Volontariato
Banlieue, ovvero i “luoghi banditi”
Un anno fa, la Francia venne stravolta da un'ondata di violenze giovanili nelle banlieue. Dopo una prima inchiesta nel febbraio scorso, Vita è tornato su questi luoghi banditi dallo Stato
Mai anniversario fu così soggetto a disagi e contraddizioni. Il 27 ottobre 2005, due ragazzi di Clichy-sous-Bois, periferia nord di Parigi, morirono fulminati in un comparto dell?Azienda elettrica francese (Edf). Quello che doveva rimanere apparentato a un ?banale? episodio di cronaca diede invece il via alla più forte ondata di violenze giovanili delle banlieue francesi. A cambiare le carte in tavola furono due varianti che nella Francia odierna, multiculturale e discriminatoria, spesso non fanno altro che alimentare rabbia e polemiche sproporzionate: i due giovani in questione, Zyed Benna e Bouma Traoré, erano cittadini francesi, ma di origini africana e maghrebina. Nonostante le circostanze della tragedia non siano mai state chiarite, si sa per certo che Benna e Traoré, rincorsi da poliziotti, trovarono riparo nella micidiale ?trappola? dell?Edf.
Polizia e figli di immigrati. Tanto è bastato ai ?fratelli? di Zyed e Traoré per dare alle fiamme il modello di integrazione sociale francese. In tre settimane di violenza inaudita, si contarono 10.300 auto bruciate, 4.728 arresti, simboli dello Stato presi d?assalto (la scuola su tutti) per un danno complessivo di oltre 160 milioni di euro. Un bilancio che non lascia scampo ai politici, tanto meno a Nicolas Sarkozy, benzinaio travestito da ministro dell?interno che per gettare acqua sul fuoco si dichiarò disposto a ?pulire a colpi di disinfestanti le cités? presiedute da giovani assimilati a delle ?racaille? (delinquenti).
27 ottobre 2006. A un anno di distanza, la Francia si interroga sull?opportunità o meno di ?commemorare? le violenze del 2005. Lo stesso Sarkozy, che della sicurezza ha fatto il suo terreno di battaglia per conquistare l?Eliseo nel 2007, non vuole sentire parlare della parola ?anniversario?. A ruota libera, i media francesi auspicano una copertura ?sobria? degli eventi privilegiando articoli di fondo e ampi reportage sul disagio sociale delle banlieue e sulle risposte date dal governo negli ultimi 365 giorni. Una scelta difficile, resa quasi impraticabile dalla necessità di coprire i nuovi episodi di violenza scoppiati nei giorni scorsi a Grigny, Bagnolet e Nanterre. Le Monde parla di ?bande organizzate?, alcune delle quali in contatto diretto con alcune redazioni d?oltralpe che, guarda caso, giungono sul luogo del delitto anticipando pompieri e poliziotti.
A questo punto, c?è da chiedersi chi alimenta i disordini? Vincolati dall?irrefrenabile necessità di ?fare notizia?, nel caso delle banlieue i media (e non solo francesi, basta osservare gli articoli dei nostri quotidiani) strumentalizzano i disagi di un?intera generazione di esclusi sociali per giustificare le proprie scelte editoriali. Sebbene in questi giorni la stampa francese abbia tentato di porre un freno ai rischi di ?eccesso di memoria? (Paul Ricoeur), per chi non avesse passato in rassegna quotidiani e settimanali d?oltralpe nell?ultimo mese, è bene ricordare che furono proprio loro a tempestare i lettori di notizie commemorative sulle banlieue. Non è un caso se un gruppo di sindaci del dipartimento della Seine-Saint-Denis, quello più colpito dalle violenze dello scorso autunno, hanno denunciato ?lo zelo dei media nei confronti di un anniversario? che ?nessun giovane aveva in mente?.
Nessuno probabilmente no, ma è certo che l?esigenza di voler commemorare i disordini del 2005 non nasce nelle periferie. A Saint-Denis, ci si limita a rievocare. In questa banlieue limitrofe di Parigi, nulla è cambiato da quando Vita ci aveva messo piede nel febbraio scorso per un?inchiesta sul mondo associativo e sui giovani. I sentimenti di malessere e di rancori sono all?ordine del giorno, ma in forma del tutto diversa rispetto a quella espressa dai gruppi di ragazzi di Grigny o di Bagnolet. Niente autobus messi alle fiamme e niente agguati ripetuti a poliziotti. L?unico si è verificato a fine settembre nel quartiere dei Franc-Moisin, a sud della città. Qui si concentra il 10% della popolazione di Saint-Denis. Oltre 12mila abitanti a cui Stato e Comune hanno voluto ridare dignità.
