Salute

Basaglia, la nostra rivoluzione necessaria

di Redazione

Ha avuto grande successo la fiction di RaiUno dedicata a Franco Basaglia. Non è la prima volta che la tv pubblica ricorda il profeta dell’antipsichiatria. Fu storica nel 1968 la puntata di Tv7 che Sergio Zavoli girò a Gorizia, nell’ospedale dove Basaglia era direttore dal 1961, dal titolo I giardini di Abele. Compariva per brevi tratti anche il padre della 180, uomo di poche parole. Ecco quello che disse davanti alle telecamere.

Vorrei partire dalla provocazione che mi fa. Lei mi chiede se la nostra esperienza è più una denuncia civile che una proposta psichiatrica. Allora le dico che io non saprei proporre niente di psichiatrico nel senso tradizionale, in un ospedale dove i malati sono legati. Credo che nessuna terapia di nessun genere, terapia biologica o psicologica possa dare un giovamento a queste persone che sono costrette a vivere in una situazione di sudditanza e di cattività da chi li deve curare. Dall’esperienza che andiamo facendo del capovolgimento dell’istituzione psichiatrica, il malato si rivela estremamente lontano da ciò che la psichiatria ha sempre ritenuto. Il che ci autorizza e ci obbliga ad effettuare una revisione a posteriori di tutta l’impostazione psichiatrica. Ricordo che nel 1925 un manifesto di artisti francesi che si firmavano La révolution surrealiste e indirizzato ai direttori dei manicomi, così concludeva: «Domattina all’ora della visita, quando senza nessun lessico tenterete di comunicare con questi uomini, possiate voi ricordare e riconoscere che nei loro confronti avete una sola superiorità: la forza».

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