Mondo

Barry, uno sguardo nuovo sull’Africa

Aperta la mostra del fotografo ciadiano a Milano. È frutto di un lavoro comune tra lui, Coopi e Vita, che si propone come modello per altre esperienze future. Ecco le parole e le immagini dell’inaugurazione

di Giuseppe Frangi

«Le esperienze, le paure e le speranze delle persone che ho fotografato in questo viaggio sono anche le mie». Così Abdoulaye Barry ha voluto spiegare il senso del lavoro realizzato nei mesi scorsi tra i rifugiati dei paesi introno al Lago Ciad. Un lavoro che è al centro della mostra aperta a Milano e realizzata da Vita e Coopi. Barry è nato e vive a N’Djamena. Ha viaggiato con la sua macchina fotografica tra popolazione esposte alla violenza incontrollabile di Boko Haram. Ciò che lo ha mosso non è stato tanto il bisogno di una denuncia quanto la possibilità di testimoniare un percorso di ricostruzione. Di qui l’alleanza con il Coopi. Nella presentazione della mostra Barry ha voluto rimarcare il valore del lavoro della Ong italiana in quel contesto così difficile: «Non si limitano a depositare in queste zone degli aiuti, ma accompagnano passo a passo le popolazioni in percorsi di rinascita. Stanno al loro fianco per far crescere progetti che permettono di restituire un’autonomia anche economica».

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Anche Claudio Ceravolo, presidente di Coopi, intervenuto all’inaugurazione ha voluto rimarcare che questo stile di intervento trova una sua rappresentazione fedele nelle foto di Barry, che «non punta mai alla spettacolarizzazione delle situazioni, alla “pornografia del dolore” ma narra la quotidianità carica di attese e di speranze».

Riccardo Bonacina, presidente di Vita, ha sottolineato come questo progetto sposi la filosofia informativa di Vita e in particolare la scelta di sostenere un percorso, quello di afronline.org, che punta a far raccontare l’Africa da giornalisti e fotografi del grande continente.

La mostra è stata curata da Laura Serani, per anni direttrice del più importante appuntamento africano per la fotografia, Les Rencontres de Bamako. Era stata lei nel 2009 a scoprire il talento di Barry e a garantirgli il Premio della Giuria. «Essere fotografi in Africa è qualcosa di molto diverso che nelle altre parti del mondo. È un lavoro che non può mai metter filtri rispetto alla vita che accade attorno. L’attività principale di Barry, come di molti fotografi in Africa, é fotografare matrimoni e cerimonie, ma in parallelo si é sempre interessato a persone in situazioni difficili e fragili. A cominciare dai bambini e dai ragazzini senza famiglia che vivono di piccoli lavoretti, sniffano colla e abitano per la strada a N’Djamena, la sua città, la capitale del Ciad»

La mostra allo spazio MiFac di via santa Marta a Milano resterà aperta sino al 19 novembre.

Apertura dal martedì al sabato 15-19

Foto: Antonio Mola

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