Non profit
Barroso II, la grande occasione
Molte novità, a partire dallo sdoppiamento fra Sviluppo e Aiuti umanitari, affidati a nomi poco noti. «Così si aprono spazi insperati per la società civile», spiega il direttore di Ecas
Jeleva chi? A una settimana dalla nomina della Barroso II, la squadra di commissari europei per i prossimi cinque anni, la Bruxelles dei lobbisti sociali e dei grandi coordinamenti di enti non profit è ancora senza parole. Perlomeno ufficiali, da diramare in comunicati stampa. Perché Rumiana Jeleva, il ministro degli Esteri bulgaro nominato commissario per l’Azione umanitaria, è una perfetta sconosciuta nel mondo delle ong e degli aiuti. Ma, soprattutto, perché nessuno si aspettava lo smembramento delle competenze, e del budget, oggi in capo al commissario Karel De Gucht: da una parte lo Sviluppo, affidato all’ex responsabile dell’Energia, Andris Piebalgs, dall’altro l’Aiuto umanitario, le crisi e la cooperazione internazionale. Vietato citare le fonti, ma il giudizio, e i timori, sono unanimi: la decisione è top down, calata dall’alto sulla società civile. Echo, separato da altre direzioni, rischia di essere isolato, economicamente debole e anche politicamente sfruttato se, come si vocifera, la Jeleva sarà responsabile anche della Protezione dei civili. Per non parlare dell’impossibilità di pensare l’intervento umanitario come azione a lungo termine.
Una ristrutturazione tutta da buttare, dunque? Dipende dai campi di intervento, spiega Tony Venables, direttore dell’Ecas – European Citizen Action Service, «con lo smembramento del portfolio giustizia, sicurezza e affari interni, si crea di fatto un commissario per la Cittadinanza e i diritti fondamentali,Viviane Reding, responsabile della Comunicazione nel Barroso I». Una novità che, insieme all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, apre nuove possibilità al non profit. Ma a una condizione, specifica Venables: «Il terzo settore deve imparare a relazionarsi anche con il Parlamento che, con l’elezione di numerosi ex commissari nelle ultime consultazioni, sarà sempre più potente e dove potrebbe presto essere creata una casa della società civile (vedi box)». Il direttore di Ecas rassicura anche contro i timori di chi, contati 10 commissari dell’Est su 27, paventa un ulteriore flusso di fondi verso la Nuova Europa: «Non è questa l’intenzione della Commissione, piuttosto il non profit impari a convincere i gestori dei fondi strutturali, Regioni in testa, a non cadere nella trappola “meno soldi uguale pochi e grandi progetti”. Quando i fondi diminuiscono, la strada per avere un vero impatto sul territorio è piuttosto puntare alle grandi partnership con la società civile». A cominciare da quella italiana: «La situazione del non profit italiano non è facile, il mio consiglio è che prendano esempio da ciò che fecero associazioni e ong inglesi nell’era Thatcher: bloccate sul fronte nazionale, portarono le loro idee all’Europa. Credo che la società italiana abbia un importante contributo da offrire alle istituzioni europee. La nomina di commissari poco conosciuti, e di due politici ritenuti “pesci piccoli” come presidenti del Consiglio europeo, potrebbe lasciare maggior spazio a chi ha contributi interessanti da proporre».
Tra le novità del Barroso II, la creazione di una nuova posizione: il commissario responsabile del Climate action. Carica affidata a Connie Hedegaard, già ministro dell’Ambiente in Danimarca, che dovrebbe promuovere il cambiamento climatico in maniera trasversale all’interno della Commissione. Sembra un posto fatto apposta per il ministro oggi in prima line al summit sul cambiamento climatico di Copenhagen: riuscirà a schivare le pressioni delle aziende? A influenzare i colleghi commissari? Ruberà la scena, e i fondi, alla direzione per l’Ambiente?
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