Famiglia

Basta con i contentini Ora dateci una road map

Il j'accuse (e le proposte) del presidente del Forum Famiglie, Francesco Belletti

di Sara De Carli

Zero euro alla riga famiglia. L’ultima Finanziaria è stata un’amara sorpresa. Eppure le cose da fare, senza oneri eccessivi, ci sarebbero: «Più che sul quoziente, bisogna puntare sulle deduzioni. Una no tax area famigliare. Ma anche altre misure ci andrebbero bene. L’importante è che siano consistenti, permanenti, universali» La delusione della Finanziaria 2010, Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari, non l’ha ancora digerita. Al rientro dalle feste, poi, ha dovuto inseguire la meteora del “quoziente familiare”, su cui la cronaca politica è tornata a pontificare urbi et orbi per 48 ore, finché il premier in persona non l’ha riseppellita.
Vita: Beh, se ne è parlato. Un bene, no?
Francesco Belletti: Il discorso sulla famiglia negli ultimi anni è uscito dai cassetti, il problema è che mancano i fatti.
Vita: Dal governo Berlusconi si aspettava qualcosa di più?
Belletti: Certo. Io sono rimasto sorpreso, onestamente, dall’ultima Finanziaria. Le mie previsioni politiche erano diverse, perché con poche lire il governo si sarebbe protetto su un fronte – quello cattolico – che per altri versi gli è ostile, come sull’immigrazione. Invece hanno scelto di lasciare zero sulla riga famiglia.
Vita: Deluso?
Belletti: Deluso, sì. Abbiamo chiuso il 2009 con la dimostrazione della totale irrilevanza della famiglia rispetto alle scelte economiche del Paese.
Vita: La richiesta del Forum era quella di usare la stessa cifra del bonus famiglia, 2,4 miliardi di euro, per introdurre una modifica strutturale nel sistema fiscale, con una deduzione di 3.200 euro a figlio.
Belletti: Il modello della no tax area famigliare è la nostra proposta da sempre, e l’idea è di arrivare a una deduzione di 7mila euro per figlio, il costo di mantenimento annuo di un figlio. È un modello più equo rispetto al quoziente familiare, anche se tutti i meccanismi possono avere correttivi. Diciamo che io, diversamente da Angeletti, non lo chiamo sconto fiscale: non mi piace l’dea che sia scontato un diritto.
Vita: In questo nuovo fermento di dibattito sul sistema fiscale, quale sarà la vostra posizione?
Belletti: Noi presenteremo una proposta sulla no tax area famigliare, ma se il modello sarà orientato su assegni o detrazioni, non è un problema. L’importante è che gli interventi siano consistenti, permanenti, universali. Chiediamo un segnale, che però inserisca la famiglia come punto di vista strutturale nelle politiche fiscali: quello che non ci soddisferà è una ulteriore una tantum o un provvedimento per solo alcune tipologie di famiglie.
Vita: Il governo dà la colpa della crisi. Nei Paesi più favorevoli alla famiglia, la crisi che effetti ha avuto?
Belletti: Le altre nazioni sulla famiglia hanno scelto politiche di medio-lungo periodo, siamo noi che procediamo per misure congiunturali, un anno qua e uno là, misure con cui non andiamo da nessuna parte. E questo è un deficit di visione di tutto il sistema politico, non solo di una parte.
Vita: Se ci fosse stata l’Udc sarebbe stato diverso?
Belletti: Credo di sì, ma questo non significa che non sia possibile trovare una convergenza con tutte le forze politiche sui temi della famigilia. Il nostro sogno sarebbe non avere un “intergruppo della famiglia”, che la guardi con uno sguardo trasversale.
Vita: Non c’è anche una responsabilità della Chiesa? Perché è riuscita a mobilitare tanta gente sui Dico e non lo fa invece su questi temi?
Belletti: La Chiesa come istituzione ha un discorso permanente sulla famiglia; la chiesa come mobilitazione? lì è stata molto evidente, perché si è andati a toccare un tema antropologicamente rilevante. Però ricordo che lo slogan del Family Day era «più famiglia», non «meno Dico».
