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Barcellona dichiara l’indipendenza

Il parlamento della Regione Catalana ha approvato con voto segreto. Da Madrid Rajoy via Twitter annuncia la destituzione di Puigdemont. Si rischia l'escalation

di Lorenzo Maria Alvaro

Lo scontro frontale che in molti davano inevitabile è arrivato. Il Parlamento catalano ha appena votato per l'indipendenza. Nessuna trattativa dunque. La Catalogna, in risposta alla decisione del Governo spagnolo di adire all'articolo 155 della Costituzione, ha scelto di dare lo strappo decisivo.

La votazione è stata a scrutinio segreto, i parlamentari locali si sono espressi a favore della costituzione di una «repubblica sovrana e indipendente» con 70 sì, 10 no e due schede bianche.

La presidente del Parlament de Catalunya, Carme Forcadell ha pubblicato sul proprio profilo Twitter la risoluzione appena approvata.

Abbracci in aula e festeggiamenti fuori dal parlament, dove è esplosa la festa delle persone in piazza fin dalla mattina. Al voto non hanno partecipato le opposizioni, in segno di protesta contro una consultazione giudicata illegale.



Il momento della dichiarazione di indipendenza in piazza a Barcellona


La risposta di Madrid arriva dal profilo Twitter del premier Mariano Rajoy.

«Chiedo agli spagnoli di stare tranquilli. Lo Stato di diritto riporterà la legalità in Catalogna», scrive il leader del Partido Popular. Ora il Governo dovrà decidere come agire. La cosa più probabile è che scelga destituire il presidente catalano Carles Puigdemont, il vicepresidente Oriol Junqueras e tutti i membri del Governo locale.

Ma da qui in poi tutto è un'incognita. Sopratutto alla luce delle indiscrezioni rivelate da fonti del ministero dell’Interno spagnolo al sito El Confidencial digital, per cui i dirigenti del ministero avrebbero detto ai poliziotti di «riposarsi perché il peggio sta per arrivare». A Madrid erano infatti abbastanza sicuri che l’applicazione dell’art. 155 della Costituzione e le dichiarazioni del presidente Puigdemont non avrebbero avuto conseguenze minime sull’ordine pubblico della Catalogna. E gli indizi, in questo senso, non mancano. Le frange più radicali dell’indipendentismo catalano hanno dichiarato già da qualche tempo, e pubblicamente, che sono pronte a intraprendere ogni azione, anche di stampo violento, se il governo centrale non avesse fermeto l’applicazione della Costituzione: i gruppi di estrema sinistra appartenenti alla Cup (Candidatura d'Unitat Popular) e ad Erc (Esquerra Republicana de Catalunya) hanno già detto di essere pronti alla disobbedienza civile di massa. E il deputato repubblicano, Joan Tardà, ha parlato apertamente «prendere le strade della città» in caso di proseguimento da parte del governo Rajoy di questa politica «franchista». E in questo, non va dimenticato come la Policia Nacional e la Guardia Civil continuino a trovare un ostacolo serio nella mancanza di collaborazione dei Mossos d’Esquadra. L’ultima notizia era arrivata da Sant Adrià de Bosòs, provincia di Barcellona, dove gli uomini della Policia Nacional hanno impedito giorni fa ad alcuni appartenenti ai Mossos di bruciare documenti sensibili. Per la polizia catalana si trattava di un’azione normale, per la polizia nazionale invece il rischio di vedere dispersi documenti importanti sull’attività dei Mossos in relazione all’indipendentismo e ai fatti delle ultime settimane. Tutto questo però costituiva lo scenario peggiore senza dichiarazioni di indipendenza. Con il voto di oggi il quadro si fa decisamente più pericoloso.

La Procura Generale spagnola ha comunciato di essere pronta a chiedere l’incriminazione per «ribellione» del presidente catalano Carles Puigdemont. La incriminazione per «ribellione» – che comporta pene fino a 30 anni – preparata negli ultimi giorni in un vertice della procura potrebbe essere estesa al vicepresidente Oriol Junqueras.

Per l'ennesima volta il grande assente sembra essere l'Unione Europea che continua a latitare e non va, ormai da mesi, oltre a sterili dichiarazioni di circostanza. «Non abbiamo niente da aggiungere a quanto già detto», è il commento lunare di una portavoce della Commissione europea interpellata riguardo la dichiarazione di indipendenza della Catalogna. Nei giorni scorsi si era espresso in pubblico il presidente Jean-Claude Juncker affermando di essere «contro tutti i separatismi in Europa» e quindi di «non amare quello che si fa in Catalogna». In precedenza Juncker e altri commissari avevano sottolineato l’importanza del rispetto dello stato di diritto e della costituzione spagnola.


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