Welfare

Barletta, la morte “in nero”

Il crollo della palazzina rivela lo sfruttamento del lavoro, i giornali ne parlano. Tutti, tranne il Sole 24 Ore.

di Franco Bomprezzi

La tragedia di Barletta, con il crollo della palazzina nel cui scantinato si trovava un laboratorio tessile, ha rivelato una situazione gravissima di sfruttamento del lavoro, in nero. Non soltanto, dunque, una tragedia, ma anche uno spaccato drammatico di una realtà sociale insostenibile. I giornali, dominati dalle notizie relative al declassamento dell’Italia da parte di Moody’s, trovano comunque spazio per cronaca e commenti di questa storia italiana.

“Morte per 4 euro l’ora” è il titolo di taglio sulla prima del CORRIERE DELLA SERA. In sommario: “Napolitano: una sciagura inaccettabile”. I servizi degli inviati alle pagine 24 e 25. La cronaca di Giusi Fasano è preceduta dalle parole del presidente della Repubblica: “Il presidente della Repubblica ha scritto un messaggio al sindaco di Barletta, Nicola Maffei. Per dire a lui e alle famiglie delle vittime che partecipa «con sentimenti di affetto e commozione al loro dolore» e per chiedere a tutti gli altri, «poteri pubblici e soggetti privati», l’impegno per tenere «sempre alta la guardia sulle condizioni di sicurezza delle abitazioni e dei luoghi di lavoro con una costante azione di prevenzione e vigilanza». Il crollo della palazzina di Barletta — la morte di Maria, Matilde, Giovanna, Antonella, Tina — «impone l’accertamento rigoroso delle cause e delle responsabilità» è il monito di Napolitano”. Ma è il pezzo di Virgilia Piccolillo, a pagina 25, a portare in primo piano la questione dello sfruttamento: “Senza contratto, 14 ore al giorno”. Scrive l’inviata: “Il sindaco pd Nicola Maffei, contestato dalla popolazione per quegli allarmi inascoltati sulla palazzina pericolante, cavalca questo sentimento di umana pietà che unisce la città: «Non mi sento di criminalizzare chi, in un momento di crisi come questo viola la legge assicurando, però, lavoro, a patto che non si speculi sulla vita delle persone». Sarebbe un «paradosso» se i titolari della maglieria che si trovava nel palazzo crollato, «dopo avere perso una figlia e il lavoro, venissero anche denunciati»”. Ma la realtà è davvero allarmante: “Ora la Finanza sta accertando se l’impresa fosse in regola. Al sindacato non risulta: «Non sappiamo in quante lavorassero lì, né cosa facessero. Noi sospettiamo che fosse una delle tante aziende sommerse che pullulano in questo territorio» spiega Franco Corcella segretario della Camera del lavoro della Cgil di Barletta. E Luigi Antonucci, segretario generale della Cgil-Bat, più tardi conferma: «Dalle nostre ricerche risulta che le donne lavorassero in nero e l’azienda fosse completamente sconosciuta all’Inps. Purtroppo sono molte le lavoratrici che accettano situazioni analoghe perché anche pochi euro al giorno servono per mandare avanti la famiglia e i figli». In questa zona sono centinaia le aziende in nero che prendono piccole commesse dalle molte imprese tessili. Un sistema irregolare che offre alle lavoratrici, in massima parte donne, uno stipendio mensile di 400-600 euro al mese”. Dalla prima del CORRIERE parte anche il commento di Dario Di Vico: “Le macerie e le storie di un paese dimenticato”. Ecco il suo pensiero: “Non possiamo però archiviare Barletta solo come la storia di un territorio che non ha sprigionato innovazione, saremmo terribilmente ingiusti nei confronti delle vittime e assolutori verso chi non ha mosso un dito per impedire l’illegalità e si è girato dall’altra parte. La verità è che la tragedia pugliese reca anche il segno di un Paese che si sta pericolosamente adattando al ribasso. Che sta raschiando il fondo del barile. Nella scala della competizione globale in alto ci sono sicuramente i nostri prestigiosi brand del lusso ma in basso la grande pancia delle micro-imprese è sottoposta a un sommovimento tellurico. E per resistere scende metaforicamente di uno o due piani, scommette di nuovo sul sommerso. Così rinuncia alla sicurezza dei laboratori, evade tutte le norme possibili, sfrutta il lavoro oltre ogni principio di civiltà. Ma non è certo questo il futuro che ci meritiamo”.