Vita: Però poteva essere l’inizio di una storia che non è stata?
Belletti: Diciamo che la storia è venuta meno non per il cambio di governo ma perché le famiglie non si riconoscono nella protesta di piazza. Al contrario, le famiglie esprimono il proprio disagio rinchiudendosi, alimentando la solidarietà interna. A chi rappresenta le famiglie spetta anche il difficile compito di trovare modalità di rappresentanza che non siano quelle sindacali: il protagonismo sociale delle famiglie c’è anche se queste si mettono insieme per gestire un’opera sociale, un asilo nido. E poi il dialogo con la politica è difficile: nel 2008 il Forum ha raccolto più di un milione di firme che chiedevano un fisco family friendly, che ad oggi stanno chiuse in un cassetto.
Vita: Avete scritto a tutti i ministri, per lamentarvi di questa Finanziaria: chi vi ha risposto?
Belletti: Giovanardi, la Roccella e la Gelmini. Gli spazi di dialogo ci sono perché la vertenza-famiglia si manifesta in molti modi, con il fisco ma anche con la presenza dei genitori nella scuola, o con la conciliazione tra famiglia e lavoro. Il fatto è che non riusciamo a far passare l’idea che il motore del sistema Italia sia sì quello economico, ma anche la capacità di tenuta delle reti primarie. Che la famiglia è un combustibile del Paese, non un alettone che genera resistenza e consuma risorse.
Vita: Quanto è strategica la questione conciliazione?
Belletti: Su questo punto si gioca la tenuta dei sistemi famigliari. Bisogna creare una flessibilità a misura di famiglia, mentre oggi in Italia la flessibilità è a misura di azienda. Cito un dato: in Italia il 20% delle donne dopo il secondo figlio esce dal mercato del lavoro. Troppe per essere una questione di scelta. Qui la controparte vera – vorrei dire i nemici – sono gli uffici del personale e il management aziendale, non la politica. Noi abbiamo una cultura d’impresa di impronta taylorista, vecchia, servirebbe un radicale cambiamento dei paradigmi organizzativi, perché le leggi ci sono ma le aziende preferiscono dire “non ci complichiamo la vita”. Qui c’è una grossa sfida che riguarda Confindustria.
Vita: E i sindacati?
I sindacati hanno avuto una leggera ma costante conversione e oggi vedono la conciliazione familiare come parte del loro compito. Idem sulla questione fiscale. Per questo il forum, con i sindacati ma anche con altre forze sociali, dovrebbe fare un grande patto sociale per la famiglia.
Vita: Il trend più recente, nei progetti legati alla legge 53, sono i progetti su misura, di imprese quasi individuali.
Belletti: È la vera sfida. Pensare modelli organizzativi flessibili è più facile nella grande industria, ma l’Italia è quella della piccola impresa: dove la sfida organizzativa incide di più, ma guarda caso è lì che le singole persone sono più insostituibili.
Vita: Il 2010 sarà l’anno del federalismo fiscale. Per la famiglia che prospettiva si delinea?
Belletti: Incerta. La distribuzione di responsabilità a livello decentrato avvicina le scelte politiche alla vita: in questo senso ci aspettiamo ricadute positive. Sottolineo però che deve rimanere una grande responsabilità del livello nazionale, per garantire solidarietà rispetto ai territori. D’altra parte in questo modo noi dobbiamo interagire con venti interlocutori diversi per introdurre, ad esempio, la modifica dell’Isee. Troppo spesso le scelte locali devono sussidiare le non scelte del livello nazionale: se avessimo una adeguata politica fiscale a livello nazionale non sarebbe così indispensable sperimentare aggiustamenti Isee, family card, chiedere sconti a livello locale.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA