente

di Marco Dotti

In quali circostanze, a quali condizioni ci sentiamo felici? Nella Critica della ragion pura, Kant scrive che «la felicità è la soddisfazione di tutte le nostre inclinazioni» tanto in estensione, quanto in intensità e durata.

A queste tre condizioni della felicità, lo psicologo ungherese-americano Mihály Csíkszentmihályi ne aggiunge una quarta, che in qualche modo coimplica ed è al contempo coimplicata dalle precedenti: il flusso o flow, uno stato mentale che favorisce benessere e capacità. Come? Legando questa esperienza a un orizzonte di senso capace di sospendere il brusio di fondo del quotidiano, dando al quotidiano stesso una densità non effimera, ma di progetto.

Pubblicato originariamente nel 1990, Flow. The Psychology of Optimal Experience di Csíkszentmihályi è tornato d'attualità più che mai in un periodo che ci vede immersi in flussi non sempre ottimali e non sempre coerenti di coscienza. La casa editrice ROI ha così meritoriamente deciso di ripubblicare quello che è oramai un classico degli studi di psicologia. Lo fa in una nuova collana, non a caso denominata "Gli essenziali".

Il flusso e la meta

In Flow. Psicologia dell'esperienza ottimale (trad. di Adriana Guglielmini, pagine 448, euro 18), Csíkszentmihályi descrive tutti quegli stati positivi (ve ne sono, ovviamente, anche di negativi: il caso dell'immersione nel flow del gioco d'azzardo, ad esempio) in cui l'attenzione è focalizzata a tal punto su un'attività da far scomparire la percezione ordinaria del tempo. O, meglio, da mutarne le caratteristiche qualitative: non più un tempo cronologico (chronos), ma un tempo di vita (ciò che i greci chiamavano aion), tempo immersivo che diviene tempo propizio per l'azione (sempre i greci: kairòs).

Questa diversa configurazione del tempo non è fuga ma riconfigurazione dal quotidiano. Permette infatti, in ambiti vari e diversi – dallo sport al lavoro, dall'esperienza culturale e a quella spirituale -, di riorientare verso uno scopo, a tutto vantaggio della persona un flusso apparentemente caotico, spersonlizzante e derealizzante, di meri eventi all'apparenza casuali.

Una diversa qualità del tempo

Potremmo parlare dell'esperienza di flow come di un grande centro di imputazione che, vissuto con consapevolezza, permette di connettere fatti e situazioni di vita apparentemente sconnesse ponendo al centro degli eventi stessi il soggetto umano e la sua ricerca di vita buona e felice.

È proprio la consapevolezza dello scopo a consentire di «battere il caos», navigando senza ansia nella complessità e accedendo a quella condizione di felicità che Csíkszentmihályi definisce «esperienza ottimale».

Un'esperienza ottimale, spiega Mihály Csíkszentmihályi, oggi professore emerito di psicologia e management alla Claremont Graduate University e già capo del dipartimento di psicologia dell'Università di Chicago, «è quella in cui c'è ordine nella coscienza». Questa esperienza «si realizza quando l'energia psichica (o attenzione) viene investita in obiettivi realistici e quando le capacità coincidono con le opportunità di azione». Perseguire uno scopo, nota infatti l'Autore, mette ordine e genera consapevolezza.

Accade, infatti, che proprio nei momenti di massima difficoltà, quando si attivano energie e forze recondite, si sviluppi anche il massimo della soddisfazione: «una persona che ha raggiunto il controllo dell'energia psichica e l'ha investita coscientemente negli scopi che ha scelto non può non evolversi in un essere più complesso».

Oltre la società senza esperienza

È l'idea di una meta, in fin dei conti, a rendere coerente e non dispersivo il flusso, ma è l'idea di esperienza a rendere dinamica la capacità di focalizzazione e attenzione che caratterizza l'optimal experience come attività incrementale della complessità della nostra coscienza.

Sul piano materiale, le nostre società si sono evolute, ma se guardiamo la loro «capacità di aumentare il contenuto dell'esperienza» dobbiamo constatare che «pochi progressi sono stati fatti». Non c'è altra via d'uscita da questa impasse, conclude l'Autore, che «prendere in pugno la situazione» e recuperare la via dell'esperienza. «Stiamo sempre per metterci a vivere», scriveva Ralph Waldo Emerson, «ma non stiamo mai vivendo». Il "classico" di Mihály Csíkszentmihályi è una buona bussola per iniziare a farlo.

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