LA REPUBBLICA dedica l’apertura all’economia (“Anche Moody’s declassa l’Italia”) e riserva il taglio centrale per “Barletta, sono morte per quattro euro l’ora”. Lavoravano in nero le operaie morte nel crollo della palazzina. E lo facevano per pagare i mutui. La Procura di Trani ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo plurimo e disastro colposo (la Guardia di Finanza indaga per gli aspetti lavorativi, i carabinieri e la polizia sul palazzo che si è avvitato su se stesso, ha puntualizzato il procuratore Carlo Maria Capristo). Subito ieri mattina è arrivato il cordoglio del Presidente della Repubblica: «L’inaccettabile ripetersi di terribili sciagure laddove si vive e si lavora, impone l’accertamento rigoroso delle cause e delle responsabilità, e soprattutto l’impegno di tutti, poteri pubblici e soggetti privati, a tenere sempre alta la guardia sulle condizioni di sicurezza». Il racconto sulla vita delle vittime, operaie in un laboratorio dove erano prodotte tute e maglie per la ginnastica è affidato a Gabriella De Matteis e Giuliano Foschini: «per poter comprendere fino in fondo la loro storia bisogna aver visto almeno una volta una “confezione” di Barletta, segreto del boom economico degli anni ’80 in questa città. Alla “confezione” ci lavorano soltanto donne. A gestirla nella maggior parte dei casi è una donna… una ritualità da catena di montaggio, gesti sempre uguali e il più possibile precisi». «La colpa», dice la mamma di Giovanna, una delle vittime, «non è di quei poveri signori che le davano da lavorare e che ora piangono qui insieme a noi. La colpa è di chi doveva controllare e non l’ha fatto, di chi viene pagato per fare esistere e rispettare la legge e se n’è fregato». Nessun cenno da parte dei parenti al fatto che lavorassero in nero e per pochi euro. Lo fa Luciano Gallino in un commento intitolato “La nostra vergogna”: «Di laboratori e officine e cantieri in nero è piena tutta l’Italia, lo era prima della crisi e lo è ancora di più adesso… Il mercato del lavoro è stato lasciato marcire dai governi e dalle imprese in tutte le regioni d’Italia. La crisi ha accelerato il degrado, ma esso viene dall’interno del paese, non dall’esterno. Una intera generazione oppressa dalla precarietà lavora quando può, quando riesce a trovare uno straccio di occupazione. Stiamo uccidendo in essa la speranza. Adesso milioni di italiani guarderanno i funerali di Barletta in tv, e molti proveranno una stretta al petto, e il giorno dopo torneranno al loro lavoro precario per legge, grazie alle riforme del mercato del lavoro, o precario perché del tutto in nero».

“Sepolte vive, lavoravano in nero per tre euro”. Questo il titolo del pezzo che nel taglio basso di pag.18 IL GIORNALE dedica agli sviluppi del crollo della palazzina a Barletta. Un pezzo di cronaca in cui vengono raccontate le condizioni contrattuali e di lavoro delle quattro sarte morte nel crollo («lavoravano dalle 8 alle 14 per 3,95 al massimo 4 euro all’ora» e «avevano ferie e tredicesime pagate ma non senza contratto») e le reazioni di rabbia dei parenti. In fondo all’articolo anche la parola ai politici, con l’indignazione di Giorgio Napolitano e la reazione del sindaco di Barletta, Nicola Maffei (Pd) «Non mi sento di criminalizzare chi in un momento di crisi come questo viola la legge assicurando però lavoro a patto che non si speculi sulla vita della persone».

La tragedia di Barletta è la prima apertura del MANIFESTO che titola “Maglia nera” sulla grande foto di un’operaia ripresa di spalle a una macchina tessile. “Lavoravano al nero per quattro euro al giorno le cinque operaie morte nel crollo della palazzina a Barletta. La Cgil: «Non basta scrivere le regole sulla sicurezza, bisogna applicarle». Napolitano: «Una sciagura inaccettabile»” riassume il sommario che rinvia alla pagina 7 del giornale dove si trova l’articolo “Morire per quattro euro l’ora”. Nell’articolo racconta i fatti emersi dalle ispezioni sull’edificio alle condizioni di lavoro nell’opificio. Si descrivono le vittime “Donne normali con vite normali portate avanti con forza per sbarcare il lunario (…)», ma anche il lavoro della Guardia di finanza e la presa di posizione del sindaco di Barletta che afferma: «Non mi sento di criminalizzare chi, in un momento di crisi come questo, viola la legge assicurando però lavoro, a patto che non si speculi sulla vita delle persone», si sottolinea l’eco nazionale della tragedia e si riporta la presa di posizione di Bersani «L’assenza di sicurezza, il lavoro nero per pochi euro, i controlli che fanno acqua: troppe volte abbiamo dovuto assistere a tragedie come queste (…) bisogna che il nostro Paese ritrovi il senso delle priorità. La dignità del lavoro e la sicurezza sul lavoro sono elementi inalienabili di un Paese civile».
  
Nulla, nemmeno una parola sul IL SOLE 24 ORE a proposito del crollo di un edificio a Barletta, in provincia di Bari, e conseguente morte di quattro operai e una ragazza. Di fatto Moody’s declassa pure la morte. 

«3,95 euro l’ora. E la morte»: questo il lapidario titolo in prima pagina che AVVENIRE dedica al crollo di Barletta. La foto, sempre in prima pagina, mostra un’immagine della Madonna e un crocifisso su una parete rimasta in piedi del palazzo crollato. All’interno si dà conto delle parole del presidente Napolitano e delle indagini della procura di Trani, degli allarmi inascoltati della vigilia ma anche delle parole del sindaco di Barletta, Nicola Maffei (Pd), che «non si sente di criminalizzare chi in un momento di crisi come questo viola la legge assicurando però lavoro». Di spalla un pezzo sull’oro nero» ovvero il lavoro illegale che imperversa nella provincia di Bari: decine e decine di microlaboratori di confezioni a conduzione familiare in cui lavorano centinaia di operai “invisibili” per uno “stipendio” medio di 500 euro al mese.

“Napolitano: Barletta sciagura inaccettabile”. LA STAMPA usa le parole del presidente della Repubblica in prima pagina sopra la foto del maglificio crollato a Barletta. In un primo piano a pagina 5 le storie delle donne rimaste uccise (titolo: “Le vittime lavoravano in nero per quattro euro l’ora”) raccontano di vite e sogni spezzati: Tina che doveva andare quel giorno a scegliere l’abito per il matrimonio, Antonella che stava per diventare nonna, Giovanna che andava avanti fra mille sacrifici per la figlia di tre anni e per un futuro migliore. Nel sud Italia c’è un boom di donne fra i lavoratori “invisibili”, quelli che lavorano in nero per paghe che arrivano a sfiorare i due euro: secondo l’Istat nel 2010 erano oltre 2 milioni in Italia, pari all’11% dei lavoratori.

E inoltre sui giornali di oggi:

CRISI
LA REPUBBLICA – Anche Moody’s declassa l’Italia; gli analisti assicurano: «il rischio default è remoto ma la vulnerabilità del Paese è aumentata». La bocciatura è dovuta «in parte ai rischi derivanti dalle incertezze economiche e politiche… e in parte all’aumento dei rischi al ribasso per la crescita economica e all’indebolimento delle prospettive globali». Una situazione che ha ovvie ripercussioni politiche, con Giulio Tremonti che ammette: in Spagna lo spread va meglio perché hanno le elezioni anticipate e poi si pente, dicendo che è una voce dal sen fuggita. E con Berlusconi che ribatte: «non farò come Zapatero, se lo può scordare».

IL MANIFESTO – Il secondo tema forte della prima pagina, un ampio richiamo subito sotto la testata è dedicata alla Grecia con il titolo “La crisi greca e l’Europa affossano le banche”, nel testo che rinvia alle pagine 2 e 3 si sottolinea come sia “tornata la grande paura sui mercati internazionali (…)”, accanto anche un richiamo all’articolo in pagina opinioni “Il processo del default italiano lo sta guidando la Bce come in Grecia. L’unica alternativa è fallire davvero”. “Sprofondo Europa” è questo il titolo comune alle due pagine interne sulla crisi che si aprono con il titolo “Lo spettro Lehman torna tra le banche”, nel sommario si legge: “Tre anni fa l’esplosione della quarta banca d’affari del mondo innescò un «credit crunch» superato solo grazie a valanghe di denaro pubblico (che oggi ci viene chiesto di ripagare con salari e pensioni). E la Cnn si interroga: «C’è Morgan Stanley al centro del prossimo big bang?»”, un secondo sommario a metà pagina segnala: “Prestiti interbancari fermi per il «rischio Grecia». Bernanke (Fed) promette aiuti ed evita il tracollo”. Accomunato in questa pagina anche il tema Fiat con il titolo «L’800 di Marchionne”.

