Welfare

Basta con l’emergenza rifugiati. Ora serve la programmazione

Omar Piazza, vicepresidente regionale in Lombardia, chiarisce le proposte della Cooperazione per dare risposte concrete ai continui arrivi di migranti provenienti dalle zone di guerra. «Serve una cornice progettuale più solida, che consenta l’accoglienza entro standard definiti e con forme di controllo stabilite»

di Lorenzo Alvaro

Mentre continua quella che sui giornali è ormai chiamata da anni “emergenza migranti”, solo ieri sono stati salvate altre 500 persone di cui 133 bambini in arrivo oggi a Siracusa, risulta sempre meno chiaro, complice una campagna elettorale dai toni durissimi, quale sia la strategia dell'Italia e quali le strategia che il Governo pensa di mettere in campo per gestire quello che,  è evidente, non è un flusso destinato a interrompersi.
A fare alcune proposte concrete ci ha pensato Federsolidarietà Bergamo per voce del suo presidente, Omar Piazza, che è anche vicepresidente regionale in Lombardia.
Vita.it lo ha intervistato per farsi spiegare nel dettaglio quali siano le soluzioni possibili. «Le cooperazione sostiene e gestisce da titolare il 70% degli arrivi. Sul restante 30% invece è presente in collaborazione con Caritas. Ma è ora di passare dall'emergenza alla programmazione» ha sottolineato il presidente.
 

Omar Piazza, presidente Federsolidarietà Bergamo e vicepresidente regionale in Lombardia

La prima cosa che sottolineate come Federsolidarietà è che non può più parlare di emergenza. Perché?
Perché, seppure le biografie singole delle persone che accogliamo ed il numero delle persone che incontriamo hanno le caratteristiche di una emergenza umanitaria, non è più possibile rispondere in modo emergenziale. Di fronte alle condizioni del nord Africa, note a tutti, che determinano un flusso di persone in arrivo in Europa che rimarrà stabile nei prossimi anni non si può parlare di emergenza. Perché è un fenomeno prevedibile. Alla fine del 2013 con il termine della “Emergenza Nord Africa” era evidente a tutti che rispondere in questo modo non solo non aiutava i già difficili percorsi di inclusione delle persone accolte, generando anzi spesso tensioni nei territori, ma non consentiva neppure una adeguata programmazione e verifica delle azioni di accoglienza.

Ma non era stato deciso di aumentare i posti del progetto SPRAR – Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati?
È vero. E noi avevamo accolto positivamente la decisione di aumentare i posti del progetto fino a 16000 con la possibilità di un ulteriore ampliamento di un ulteriore 40% dei posti disponibili. Sia chiaro: non era la risposta a tutte le persone che giungono in Italia, ma era un passo nella direzione corretta. Peccato che, ad oggi, si sono trovate le risorse per attivare posti di “emergenza” ma non sono state ancora messe a disposizione le risorse per consentire l’ampliamento dei posti dello SPRAR. In questo modo si sta perdendo l'occasione di inserire il fenomeno degli arrivi all’interno di una cornice progettuale più solida, che consenta l’accoglienza entro standard definiti e con forme di controllo stabilite

Come si spiega questa situazione?
Semplicemente le nostre istituzioni fanno fatica ad affrontare problemi emergenziali con la programmazione

Secondo lei come possiamo dotarci di questa cornice progettuale?
È necessaria prima di tutto l’apertura di un confronto serio che porti alla elaborazione di una specifica legge e a specifici strumenti che regolino e rendano fattivo il diritto di asilo. E poi dare finalmente corso all'ampliamento al sistema nazionale di accoglienza per i rifugiati. Questo solo per iniziare

Cos'altro serve?
Un ruolo di governo da parte delle Regioni. Alcune, come la Toscana, sono presenti. Regione Lombardia ad esempio invece non c'è. È inspiegabile l’assenza di un ruolo di coordinamento forte su un tema così importante. Considerando che la Lombardia è la principale regione per presenza di cittadini migranti crediamo sia giunto il tempo di aprire un confronto su di una legge regionale sui temi dell’immigrazione

Questo per quello che riguarda l'accoglienza. Voi però avete anche parlato del post accoglienza. Cosa proponete?
Molte delle persone che oggi arrivano in Italia vogliono attraversare il nostro Paese alla ricerca di altri luoghi di accoglienza definitiva, ma una parte di coloro che arrivano decidono di chiedere lo status di rifugiati qui. Le soluzioni di emergenza non contribuiscono all'elaborazione di un pensiero di inclusione sociale, percorso reso oggi più complesso che in passato dal perdurare della crisi. Occorre costruire un pensiero ed alcune proposte concrete per rendere possibile l’inclusione, e l’emancipazione, delle persone che chiedono rifugio nel nostro territorio. Una logica della sola emergenza rischia da un lato di indurre le persone accolte in percorsi assistenziali che li rendono poco protagonisti della loro emancipazione e dall’altra di alimentare atteggiamenti opportunistici di alcuni soggetti che vedono solo l’occasione di un quasi mercato della accoglienza emergenziale magari funzionale a riempire spazi e strutture in disuso


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