Epicentro del traffico di droga locale durante gli anni ?80, i Franc-Moisin erano malfamati anche per la capillarità della piccola delinquenza giovanile. I protagonisti sono sempre loro: figli e nipoti della prima generazione di immigrati maghrebini, tutti partoriti dal ventre malato del corpo coloniale francese. ?Per calmare le acque e parificarci agli altri quartieri della città, ci hanno messo a disposizione tutti i servizi di base di cui necessita un quartiere per non sentirsi escluso?. Karima ha quarant?anni, due figli e un matrimonio fallito alle spalle. Nota per essere una cittadina tra le più attive a Saint-Denis, di professione Karima fa la contabile, ? e quindi con le cifre il comune non mi frega. Dicono che il tasso di disoccupazione sia intorno al 12%, ma in realtà superiamo il 17% con picchi del 27% tra i giovani?. Attorno a lei, ?è nato un ghetto. Ci hanno piazzato due negozi alimentari, un supermercato, una farmacia, una posta, un giornalaio e un tabaccaio. Non ci manca niente, neppure ai ragazzi. Ci sono giardini, ma anche e soprattutto un asilo nido, una scuola d?infanzia, una scuola media e una superiore?.
No davvero, non manca niente. Al punto tale che i ragazzi tendono a non uscire dalla cité. E le sorprese non mancano: ?la scorsa settimana, il Lycée Suger ha organizzato una visita a Parigi. L?appuntamento è stato dato alla Gare de Lyon. Ebbene uno studente che della capitale non conosce una mazza è finito a Lione!?. L?aneddoto è estremo, ma illustra l?isolamento culturale in cui vegetano i ragazzi dei Franc-Moisin. Certo, ci sono casi di successo, laureati che non ci hanno pensato due volte a lasciare il proprio nido, ma purtroppo si tratta di una minoranza. ?La maggioranza si infrange sullo scoglio della terza media. Gli altri concludono le superiori in uno dei peggior licei della Seine-Saint-Denis?. Al Lycée Suger si cerca di sfuggire in tutti i modi. Quello sfruttato da Karima è stato il teatro. ?A Suger non esiste un?opzione teatro, al Lycée Paul Eluard invece sì. E così sono riuscito a iscrivere i miei figli lì?.
L?alternativa non è rassicurante. Abdel ha frequentato il liceo Eluard per cinque anni. ?Ci ho fatto le medie, un disastro. Alla fine del ciclo, i consiglieri di orientamento mi hanno suggerito di proseguire gli studi in un istituto professionale. Ma tutti sanno che è la prima porta d?ingresso per l?inferno. I mestieri che impari non hanno niente a che fare con il mondo del lavoro. E se le due cose combaciano, stai sicuro che ti tengono al sicuro lavori di merda?. A Saint-Denis, i ?senza studi? fanno l?agente di sicurezza, il netturbino oppure l?elettricista. ?Il guaio? dice desolata Karima,?è che nel mondo della scuola non trasmettono più saperi, bensì nozioni di convivenza civile. I ragazzi escono dalle medie senza nemmeno aver letto Molière, né Victor Hugo. Mi dici come fai a rimanere civile se a scuola non ti hanno dato gli strumenti necessari per affrontare la vita??. Bisognerebbe chiederlo a Simon Weil, autore di una riflessione importante nella sua opera L’enracinement: “L’acquisizione della conoscenza avvicina alla verità quando si tratta della conoscenza di ciò che si ama, e in nessun altro caso”. Purtroppo, lo Stato francese non ama i suoi figli adottati, e questi lo ricambiano non amando ciò che di più nobile ha prodotto la storia letteraria d’oltralpe.
Assieme a Abdel, abbiamo passato il sabato notte a girovagare in alcune delle periferie più calde della Seine-Saint-Denis, la cosiddetta culla delle banlieue violente. Dopo un?ora e mezza passata a ?vegetare? nella hall della cité Allende assieme a dei ragazzi infarciti di hashish, abbiamo lasciato Saint-Denis e attraversato in serie Drancy, La Courneuve, Aubervilliers, Stains e Bobigny. Un ?tour de force? in cui non si è visto l?ombra di un gruppo di teppisti inferociti. Al massimo tre-quattro ragazzi raggruppati ai piedi di una cité, oppure residenti a passeggio con i propri cani. Il resto è un cumulo di barre e ?grattacieli? fatti su misura per ghettizzare. Scempi architettonici in cui si moltiplicano frustrazioni che non fanno notizia.
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