Non profit

Baschi azzurri in cerca di casa

Sempre più guardie penitenziarie chiedono il trasferimento al sud. E così molri istituti settentrionali vanno in emergenza

di Chiara Cantoni

Casa dolce casa: il cordone ombelicale con la regione e la città d’origine è duro a tagliarsi. Comprensibile. Più che legittimo il desiderio dei lavoratori fuori sede di tornare nelle vicinanze della propria famiglia. Lo è molto meno quando il ricongiungimento sperato è ottenuto mediante il ricorso sistematico all’espediente, senza il minimo riguardo per le forti disparità che si vengono a creare nella copertura degli organici nelle diverse parti del Paese. Nel caso di numerosi dipendenti statali del sud, assunti al nord per coprire i posti vacanti del territorio, l’espediente in questione è ricoprire un ruolo pubblico, status che autorizza di fatto il trasferimento vicino a casa. È esattamente quanto avviene per le guardie di custodia. Come ha segnalato anche il Corriere delle sera.

Secondo i dati del Consiglio europeo elaborati dal Centro Studi dell’organizzazione Ristretti Orizzonti, in Russia per ogni cento agenti carcerari ci sono 332 detenuti, in Spagna 283, in Germania 227, in Francia  209, mentre in Italia il rapporto sarebbe di uno a uno. Una media nazionale che tuttavia, denuncia la non-profit padovana, non riflette affatto la situazione reale del Paese, caratterizzata da forti disparità regionali.


Di più: a fronte di una crescita della popolazione carceraria che al 13 febbraio calcola in 59.419 il numero di detenuti (ben oltre la soglia regolamentare di 43.102, con il Piemonte e la Lombardia in testa nella forbice fra capienza regolamentare e capienza tollerata, rispettivamente di 3.356 vs 5.263 e 5.389 vs 8.286), scende invece la percentuale di agenti di Polizia penitenziaria: 37.853 se al numero ufficiale di 39.156, si sottraggono quelli che nel tempo sono stati distaccati negli uffici ministeriali o in altre amministrazioni pubbliche.


La nuova media che emerge, di 156 detenuti ogni cento agenti, inoltre non riflette le fortissime disomogeneità territoriali: se il rapporto di uno a uno è più o meno mantenuto in Lazio e in Molise, rispettivamente con 5.414 e 386 agenti per 5.458 e 393 carcerati, in Lombardia e in Veneto, invece, è addirittura dimezzato: 4.211 agenti operativi su 8.086 detenuti, nel primo caso; 1.503 agenti su 3.024 detenuti nel secondo. Ancora peggiore la situazione in Emilia Romagna, dove gli agenti sono solo 1.838 e i carcerati più del doppio (4.262). Le regioni maggiormente interessate dal gap fra il personale realmente in forza e l’organico previsto sono proprio la Lombardia (con 1.210 unità in meno fra uomini e donne) e il Piemonte (-1.063), il Lazio (-751), l’Emilia (-645). A fronte, per esempio, di un’eccedenza di forze in Puglia (+214), Calabria (+114), in Molise (+104), in Umbria (+98), e in Basilicata (+26).


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