CORRIERE DELLA SERA – Da segnalare l’editoriale del direttore Ferruccio De Bortoli: “Il sipario strappato”. Scrive il direttore: “Riforme vere, privatizzazioni e liberalizzazioni, rimangono sulla carta. Siamo stati capaci di aumentare le tasse, ma la spesa pubblica (800 miliardi) prosegue la sua corsa. Abbiamo annunciato che avremmo abolito le Province: non era vero. Tagliato i costi della politica: una presa in giro. La nomina più delicata, quella del governatore della Banca d’Italia, è finita mestamente nel tritacarne delle liti di maggioranza. Il premier mostra di occuparsi solo delle sue questioni personali. E, infatti, oggi di che cosa discute la Camera dopo aver votato in diretta televisiva (ci vedono anche all’estero) sulle inchieste Papa, Milanese e Romano? Delle questioni contenute nella lettera della Bce? No, delle intercettazioni. Bossi non appare, anche agli stranieri, nel pieno delle sue facoltà. Non c’è membro del governo o della maggioranza che non affermi in privato che Berlusconi debba lasciare. Su questo giornale abbiamo suggerito al premier di fare come è accaduto in Spagna: annunciare che non si ricandiderà, chiedere le elezioni e non trascinare con sé l’intero centrodestra. Nessuna risposta”. 

MIGRANTI
IL GIORNALE – “Sbarchi d’oro: costano un miliardo” (pag 11 Interni). Inchiesta di Stefano Filippi in cui vengono riportati i costi di gestione dell’accoglienza degli immigrati (22.268), un tema a cui Vita ha dedicato ampio spazio nel numero in uscita venerdì.

BADANTI
AVVENIRE – Badanti, tornano le italiane. Una pagina di “È Lavoro” di Avvenire è dedicata al fenomeno delle assistenti domiciliari, figure sempre più richieste (+82% dal 2005), tanto che da qualche tempo nel settore si sono affacciate le italiane (+30% nel 2010 secondo i dati di Obiettivo Lavoro). Chi sono queste badanti nostrane? Nel 95% dei casi sono 40-50enni che vogliono rientrare nel mondo del lavoro e non trovano altri canali aperti, anche se non mancano le neomamme alla ricerca di un’occupazione per qualche ora al giorno. Comunque, nonostante il recente trend, oltre il 70% delle assistenti familiari è straniera, soprattutto dell’Est Europa.

AFRICA 
IL SOLE 24 ORE – Il quotidiano di Confindustria dedica quattro pagine al forum Africa previsto il 6 e 7 ottobre. Africanews.it gli fa il contraltare online. Per l’occasione scende in campo Romano Prodi con un editoriale: “Primavera araba e sfida europea” dove avverte: «L’errore più grave, nei momenti di disorientamento, come quello che sta attraversando l’Europa dell’euro, è di restringere l’orizzonte geografico e temporale alle difficoltà interne e alle sole pressioni che vengono dal mercato». 

GERMANIA
ITALIA OGGI– I politici tedeschi danno il buon esempio. Secondo il pezzo “L’onorevole faccia solo l’onorevole”, i socialisti presteranno una legge per vietare ogni attività extra ai parlamentari. Una legge che va a completare l’obbligo di rendere pubblici i loro guadagni extra. 

ROM
IL GIORNALE – “Basta campi rom per i nomadi. Il Comune li vuole mettere in case popolari e cascine” (pag 4 dorso Milano). Nel pezzo viene riportata la decisione del Comune di Milano di continuare nella chiusura dei campi rom ma di investire «la maggior parte dei fondi possibili sul reinserimento, l’unico modo per superare i campi». Riportate reazione e polemiche da parte dell’opposizione. Poco sotto messa in risalto la notizia della premiazione da parte del Comune di due ragazze rom che hanno denunciato i clan che li sfruttavano.

OPG
IL MANIFESTO – “«Inizieremo a svuotare gli Opg»” titolo a pagina 7 un articolo in taglio centrale dedicato all’annuncio dei ministri Fazio e Palma sugli Ospedali psichiatrici giudiziari. «L’unica soluzione auspicabile per l’«orrore» degli Ospedali psichiatrici giudiziari, «inconcepibili in qualsiasi Paese appena civile», per citare le parole del presidente Napolitano, sarebbe la chiusura. Obiettivo al momento fuori dall’orizzonte dei due ministri Ferruccio Fazio, titolare della salute, e Francesco Nitto Palma, Guardasigilli (…)» da loro arriva l’annuncio delle prime soluzioni condivise. Tra queste la “liberazione” di 400 dei 1400 internati che, ritenuti non più pericolosi e che dovrebbero essere curati come malati psichiatrici. Si cita anche una soluzione citata da Fazio che parla di un «turn over dei reclusi negli Opg che al massimo dovrebbero ospitare 600-700 persone».


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